La democrazia in Ghana è più fragile di quel che appare
Il prossimo sette dicembre, i ghanesi si recheranno alle urne per eleggere un nuovo Presidente e 275 membri del Parlamento.
Sebbene ci siano 39 aspiranti alla carica più alta, la vera competizione sarà tra i due partiti politici che hanno alternativamente governato il Paese dal 1993, quando è stato messo fine alla dittatura militare: il Nuovo Partito Patriottico in carica (NPP), e il Congresso Nazionale Democratico (NDC) all’opposizione.
Indipendentemente da chi vincerà, il Ghana verrà presentato dalle capitali Occidentali come un raro “modello di democrazia” in Africa occidentale, una Regione le cui democrazie vengono continuamente travolte dai colpi di Stato e persistenti insurrezioni.
In un certo senso questa affermazione è comprensibile e indubbiamente meritata. I due principali partiti del Ghana hanno una solida storia di trasferimenti di potere tra di loro da quando si è tornati alla democrazia.
Tuttavia, sotto la superficie, la fragilità alimentata dal sistema politico ed elettorale del Ghana rischia di indebolire le fondamenta della sua democrazia.
Gli attivisti ghanesi e le associazioni nate nella società civile. da tempo denunciano come sia l’NDC che l’NPP utilizzino le risorse statali per promuovere reti clientelari che agiscono per meri fini di parte.
Un recente rapporto del Clingendael Institute (un Istituto di ricerca con sede nei Paesi Bassi)ha analizzato queste critiche esaminando in particolare le due tattiche divisive utilizzate da entrambe le parti e che contribuiscono a minare la stabilità in tutto il Paese: l’intervento nelle dispute tra i capi tribù locali e l’accattivarsi i vigilanti politici.
La vulnerabilità politica alimentata da queste pratiche è particolarmente preoccupante per via dello scenario securitario che vive la Regione circostante.
I ribelli alleati con al-Qaeda e con lo Stato Islamico controllano già vaste aree del Sahel e hanno iniziato a lanciare attacchi nelle parti settentrionali dell’Africa occidentale costiera.
Questi gruppi si sono sviluppati in parte sfruttando le proteste locali, rivolte agli Stati predatori e alle ingiustizie sociali.
Oggi, i combattenti sono attivi appena fuori dai confini del Ghana, nei vicini Burkina Faso e Togo.
Anche se il Ghana non è stato attaccato direttamente, l’Ambasciatore del Ghana in Burkina Faso ha affermato che gli insorti usano il suo territorio come rifugio sicuro(Modern Ghana, 14 maggio 2024).
In risposta a questa nuova minaccia, la Banca Mondiale, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno reso noto di aver stanziato, insieme, oltre un miliardo di dollari di aiuti per rafforzare i servizi di sicurezza nazionale, sostenere la governance locale e costruire la coesione sociale nelle regioni settentrionali del Benin, del Togo, della Costa d’Avorio e del Ghana.
A mano a mano che diplomatici, operatori per lo sviluppo e consiglieri militari arrivano in massa ad Accra per mettere in pratica questo processo, gli analisti affermano che è fondamentale che questi guardino oltre la vernice democratica che riveste il procedimento elettorale, e si assicurino che i loro sforzi affrontino anche gli spinosi elementi divisivi e violenti della politica ghanese che concorrono ad alimentare le vulnerabilità dalle quali gli estremisti traggono vantaggio.
I conflitti con i capi tribù sono la principale fonte di debolezza nelle regioni settentrionali del Ghana.
Nonostante i lodevoli sforzi fatti dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni per affrontare questi conflitti, c’è ancora molto da fare.
Alcune delle controversie nascono all’interno delle famiglie reali, come la crisi di Dagbon, che dal 2002 ad oggi ha causato centinaia di vittime.
In altri casi, la disputa è tra gruppi etnici, come nella città di Bawku, dove oltre 100 persone sono state uccise da quando nel 2021 si sono riaccesi i combattimenti tra l’etnia Kusasi e Mamprusi.
