Un incubo lungo un anno fino alla denuncia: ”Ai bulli dico non ho più paura”
Roma, Liceo Platone. L’anno scolastico è quello che si è appena concluso. Una ragazza di quindici anni entra in classe e sente le risatine sarcastiche dei compagni e i commenti feroci su di lei: “ Ecco la lesbica”, “ Arriva la menomata”.
La scena si ripete ogni mattina per un anno scolastico intero. Lei si chiude in se stessa, si vergogna, non ne parla con nessuno, cerca di allontanare da se’ quella cattiveria gratuita ignorando quelle parole e quei gesti di scherno. Ma la pressione è troppo forte.
Contro la sua volontà viene filmata e fotografata, lanciata in diretta su Instagram. La ragazza è ormai preda dell’angoscia, non vuole più entrare in quella scuola, vuole soltanto diventare invisibile, sparire. Alla fine crolla e racconta tutto alla madre.
La famiglia si rivolge al Centro Nazionale Contro il Bullismo-Bulli Stop della Prof. Giovanna Pini e il caso viene seguito dall’avv. Eugenio Pini, legale del Centro e da Giovanna Pini, pedagogista e presidente di Bulli Stop per il sostegno pedagogico alla ragazza.
In seguito alla denuncia partono due procedimenti: la Procura presso il Tribunale dei minori procede per atti di bullismo e cyberbullismo mentre la Procura di Piazzale Clodio indaga per il mancato intervento degli insegnanti e del dirigente scolastico.
La Preside, Rossella De Giuseppe, non si spiega come si sia arrivati alla denuncia. Afferma di essere intervenuta, di aver parlato con i genitori dei ragazzi coinvolti, di aver irrogato punizioni. Eppure non è bastato. Forse l’intervento della Preside non è stato tempestivo o forse non è andato nella giusta direzione.
Non è sempre facile distinguere un episodio di bullismo da una presa in giro tra compagni di classe. Spesso gli insegnanti restano a lungo all’oscuro di quello che succede tra i ragazzi e quando emerge l’accaduto in tutta la sua gravità è troppo tardi.
Come in tutti i casi di piaghe sociali estese quando il sintomo si manifesta la violenza si è già consumata, il danno si è già prodotto.
Il bullismo scaturisce dalla convinzione che ci si può sentire più forti se si sottomette qualcun altro, in sostanza nasce da insicurezza, debolezza, vuoto interiore, assenza di riferimenti.
Il bullo è debole tanto quanto la sua vittima. È qui che occorre intervenire e l’opera svolta dalla polizia postale e dai centri contro il bullismo è preziosa perché scardina lo schema “ bullo-vittima” all’origine e fornisce ai ragazzi gli strumenti per riconoscere gli atti di bullismo prima che se ne accorgano insegnanti e genitori e che si arrivi in Tribunale.
Una sorta di autoterapia che appare l’unica vera soluzione a un fenomeno sociale che ha già fatto tante vittime e che sta diventando sempre più esteso.
Nella lotta al bullismo l’arma più efficace è sentirsi tutti dalla stessa parte perché se vince la sopraffazione non c’è nessun vincitore, perdiamo tutti.