Panama come Taiwan: il nuovo scenario di scontro tra Pechino e Washington

Hutchison, società cinese vicina al regime di Xi Jinping è pronta a piegarsi ai voleri di Pechino, con l’azienda del magnate di Hong Kong Li Ka-Shing, che non firmerà la prossima settimana un accordo per la vendita delle sue attività portuali sul Canale di Panama a un gruppo guidato da BlackRock in seguito alle crescenti pressioni di Pechino. La firma dell’accordo era prevista per il 2 aprile, secondo l’annuncio di vendita fatto il 4 marzo. Sebbene l’accordo non sarà firmato entro la data prevista, questo non significa che sarà annullato l’accordo raggiunto tra le parti. Certamente si tratterebbe di una pausa di riflessione vista l’offerta allettante, 22 miliardi di dollari, tuttavia, la pressione di Pechino per evitare che i porti del Canale di Panama finiscano in mani statunitensi, è stata altissima in queste settimane tanto che le autorità cinesi hanno finito per minacciare Hutchison di non concludere più affari la sua holding e le imprese statali. Le autorità cinesi hanno reagito negativamente ai piani del gruppo cinese con base a Hong Kong di vendere le sue attività portuali. Per contro l’accordo, che cambierebbe gli equilibri del commercio marittimo mondiale, è stato accolto positivamente dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, deciso a riprendere il controllo della via d’acqua strategica. L’accordo che ha valutato 22,8 miliardi di dollari le attività sul Canale, con i due terminal di accesso uno sul lato Atlantico e l’altro del Pacifico, permetterà di riscuotere i pedaggi per il traffico marittimo tra i due Oceani. Ovviamente una posizione di assoluto monopolio che consentirà al consorzio guidato da Blackrock e Aponte ricche messe di incassi.
Le resistenze di Pechino nel perdere influenza nel canale
Pechino finora, tramite la vicinanza a Hutchison, ha agevolmente controllato le attività portuali e commerciali nello stretto di Panama, adirando non poco le Amministrazioni statunitensi che hanno visto piano piano erodere il loro peso politico e commerciali sul paese del centro America da sempre considerato il “giardino” di casa di Washington. E bene con l’entrata in gioco della società Hutchison che ha finito per gestire due dei cinque porti adiacenti al Canale di Panama, circa il 3% del commercio marittimo globale, Pechino si era infilato nel monopolio statunitense con Panama che aveva assegnato, per la prima volta, la concessione alla società di Hong Kong nel 1998 per la gestione dei porti e l’ha estesa per altri 25 anni nel 2021. Hutchison è finito nel mirino del governo cinese proprio a causa di questo accordo che, con la cessione delle concessioni, permetterebbe a BlackRock il controllo di 43 porti in 23 Paesi in totale. Già il 21 marzo scorso Pechino tramite il quotidiano governativo di Hong Kong Ta Kung Pao aveva auspicato in un editoriale che l’operazione Hutchinson-Blackrock doveva essere annullata in quanto “si trattava di una perfetta collaborazione con la strategia statunitense di contenimento della Cina”.
La dialettica sguaiata di Trump che getta benzina sul fuoco a Panama
“Gli Stati Uniti, voglio dire, pensateci, hanno speso più soldi di quanti ne abbiano mai spesi prima per un progetto e hanno perso trentottomila vite nella costruzione del Canale di Panama”, ha detto Trump durante il suo primo discorso da Presidente degli Stati Uniti rivendicando la “proprietà” statunitense del canale e di tutta l’isola. “Siamo stati trattati molto male da questo stupido regalo che non avrebbe mai dovuto essere fatto. E la promessa di Panama nei nostri confronti è stata infranta. Lo scopo del nostro accordo e lo spirito del nostro trattato sono stati totalmente violati. Le navi americane sono state gravemente sovraccaricate e non trattate equamente in alcun modo, forma o aspetto, e questo include la Marina degli Stati Uniti. E soprattutto, la Cina sta gestendo il Canale di Panama, e non siamo stati noi a darlo alla Cina. L’abbiamo dato a Panama e ce lo stiamo riprendendo” con queste parole il Tycoon ha fatto capire fin da subito le intenzioni della sua Amministrazione non solo nel riprendersi il controllo dello stretto ma soprattutto andare allo scontro con Pechino in una porzione del mondo che gli americani da sempre rivendicano di lora esclusiva influenza.