Per via delle pesanti conseguenze che possono derivare da questi conflitti, come la proliferazione di armi leggere e la disoccupazione giovanile cronica, quando questi si intensificano possono far precipitare intere comunità in un reale stato di guerra.
Ufficialmente, ai capi è vietato candidarsi o essere membri di un Partito politico. Nella realtà vengono considerati elementi chiave nelle reti clientelari sia dell’NDC che del NPP, soprattutto nelle aree rurali.
Entrambi i partiti si affidano ai capi tribù per mantenere forte la loro base elettorale, e i capi utilizzano i loro legami con i politici per aggirare i rivali e fornire servizi alla loro comunità.
Quando si verificano dispute tra capi tribù, alcuni di loro chiedono favori ai loro partner politici – che spesso ricoprono cariche di rilievo del governo locale grazie a questi sostenitori di parte – invece di affidarsi ai formali meccanismi di giustizia, aggravando la violenza e l’irrisolvibilità dei conflitti.
I membri della comunità della piccola città di Wenchiki, al confine con il Togo, sostengono che proprio questo tipo di interferenza politica ha contribuito a far deflagrare il conflitto che in tre anni ha già causato la morte di almeno una dozzina di persone cadute in imboscate e vendette.
Dopo che nel 2021 è stato eletto, tra molte polemiche, un nuovo capo tribù, i capi minori dei villaggi limitrofi hanno scelto a quale schieramento politico dare la loro fiducia, allargando il conflitto a decine di altre comunità. Ogni fazione ha goduto del sostegno dei mecenati politici provenienti sia dall’NDC che dall’NPP, e la popolazione ha affermato aver sfruttato questi legami per garantirsi l’accesso alle armi.
Sebbene le dispute ideologiche in società come quella di Wenchiki siano già di per sé veri rompicapi, possono anche diventare il portale per gli jihadisti che volessero infiltrarsi in Ghana.
In vista delle elezioni di dicembre, entrambi i partiti hanno intensificato il loro supporto ai capi tribù a loro fedeli.
Ma se l’assistenza è garantita oggi, una volta finite le elezioni questa potrebbe essere allentata, almeno temporaneamente, e se ciò accadesse gli interessati potrebbero rivolgersi ad altri soggetti e i ribelli del Sahel sono noti per il loro interventismo nelle dispute locali per la scelta della leadership, infiltrandosi così nelle comunità.
Finora non ci sono prove che ciò stia avvenendo in Ghana, ma con inserzionisti che agiscono a meno di 30 chilometri da Wenchiki, sfruttare le dispute tra capi tribù da parte dei leader politici per fini di dubbia utilità collettiva, continuerà ad affievolire la forza democratica del Ghana, rendendo il Paese vulnerabile alle invasioni di estremisti.
Un’altra caratteristica del sistema politico ed elettorale del Ghana che contribuisce alla sua fragilità è il vigilantismo politico.
Dopo il ritorno alla democrazia multipartitica nei primi anni ’90, sia l’NDC che l’NPP hanno sviluppato la sponsorizzazione di gruppi di giovani, alcuni dei quali armati, per proteggere i loro comizi e interferire in modo mirato nel voto il giorno delle elezioni.
Nonostante la loro esplicita affiliazione politica, questi gruppi di vigilantes hanno comunque costruito una propria identità, arrivando a adottare nomi e abbigliamento distintivi.
Man mano che le elezioni sono diventate più competitive, questi gruppi hanno acquisito importanza nella garanzia della vittoria. Per questo, in prove particolarmente serrate, i vigilantes sono noti per ottenere concessioni dai loro padroni politici, come promesse di posizioni importanti nei sevizi di sicurezza e intelligence del Ghana.
Questa pratica viene utilizzata soprattutto dal Partito che è in quel momento all’opposizione e che spesso non si fida delle forze di sicurezza statali. Il risultato è l’inversione nella dinamica del potere tra i gruppi di guardie private e i loro capi politici.
