Il PKK, il cessate il fuoco ordinato da Abdullah Ocalan e il futuro dei curdi nel rapporto con la Turchia.
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Il comitato direttivo del PKK, il Partito armato dei lavoratori del Kurdistan, ha dichiarato il cessate il fuoco con lo stato turco, con cui è in conflitto da oltre 40 anni. Lo ha comunicato il gruppo dei lavoratori curdi in una nota diffusa sui media curdi. La fine delle ostilità e lo scioglimento del PKK erano stati richiesti dal suo storico leader Abdullah Öcalan con una lettera scritta dal carcere e letta in una conferenza stampa giovedì scorso. Il gruppo, a seguito dell’appello del loro leader storico, ha comunicato che convocherà un congresso per sciogliersi a condizione che lo stato turco fornisca adeguate garanzie di sicurezza.
Il cessate il fuoco è entrato in vigore da sabato e servirà a mettere in atto la richiesta di pace di Öcalan con i miliziani del PKK, quindi, che non continueranno azioni ostili contro la Turchia. All’indomani dell’appello di Ocalan, anche il portavoce dell’Akp, Omer Celik, ha chiesto che tutti i miliziani curdi in Turchia, in Iraq e nel nord della Siria, dove le Ypg sono la componente principale delle Forze democratiche siriane, deponganole armi. “Tutti gli elementi di gruppi terroristici in Iraq e Siria devono deporre le armi e sciogliersi. L’espressione ‘gruppo terroristico’ riguarda anche le Ypg in Siria”.
“Abbiamo l’opportunità di compiere un passo storico verso l’obiettivo di abbattere il muro di terrore che è stato costruito tra la nostra fratellanza millenaria”, con queste parole il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan ha commentato l’appello lanciato giovedì dal leader del Pkk, Abdullah Ocalan, che dal carcere ha chiesto al suo gruppo di abbandonare le armi e di sciogliersi. “Da ieri è iniziata una nuova fase negli sforzi per una Turchia libera dal terrore”, ha proseguito il leader turco, con un riferimento implicito all’appello lanciato dal leader del Pkk.
Cos’è il PKK e chi è il suo leader Abdullah Öcalan
Fondato nel 1978 da Abdullah Öcalan e da altri studenti curdi di sinistra della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Ankara, il PKK fin dall’inizio, aveva due obiettivi, favorire la rivoluzione comunista internazionale e creare uno stato indipendente per i curdi della Turchia.Il PKK rappresenta e ha rappresentato l’organizzazione politica e paramilitare che da più di quarant’anni combatte una guerra contro lo stato turco per ottenere l’autonomia politica e sociale della popolazione curda in Turchia.
Öcalan e il PKK scelsero immediatamente la via della lotta armata compiendo azioni di guerriglia e piccoli attentati contro lo stato turco fino a che, nel 1984, avviarono una grande insurrezione armata nel sud-est del paese, dove vive la maggioranza dei curdi turchi. I curdi, d’altronde, sono una popolazione di circa 40 milioni di persone che vive in un’ampia area nell’intersezione tra Turchia, Siria, Iran e Iraq.
L’insurrezione del PKK del 1984 fu estremamente violenta, e provocò migliaia di morti in quanto la Turchia di quegli anni era un paese autoritario e nazionalista, spesso governato da giunte militari, dove le minoranze non erano tollerate. Pur essendo oltre il 15 per cento della popolazione turca, i curdi erano sistematicamente oppressi, al punto che vari esponenti dello stato turco arrivarono a negare l’esistenza dei curdi come gruppo etnico, definendoli “turchi di montagna” e negando loro ogni diritto. Di fatto, da allora, Turchia e PKK sono sempre stati in guerra, se si escludono alcuni momentanei cessate il fuoco.
È una guerra che ha conosciuto momenti più violenti e altri di maggiore calma, in cui le parti si affrontavano con operazioni militari più limitate. Si stima che in tutto siano state uccise più di 40 mila persone, in gran parte civili curdi. Oltre alle operazioni militari, nel corso della sua storia il PKK ha compiuto numerosi omicidi mirati e attentati terroristici, compresi attacchi suicidi a partire dagli anni Novanta.
La Turchia ha risposto con una repressione sistematica della popolazione curda, non soltanto delle organizzazioni armate, per decenni ogni espressione culturale curda era sistematicamente cancellata, e chi esprimeva sostegno alla causa curda veniva perseguitato. Nel Kurdistan turco l’esercito distrusse interi villaggi e uccise e torturò moltissimi civili.