La dialettica Trumpiana riguardo il canale di Panama in realtà è ben lontana dalla storia del canale; infatti, il Canale di Panama fu costruito in tre di fasi con l’idea e la prima progettazione che venne realizzata nel 1879 dal francese Ferdinand de Lesseps. Dopo venticinquemila morti, il prosciugamento di 1,2 miliardi di franchi di fondi e il colossale scandalo, per cui si suicidò un ministro dell’Interno francese, nel 1889 Lesseps e il figlio finirono in tribunale, per bancarotta e appropriazione indebita. Gli americani nel 1902 rilevarono l’impresa francese a prezzo di fallimento, fomentando subito l’insurrezione che portò all’indipendenza di Panama dalla Colombia, ottenendo così un governo compiacente con l’amministrazione statunitense. Il colonnello William Gorgas procedette da subito alla radicale bonifica della zona dove si sarebbe costruito il canale, una zona estesa per 8,1 chilometri su ogni lato del costituendo Canale, per poi procedere alla realizzazione del sistema di chiuse che permette alle navi di seguire il naturale rilievo dell’istmo.
Le fake news dell’Amministrazione Trump sulla proprietà del canale
Trump con la sua propaganda ha notevolmente sopravvalutato il numero di vite americane perse durante la costruzione del canale. Furono circa settemilaseicento persone le vittime durante la fase americana di scavo del 1904-14, secondo i conti che ha fatto Noel Maurer nel libro “The Big Ditch: How America Took, Built, Ran, and Ultimately Gave Away the Panama Canal”, ma di questi due terzi, molti di loro venivano dalle Indie Occidentali, molti erano spagnoli, e i cittadini statunitensi furono non più di un migliaio.
La fake news sui danni economici alle imprese americane che operano tramite il canale, non trova riscontro nella realtà dei fatti e dei conti presentati dalle autorità panamensi. Sulla base delle statistiche fornite dai panamensi, gli esportatori americani e gli utenti nazionali hanno pagato a Panama circa due miliardi di dollari nel 2023, ovvero il 59% di tutte le entrate del canale. Il commento di Trump sulle navi americane “gravemente sovraccaricate e non trattate equamente” potrebbe, pertanto, dare la falsa impressione che alle navi americane vengano addebitati prezzi più alti rispetto a quelle di altri Paesi. Il Trattato Carter-Torrijos e il Trattato di Neutralità del 1977, per cui il Canale fu restituito a Panama nel 2000, prevedevano poi che i pedaggi e gli altri oneri per il transito e i servizi accessori devono essere giusti, ragionevoli, equi e coerenti con i principi del diritto internazionale; pertanto, per il Trattato gli Stati Uniti non hanno diritto ad alcun trattamento speciale, eccetto di poter avere la precedenza nella fila. Insomma, pagano tutti uguale, ma gli americani passano prima.
C’è poi un altro punto. In realtà, il Canale retrocesso dagli Stati Uniti a Panama era ormai obsoleto per le sue dimensioni, ed esisteva addirittura il termine Panamax per indicare la portata massima delle navi in grado di transitare per le chiuse: 294,1 metri di lunghezza, 32,3 di larghezza, dodici di pescaggio e 57,91 dal livello dell’acqua al punto più alto, per un dislocamento medio di sessantacinquemila tonnellate. Così fu lanciato un progetto che tra 2010 e 2016 ne raddoppiò la capacità, e che è stato finanziato da Panama spendendoci oltre metà del Pil nazionale. Insomma, se adesso il Canale è di nuovo appetibile, è perché si tratta del nuovo Canale fatto dai panamensi. Cosa che Trump ignora bellamente.
Stanti i fatti e la propaganda che sia Washington che Pechino stanno attuando sul terreno di Panama, non è per nulla scontato, pertanto, che un nuovo focolaio di tensione si sia aperto tra le due super potenze e che, tanto Taiwan per Pechino quanto Panama per Washington, questi territori, apparentemente non collegati e definibili come “nervi scoperti” delle due superpotenze, possano in realtà rientrare nel più complesso risiko delle influenze sui territori di cui Washington e Pechino ritengano essere i “tutori” legali.