Haiti, uno stato sedotto e abbandonato
La Repubblica di Haiti, è uno stato nell’isola di Hispaniola, nel Mar dei Caraibi. Prima colonia francese ma dal 1° gennaio 1804 ufficialmente stato indipendente, divenendo così il secondo paese del continente americano a dichiararsi tale. Vent’anni dopo diventa ufficialmente Repubblica di Haiti. Agli inizi del 900′, in un contesto difficile tra proteste e lotte per la totale indipendenza economica, Il vicepresidente della Banca Nazionale American, Roger L. Farnham, definì il piano che sarebbe stato adottato dal Dipartimento di Stato. L’obiettivo era quello di utilizzare l’occupazione militare per controllare l’intera amministrazione e promuovere così gli interessi economici americani nel paese. Nonostante la forte penetrazione del capitale americano nell’economia haitiana (ferrovie, trasporti urbani, elettricità, ecc.), la Costituzione negava agli stranieri il diritto di possedere beni immobili, tenendoli fuori da molti settori.
Dal 900 ad oggi
Nel 1946 Léon Dumarsais Estimé divenne il primo presidente nativo dell’isola. I suoi sforzi di riforma non fecero altro che aumentare lo stato di caos in cui versava il paese e, quando nel 1950 tentò di prolungare il suo mandato oltre la durata legale, si verificò un colpo di stato con la successiva creazione di un Consiglio Militare di Governo guidato da Paul Magloire.
Nel 1957 giunse al potere il dottor François Duvalier (“Papa Doc”), figlio delle prime elezioni a suffragio universale tenute ad Haiti. Molti ritengono che il risultato del voto sia stato manipolato dall’esercito. Nel 1964, Duvalier si autoproclamò presidente a vita e per anni mantenne il controllo sulla popolazione attraverso i Volontari per la Sicurezza Nazionale, la sua polizia segreta, soprannominati Tonton Macoutes (“gli uomini spettro”), dal nome di una figura della tradizione locale, l’uomo nero.
Questa organizzazione è stata più volte criticata a livello internazionale per i metodi violenti con cui venivano trattati gli avversari politici, veri o presunti tali. Alla morte nel 1971, a Duvalier padre successe, quale presidente a vita il figlio diciannovenne Jean-Claude Duvalier, soprannominato “Baby Doc”. Il regime di Duvalier figlio è noto per la corruzione e fu deposto nel 1986, aprendo così un nuovo periodo di agitazioni. Il regime di Duvalier ha lasciato circa 50 000 morti e il paese in rovina.
Uno Stato perseguitato dalla violenza
Dal Movimento cattolico pro – democratico alla caduta di Aristide, eletto prima presidente e poi deposto da un colpo di stato a cui seguirono anni bui e violenti per Haiti. Nel 2010, l’isola è colpita da uno dei terremoti più violenti nella storia recente di magnitudo 7.0. Questo scosse un paese, già fragile, colpendo quasi 3 milioni di abitanti.
Dal 2016 vi furono gravi momenti d’insofferenza con forte rischio di una guerra civile, a seguito dell’elezione del Presidente Jovenel Moïse, cinquantottesimo presidente di Haiti, eletto nel novembre del 2016, ma realmente al potere solo da febbraio del 2017. Nel febbraio 2019 gli scandali di corruzione che coinvolsero diversi ministri e lo stesso presidente, provocarono grandi proteste antigovernative. Tra il 6 e il 7 luglio 2021, Moïse venne assassinato in casa sua a Port-au-Prince.
Nel marzo 2024, a seguito di un’evasione di massa, la capitale e cade sotto il controllo di bande criminali. In pochi giorni, il livello di violenza raggiunge un livello tale da giustificare l’evacuazione dell’ambasciata statunitense e del personale diplomatico europeo, oltre alla chiusura del confine terrestre da parte della Repubblica Dominicana. Il 12 marzo il primo ministro Ariel Henry, in auto-esilio a Puerto Rico, annuncia le sue dimissioni.
Una prigione a cielo aperto
La capitale, viene definita così da chi vive lì. Violenza, rapimenti, stupri, mancanza di servizi e un paese sotto il comando delle Gang locali. Anche il Papa si è espresso sulla questione sottolineando l’importanza di riportare la pace e lo stop ad ogni forma di violenza. Nonostante le parole e le attenzione rivolte ad Haiti negli ultimi giorni per diversi casi di cronaca bisogna evidenziare come la narrazione e la copertura mediatica nei confronti di questo popolo sia scarsa.
Infatti, nel tempo, come abbiamo potuto vedere nella storia di questo Stato, la negligenza, l’indifferenza e la poca attenzione hanno portato a portare, nel mondo, notizie frammentarie e poco precise. Una narrazione spezzatino che di certo non risolve e non aiuta i numerosi drammi che percorrono Haiti. Nel 2024, tramite social e notiziari continui, bisognerebbe mantenere il focus su questo popolo e sulle diverse vicende, spesso tragiche, che si sentono. La situazione attuale è figlia anche di poche parole dette, pochi fatti dimostrati e tanta solidarietà da lontano che di certo non ferma la violenza.
“Le sfide che il governo deve affrontare sono enormi, data la portata della crisi. Le istituzioni già deboli sono state devastate. La corruzione e l’impunità permangono e il sistema giudiziario funziona a malapena. Ci sono appena 7.000 poliziotti haitiani per una popolazione di 11 milioni di abitanti. Il governo haitiano ha bisogno di molto aiuto per affrontare questa crisi. Esorto tutti i Paesi a contribuire all’appello umanitario delle Nazioni Unite per Haiti, che ha una percentuale incredibilmente bassa del 35% dei fondi necessari. La situazione al confine tra i due Paesi è tesa; come ho detto, la Repubblica Dominicana ha ufficialmente chiuso il confine. Come dicono sempre i miei amici haitiani: Kenbe fem, pa lage, Resta forte, non mollare mai» afferma William O’Neill, esperto Onu per i diritti umani nel Paese caraibico