Anche se vive in un carcere turco da ormai 26 anni, Abdullah Öcalan è considerato come un dio vivente da buona parte dei circa quaranta milioni di curdi del Medio Oriente ed anche se ufficialmente non guida più attivamente il PKK dal 1999, anno in cui fu arrestato, la sua parola continua a valere come quella di un
oracolo, dunque non sorprende che il suo appello del 27 febbraio abbia assunto una dimensione storica.
La guida storica del PKK, recluso in isolamento a Imrali, una minuscola isola nel mar di Marmara dove la Turchia manda i suoi detenuti più pericolosi, è considerato il principale responsabile del cambiamento di
paradigma nella lotta curda, dall’indipendenza e dai postulati marxisti-leninisti a una visione confederale per i popoli del Medio Oriente nel loro insieme. Öcalan è l’ideologo del cosiddetto Confederalismo Democratico, un concetto politico basato sulla democrazia diretta, sul femminismo e sull’ambientalismo, che oggi è condiviso da gran parte delle organizzazioni curde negli Stati in cui la popolazione è divisa.
La lunga guerriglia Turco-Curda e i vari tentativi di pace
Sebbene ufficialmente Öcalan non guida più attivamente il PKK dal 1999, anno in cui fu arrestato, nel corso dei decenni il leader ha trasformato l’organizzazione politico-militare un gruppo armato da oltre 10mila soldati che ha iniziato una guerriglia contro lo stato Turco che dal 1984 si è trasformata in una guerra di indipendenza della popolazione curda stanziata nel sud-est della Turchia.
Nel 1995 il PKK rinunciò alla richiesta di indipendenza, e cambiò le sue rivendicazioni limitandosi a
chiedere maggiore autonomia politica e culturale per i curdi che vivono in Turchia con Öcalan che, nel 1998, presentò il suo primo piano di pace, e nel 1999 il PKK decise un lungo cessate il fuoco che durò fino al 2004.
Il dialogo tra lo Stato e il gruppo politico-armato fu favorito dall’elezione a primo ministro della Turchia di
Recep Tayyip Erdogan, che allora era considerato un leader moderato e democratico. Pur mantenendo alta la pressione contro i curdi, all’inizio degli anni 2000 Erdogan fece approvare alcune riforme che garantirono un livello minimo di autonomia alla cultura curda.
Il PKK, tuttavia, riprese la guerriglia nel 2004 nonostante negli anni successivi furono tentate diverse
trattative di pace, con conseguenti cessate il fuoco tra il 2009 e il 2011 e tra il 2013 e il 2015. Dopo il
fallimento degli ultimi negoziati, Erdogan avviò una politica di dura repressione politica e militare contro i
curdi turchi, e fece arrestare migliaia di persone tra politici, attivisti e giornalisti.
Le operazioni militari degli ultimi anni contro il PKK si sono rivelate efficaci, dal punto di vista della
Turchia con l’utilizzo massiccio di droni ha decimato la leadership del PKK, e gli arresti collettivi che hanno indebolito le connessioni del PKK con la società curda. Da un massimo di circa diecimila guerriglieri negli anni Novanta, oggi si stima che la presenza del gruppo sia estremamente ridotta.
La Turchia ha, inoltre, acquisito maggiore influenza in Siria, dove operano gruppi armati curdi molto vicini
al PKK, nel 2019 l’esercito turco ha infatti invaso il paese siriano per creare una “zona cuscinetto” che
dividesse il Kurdistan turco da quello siriano, e da allora sostiene e finanzia milizie che combattono i curdi
siriani.
Dopo la caduta del regime di Assad, la Turchia è diventata il principale sponsor e sostenitore del
nuovo governo siriano. Questo ha ridotto grandemente i territori dove il PKK può operare in sicurezza, e
limitato le possibilità di azione del gruppo. L’indebolimento militare del PKK in Turchia e in Siria e il
conseguente rafforzamento della posizione della Turchia potrebbero aver creato le condizioni per riaprire un dialogo di pace, i primi passi li ha fatti alcuni mesi fa Devlet Bahceli, politico nazionalista vicino al
presidente turco Recep Tayyip Erdogan, e ora anche il leader curdo è pronto al negoziato.
Non è chiaro come gli attuali leader, che vivono nascosti nelle montagne di Qandil, una regione
impenetrabile al confine tra Iraq e Iran reagiranno alla richiesta di Öcalan di abbandonare la lotta armata
poiché, sebbene il vecchio fondatore non abbia più ruoli operativi nel PKK ormai da decenni, è ancora
considerato la figura di maggior rilievo e influenza nel gruppo, ed è apprezzato e amato dalla popolazione curda.