Nel 2019, il Parlamento del Ghana ha votato per vietare questi gruppi, motivato in parte dal timore dei politici che questi stessero guadagnando troppa influenza.
Senza un esplicito patrocinio politico, alcuni dei gruppi più grandi si è sciolto.
Tuttavia, il divieto non viene applicato in modo rigoroso e molti di loro hanno semplicemente cambiato nome, abbandonato le divise e l’affiliazione politica.
Questi “nuovi” gruppi di guardie private, che erano già attive nelle elezioni del 2020 e si stanno organizzando per il prossimo dicembre, vendono ancora i loro servizi anche senza l’esplicita sponsorizzazione dei Partiti politici.
Con l’affievolire dell’appoggio da parte dei politici, i vigilantes hanno dovuto reinventarsi per trovare altre fonti di reddito, come lo sfruttamento artigianale dei minerali e la difesa delle terre, anche con la forza, nelle dispute locali. In molti temono che questo atteggiamento degeneri nel banditismo.
L’esistenza di questi giovani sedicenti guardie giurate è una vera minaccia alla stabilità del Ghana, e diventa un rischio crescente con gli jihadisti in agguato ai confini del Paese.
Già molti inserzionisti si sono infiltrati nelle aree remote del Burkina Faso e del nord del Benin, cooptando banditi, contrabbandieri e minatori artigianali, mestieri che i vigilantes stanno sempre più intraprendendo.
Ma anche l’associazione di questi gruppi con politici e funzionari governativi rappresenta un rischio, in quanto potrebbe renderli un bersaglio se i ribelli si infiltrassero anche in Ghana.
In entrambi i casi costituisco un anello debole nel delicato processo democratico.
La storia recente del Ghana, con le sue elezioni relativamente pacifiche così come i suoi passaggi di potere, è encomiabile.
Tuttavia, concentrarsi esclusivamente sul giorno delle elezioni e sull’insediamento presidenziale oscura gli elementi che rendono il sistema politico potenzialmente fragile.
Nel tentativo di ottenere voti nelle aree rurali, i politici dell’NDC e dell’NPP stanno esacerbando i conflitti esistenti tra i capi tribù. Ed entrambe le parti continuano a reclutare giovani uomini disposti a commettere violenze ai limiti della legalità, per poi toglierli ogni potere e perseguire i loro obbiettivi semilegali.
Non solo la divisione e la violenza che ne derivano rendono le comunità più vulnerabili alla possibile infiltrazione degli alleati di al-Qaeda e dello Stato Islamico, che cercano sempre nuovi territori da presidiare, ma indeboliscono anche lo sviluppo dello stesso Ghana.
Mentre diplomatici, operatori per lo sviluppo e addestratori militari sostengono i programmi di sviluppo e sicurezza del Ghana nel tentativo di impedire agli jihadisti di espandere la loro presenza, è fondamentale che i loro sforzi non ignorino, o peggio ancora, rafforzino inavvertitamente alcuni degli elementi più divisivi e violenti insiti nel sistema politico del Paese.
Appoggiare gli sforzi già avviati in buona fede da parte del governo ghanese per risolvere le controversie sulle leadership regionali, sarebbe un fattore trainante nel regolare i conflitti in tutto il Paese. E far rispettare il divieto sull’uso dei vigilantes, legali e non, applicando il Vigilantes and Related Offences Act del 2019, offrendo altre alternative per creare occupazione in modo legale, ridurrebbe la partecipazione in attività illecite o ai limiti della liceità.
In definitiva, tutti gli sforzi devono concentrarsi nell’interpretazione della politica del Ghana e come questa possa essere origine delle sue vulnerabilità.
Mentre i governi occidentali sono in gran parte focalizzati sui problemi che arrivano dalle infiltrazioni ai confini del Ghana, il Ghana stesso ha un imperativo molto più urgente per risolverli: non potrà promuovere una crescita inclusiva per tutti i suoi cittadini finché il suo sistema politico non rafforzerà le sue basi disfandosi degli anelli deboli.