Amy Winehouse sirena del soul, tra voce profonda e animo fragile

Il canto delle sirene ipnotizza ed evoca, interrompe ogni pensiero del navigante e lo porta alla rovina. Così la voce che Amy Winehouse portava dentro stregava e disarmava, ma portò alla rovina una delle interpreti più originali del suo tempo. Ormai dieci anni fa, dopo una carriera breve e folgorante, l’incredibile successo di “Back to Black” del 2006 e l’altrettanto rapido declino causato dall’abuso di alcool, segnarono la strada verso il tragico epilogo della regina del blue eyed soul.
Pelle bianca ma animo nero e fragile, non in grado di sopportare i marosi di una vita alla ribalta, l’alcool come scoglio sicuro, in fondo consapevole che isolata da tutti e incapace di ricevere aiuto non sarebbe riuscita a risollevarsi da sola. Tre album in studio, solo due di questi pubblicati in vita, uno postumo.
“Frank”, uscito nel 2003, è la carta d’identità di una voce adolescente, merito di Salaam Remi che ne comprende il potenziale e rende Amy protagonista indiscussa dell’album, ma solo I heard Love is blind è scritta da questa esplosiva ragazzetta britannica di origine ebraica.
È una canzone che ci fa conoscere la sua penna, affilata e malinconica. Ci vorranno ancora tre anni prima del successo internazionale. Con la pubblicazione di Back to Black la Winehouse diverrà la voce soul bianca più famosa in assoluto, a contenderle il trono solo Adele e Duffy. Tre corone dalle sfumature diverse, alcune di queste iniziano a sentire il peso dell’oblio, Amy invece, rimane vivida nell’immaginario collettivo per il suo stile senza tempo e, ovviamente, per quell’album nel quale aveva messo già tutto: l’inizio e la fine.

Portiamo questa volta solo quattro canzoni, tutte appartenenti allo stesso disco, ognuna delle quali sembra una lettera aperta per confessare il proprio disagio, il bisogno di libertà incondizionata, la volontà di bruciare fino alla fine. La chiave è una sola: riconoscere gli alti e i bassi di un’anima che ha divorato il suo presente.
You know I’m no good
I cheated myself
Like I knew I would
I told you I was a trouble
You know that I’m no good
Il passo un po’ incerto e gli occhi appannati, il bicchiere alla base del microfono. In questa live del 2007 c’è già un ritratto fosco degli eccessi, ma appena inizia il canto e il pubblico scompare, voce e corpo si fondono, abbandonandosi al sound vivido di una confessione allo specchio. Nessuna paura di apparire sbagliati, conforme a se stessa, sempre sincera.
Back to Black
La canzone che l’ha resa una diva ha dato adito a diverse interpretazioni. La parola “black”, infatti, può avere qui valore polisemico. Se letteralmente possiamo tradurla come “lutto”, black è anche il termine slang con cui si fa riferimento all’eroina; allo stesso tempo richiama il nome dello storico compagno della Winehouse: Blacke Fielder-Civil. È noto a tutti che la fine della tumultuosa relazione fu uno dei motivi scatenanti che condussero la cantante ad abbandonarsi sempre di più all’alcool. Che sia un ritorno alla droga o al lutto è questione di ermeneutica, quello che è certo è che trapela un dolore sconfinato per la fine di una relazione per la quale la giovane star non troverà mai pace.
Rehab
Poteva essere più chiara di così?
Alla richiesta di andare in riabilitazione per la sua dipendenza dall’alcool, Amy disse di sì solo per accontentare i suoi manager. La leggenda narra che restò nel centro di riabilitazione solo il tempo per dire che beveva in quanto innamorata e perché la sua relazione era finita. Semplice no? E quello stesso “no” ripetuto tre volte in Rehab, è riecheggiato infinite volte, vincendo il Grammy Award per la canzone dell’anno nel 2008.
Love is a losing game
La scomparsa di Amy Winehouse, avvenuta il 23 luglio 2011, ha fatto si che entrasse nel celeberrimo “Club dei 27”, a fianco di mostri sacri come Jim Morrison e Kurt Cobain. Che anche lei abbia fatto un patto col diavolo? Noi la vedremmo bene a scaldare i cuori di una bolgia infernale ma avremmo preferito che restasse a scrivere e cantare ancora un po’ per noi. A scommettere sull’amore si perde facilmente, lo sanno bene i lussuriosi di Dante. In tutto “Back to Black” si sente un fuoco ardere senza sosta, da quelle fiamme il canto di Amy continua ad ammaliare e ricordare che “l’amore è un destino rassegnato”.