La chitarra elettrica di Jimi Hendrix oggi suona Neo-Soul

La storia delle chitarre elettrificate è quanto di più affascinante possa esserci da leggere per un appassionato di liuteria o di musica in generale. Già il semplice fatto che, in pochi decenni, si arrivò a quelle che, ancora oggi, sono le chitarre di riferimento, nonostante le novità che il mercato e l’ingegneria sono state in grado di offrire, dovrebbe farci capire quanto straordinaria sia stata la parabola ascendente di questo strumento.
Gli anni 50’ sono certamente quelli delle chitarre solid body, con corpi pieni, massicci, privi di cassa di risonanza, al contrario delle sorelle acustiche per intenderci e così, in ordine cronologico in neanche cinque anni vediamo nascere la Fender Telecaster, la Gibson Les Paul e la Fender Stratocaster: devo aggiungere altro?
Sorvolando volontariamente il mondo delle hollow e semi-hollow body, non potendo fare a meno di citare la semiacustica Gibson ES-335 del 1958, appare chiaro che un nuovo modo di fare musica è nato e nel corso dei successivi cinquanta anni le chitarre elettriche hanno solcato tutti i palchi del mondo, di qualsiasi genere musicale
Eppure quando diciamo chitarra elettrica pensiamo soprattutto alle grandi rockstar, da Jimi Hendrix a Brian May, da Slash a Jimmy Page e solo in un secondo momento ci rendiamo conto di quanto eclettico sia l’impiego di questo strumento.
Se vi dicessi che, oggi, una Fender Stratocaster con cui i Red Hot Chili Peppers suonarono Can’t Stop viene utilizzata in tracce con influenze Hip Hop, Rap e Soul e che, in realtà, le avete già ascoltate senza prestargli attenzione, ci credereste? Come può la Les Paul che dà vita a Welcome To The Jungle suonare qualcosa di diverso? Come può la chitarra a cui Hendrix diede fuoco il 31 Marzo 1967, a Londra, dare vita a sonorità Jazz? E ancora, il sound lo crea il chitarrista o la chitarra?
Siamo in un enorme campo minato
https://www.youtube.com/watch?v=uZot7BBzgog
Le Rockstar calano l’asso
Oggi quando un artista rap o trap sale al successo si dice che sia una vera rockstar. È stato talmente forte l’impatto di alcuni personaggi tra gli anni 60’ e 70’ che nel substrato musicale si è creato un solco profondo ed invalicabile: in una parola, il Rock.
Erano gli anni del già citato Hendrix, di Woodstock, di Eric Clapton, del primo album dei Led Zeppelin registrato in sole trenta ore, dei Beatles che suonano in pieno Gennaio sul tetto nel loro Rooftop Concert, con la bellissima Epiphone Casino di John Lennon che pare sia stata sverniciata su richiesta dell’artista per avere un tono migliore, dei Rolling Stones e dei Pink Floyd.
Abbastanza? No, perché ho saltato decine di grandissimi artisti e gruppi musicali non meno importanti di quelli appena citati, facendo finta che Elvis Presley, Little Richard, Chuck Berry e James Brown non siano mai esistiti.
L’impatto sociale e storico senza precedenti, con una guerra mondiale alle spalle, il 1968, la guerra in Vietnam, l’assassinio di Martin Luther King, e l’iconicità di questi artisti e delle loro chitarre ha contribuito a creare un legame indissolubile tra la chitarra elettrica ed il Rock, dimenticando però che è soltanto un prestito.
Guardando una Telecaster la sentiamo già suonare in un certo modo ed è giusto che sia così, rispettando la sua anima ed i suoi colori. Eppure bisogna considerare che abbiamo cristallizzato il sound di alcuni generi e strumenti per cui risulta difficile accogliere, con gli stessi strumenti, ciò che è nuovo, o quantomeno diverso.
