Vasilij Grossman, Vita e Destino. La libertà che non nasce dalle circostanze.

Si può scrivere una relazione sulla vita, sul destino di un uomo? Si potrebbe raccontare di dove viveva e ciò che diceva, si potrebbero ripercorrere gli eventi più significativi del suo percorso e scrivergli una necrologia alla sua morte, e saremmo ancora lontani dal dire chi è, perché è. Per la stessa ragione è arduo compito scrivere qualcosa su Vita e Destino, che non è solo un romanzo storico ma è un pezzo di storia, un pezzo di vita dal didentro della vita. Questa è la pretesa, egregiamente perseguita, di Grossman, che come inviato di guerra del governo sovietico aveva l’incarico di riferire la realtà e i fatti ai quali quotidianamente assisteva. È per questa carica di realismo e capacità di osservazione che il testo verrà confiscato nel 1960 ed edito per la prima volta vent’anni dopo.
1941, Battaglia di Stalingrado: le truppe naziste hanno il controllo dei territori europei e, pur sotto il patto di non belligeranza, Hitler attacca l’Armata Rossa di Stalin, ultima barriera. La battaglia durerà un anno; Stalingrado sarà il punto di svolta per le sorti del mondo, speranza agognata da tutti, segno della fine del nazismo e l’inizio della democrazia, fino al contraccolpo della realtà, per la somiglianza straordinaria tra il delirio nazionalista e il socialismo. Da dove si origina questa conformità che ha prodotto tali forme di totalitarismo e annientamento, pur prendendo le mosse da due matrici diverse? Grossman offre una descrizione attenta e appassionata della vita quotidiana, degli eventi più concreti; leggiamo le vicende degli innumerevoli personaggi che si intersecano tra loro su due piani al contempo differenti. Si legge di Evgenija Saposnikov, che lascia il marito Krimov, comunista e intellettuale convinto, il quale si ritroverà imprigionato dai suoi stessi compagni e inizierà, solo allora, a intuire la realtà del processo sovietico. Ci si scontra con la storia del bolscevico Madjarov, prigioniero in un lager nazista, con quella del colonnello Novikov, di Paulus — capo del battaglione tedesco — e ancora Sofja, imprigionata in un GULag insieme a David, il bambino orfano che la donna prende a cuore. E ci si trova faccia a faccia con Stalin e Hitler, con i loro tentativi – e quindi «il» tentativo — calcolati e disperati di «possedere» la realtà.
Ci si affaccia sulla vita di Ljudmila e di suo marito Strum, scienziato ebreo che lavora nel collettivo degli scienziati russi di Mosca; vicenda, questa dello scienziato e delle sue scoperte scientifiche, significativa per notare come nel regime totalitario ogni particolare della vita dovesse essere – ed in modo equivalente fosse — al servizio del Potere, controllato, «risolto» nell’unico fine dello Stato. È esattamente ciò che Grossman indica attraverso le descrizioni dei fatti: il potere che (si) sostituisce la libertà, che si afferma come unico e sommo valore. Il vigore di una ideologia che censura la realtà oggettiva, la persona e la sua struttura, in nome di una entità e di un significato tanto alienato dal singolo, quanto alienante. In tale condizione di chiusura e terrore, fanatismo e orrore c’è, per Grossman, un’unica realtà che offre il respiro: la libertà. L’intero romanzo è un inno drammatico e incessante alla libertà, alla vita che si afferma dentro ed oltre ogni tragedia, di un punto dell’uomo e nell’uomo che lo rende irriducibile, e da cui solo è possibile ripartire. Lo stesso punto che invoca e afferma l’amore per la bellezza, per l’amicizia, per la verità, al punto che «il potente male è senza forza quando lotta con l’uomo […] Il male non può riportare la vittoria definitiva». Vasilij Grossman afferma a gran voce, silenziosamente attraverso questo capolavoro, come non ci sia circostanza, neppure la più disperata, in cui sia impedito l’irrompere di un imprevisto, di una inattesa speranza, di quell’apertura che fa urlare una donna che va incontro alla morte, al figlio: «Vivi, vivi, vivi per sempre!», come a dire di una possibilità, dell’affermazione di una vita che travalica il limite anche temporale dell’esistenza. Nessuno che non viva l’esperienza di una corrispondenza tra sé e la realtà, l’intuizione o la speranza che tutta la vita e ogni particolare della vita siano salvati, potrebbe augurare ad un altro di vivere, di vivere intensamente, con l’orizzonte di quel «per sempre». La terra su cui Grossman — e dunque tutto il romanzo — «poggia i piedi» non è la disperazione di fronte alla storia, alla tragedia di una siffatta e accaduta storia, ma la domanda sulla tragedia, sul destino dei propri amati, nulla aggiungendo e nulla eludendo a quello e di quello che è già presente nella realtà: una «promessa» positiva senza la quale, che ciascuno ne sia o no cosciente, non sarebbe possibile alzarsi al mattino.
Info:
Titolo: Vita e Destino
Autore: Vasilij Grossman
Editore: Adelphi
Pagine: 1024
Prezzo: 34,00 €
di Emanuela Tangari
(Twitter @EmanuelaTangari)
23 maggio 2013