Il ruolo di Barron Trump nella vittoria del padre: la conquista del “bro vote”

Come riportato dal magazine Time, il figlio di Donald Trump, Barron, ha giocato un ruolo importante nella vittoria alle presidenziali americane, sfruttando l’influenza degli streamer sugli elettori più giovani.
Barron ha compiuto 18 anni quest’anno ed è andato a votare per la prima volta. Ha fatto la sua prima comparsa pubblica al comizio del padre in Florida, a luglio, dopo aver rifiutato il ruolo di delegato alla Convention Nazionale.
Barron Trump e l’alleanza degli streamer di destra
Barron ha votato suo padre e ha convinto anche molti altri giovani uomini americani a farlo. Il suo asso nella manica è stato il mezzo del podcast, usato insieme al suo amico e tanto controverso streamer Adin Ross, famoso per le sue dirette di NBA 2K e GTA V, bandito da Twitch per “condotta odiosa”.
Non solo, Barron ha anche guidato il padre Donald nella scelta dei canali YouTube e Twitch su cui rilasciare interviste, principalmente quelli di Joe Rogan e Logan Paul. In altre parole, la strategia è stata quella di puntare alla conquista del “bro vote”, seducendo gli uomini under 30 e portandoli sempre di più a destra.
Gli exit poll dimostrano che tutto ciò ha funzionato: tra i giovani bianchi non laureati, Trump ha stravinto.

Secondo il Guardian, «Questi giovani, soprattutto quelli senza una laurea, esprimono da tempo un sentimento di insoddisfazione, di frustrazione verso i loro lavori e le loro vite».
Il giornalista Sam Wolfson ha illustrato l’appeal di influencer come Rogan, Paul e Ross, spiegando che «Si presentano come pugili che vogliono solo divertirsi. Creando questo strano miscuglio di politica, razzismo, combattimenti, gioco d’azzardo e altre cose, diventa difficile capire cosa sta succedendo, ma alla fine dell’episodio te ne vai con un forte messaggio di destra in testa».
Incel, ipermaschilismo e politica
Il giornalista Leonardo Bianchi ha riflettuto sulla “manosfera” e sulla subcultura dei “bro”, affermando che «Si tratta di una subcultura associata al mondo dei college e delle confraternite studentesche, e più in generale a qualsiasi ambiente sociale maschile caratterizzato da una forma di complicità tossica che sfocia in atteggiamenti ipermaschilisti, reazionari e transmisogini.
Negli ultimi anni la categoria si è declinata in tanti modi diversi, venendo progressivamente utilizzata per descrivere comunità di giovani maschi in fissa con la palestra e gli steroidi (i gym bro), la tecnologia e l’informatica (i tech bro), oppure le criptovalute (i crypto bro)».

Questi si oppongono alla cosiddetta “ideologia woke” dei democratici. Lo stesso ex pugile Andrew Tate ha scritto che l’America si trova davanti a «una guerra tra uomini da una parte, e ragazze e gay dall’altra».
Insomma, la strategia del “bro vote” di Barron ha mostrato come la politica americana sia sempre più intrecciata agli imperi digitali degli influencer e al loro marketing. Si è andato così a formare un nuovo tipo di attivismo politico di destra, informale e ipermascolino.
Resta da vedere se questo approccio rappresenti un fenomeno transitorio o una nuova frontiera nella conquista del voto delle future generazioni.