Il mondo del Blues, per fare un esempio di facile comprensione, incontra spesso il Rock, ma è qualcosa di distinto, eppure non è difficile veder “piangere” proprio una Telecaster. Qualcuno potrebbe dissentire, ma credo che, in un profondo dialogo con lo strumento, sia il musicista a fare sempre la differenza e a farlo parlare.
Svuotiamo la mente ed allontaniamo il Rock
Io stesso rileggendo la prima parte dell’articolo faccio fatica ad allontanarmi dal Rock e dal modo in cui viene trattata la chitarra (in tutti i sensi). Cancelliamo insieme dalla nostra mente tutte le immagini evocate e catapultiamoci in un nuovo mondo, principalmente anglofono, che si suona per strada o nei club, che non ha troppo a che fare con grandi stage ed il pubblico in visibilio, ma a giovani (e non solo) attenti all’ascolto di buona musica.
C’è passione, sentimento, ma soprattutto pacatezza e sobrietà, ricerca del sound e di minuterie, di abbellimenti, di una notte piena o di un tramonto che non vuole saperne di finire.
Eppure gli strumenti, molto spesso, sono gli stessi già incontrati, come è possibile? In primo luogo, ed è la parte che ora ci interessa meno, l’elettrificazione consente una personalizzazione del suono attraverso la preamplificazione e l’amplificazione in generale, quindi ogni artista, oltre la chitarra, deve tener conto di queste caratteristiche.
In secondo luogo, ed è certamente la parte migliore dell’essere musicisti, è la possibilità di usare lo strumento come sua personale forma espressiva, decidendo il modo di dargli voce, in maniera unica ed irripetibile. Non potrei mai suonare la chitarra come Santana, anche se fossi tecnicamente migliore.
Il Neo-Soul stupisce ogni giorno
Facendo un salto ai giorni nostri con la nostra Playlist, saltando di netto quarant’anni di storia della musica in cui la chitarra ha saputo reinventarsi in tutti i modi, incontriamo artisti come Tom Misch che con il musicista Hip Hop Loyle Carner nel brano Nightgowns fondono elementi, appunto, Hip Hop e Rap rendendo comunque protagonista l’elettrica. Oppure, sempre di Tom Misch, You’re On My Mind nell’album Geography con elementi Soul e Gospel. Non andare oltre se non hai messo play!
Beau Diako con Jordan Rakei in Flamingo riesce a fondere in un’unica traccia tantissimi influssi musicali diversi, dal Soul, al Raggae, al Funk ed anche qui, nemmeno a dirlo, la chitarra è sempre presente.
In Trip 5 Heavy Mellow, in collaborazione con un’altra grande artista, Melanie Faye, tira fuori dal cilindro un sound rilassante, coinvolgente, come tutto il lavoro contenuto nel suo album Acid R&B diviso in ben tre volumi
La playlist seleziona brani che hanno sì caratteristiche unitarie, riconducibili appunto al Neo-Soul, ma presentano ognuno delle peculiarità che potrebbero anche mettervi in difficoltà: è un genere che crea una nuova tendenza pur ospitando e rispettando il passato.
Qualcuno potrebbe lamentarsi per l’assenza di un brano italiano ed è per questo che vi consigliamo la recente Canzone per un amico di Venerus e MACE, o la ormai datata ma sempre attuale Love Anthem No.1.
Dal Neo-Soul possiamo soltanto imparare
Chi suona la chitarra ha una sorta di feticismo nei confronti del suo strumento e di tutto ciò che gravita attorno al suo mondo e forse lo avrete notato dai numerosi nomi ed accenni tecnici che ho riportato nell’articolo, ma ciò che credo sia importante comprendere è l’unicità del musicista e questo ce lo insegna proprio il Neo-Soul.
Le chitarre a cui un tempo si dava fuoco oggi possono anche accompagnarci in sessioni completamente differenti. Per quanto ci si sforzi ad etichettare i generi, e sono il primo che tenta sempre di farlo, alla fine ciò che resta è solo e soltanto la musica; e la chitarra, ovviamente.