Veloce come il vento: chi si ferma è perduto!

“Se credi di avere tutto sotto controllo, allora non stai andando abbastanza veloce!”
Già con Lo Chiamavano Jeeg Robot lo si era intuito, ma ora la tendenza è ormai impressa nero su bianco: si sta puntando al ritorno del cinema di genere.
E così, dopo quella felice impresa (già premiata da buoni incassi e, soprattutto, da ben 16 nomination ai David di Donatello), Rai Cinema ci riprova e, insieme alla Fandango di Domenico Procacci, passa a raccontare il mondo dei motori.
Veloce come il vento è stato presentato ieri alla settima edizione del Bif&st di Bari e sarà in sala a partire da giovedì 7 aprile. Sarà una data importante questa, perché segna il ritorno di un certo cinema d’azione legato alle automobili che sembrava ormai dimenticato ai più, se non per qualche felice eccezione (si veda Velocità massima di Daniele Vicari, 2002).
Il film di Matteo Rovere però non è semplice intrattenimento. Ispirato ad una storia vera, il terzo lungometraggio del regista romano narra la storia di una famiglia che vive di pane e pistoni.
Giulia De Martino (Matilda De Angelis) rimane improvvisamente orfana e le corse sono l’unica possibilità che ha per sostenere sé ed il suo fratellino. Ma all’improvviso nella sua vita piomba suo fratello Loris (Stefano Accorsi), ex pilota prodigio caduto nel baratro della tossicodipendenza.
Lo chiamavano “il Ballerino” per la sua capacità di danzare sulle curve degli autodromi. Il suo era un folle minuetto con l’adrenalina, una corsa estrema verso una gloria ben presto vanificata.
Stefano Accorsi riesce ad immedesimarsi in maniera viscerale in questo personaggio, proponendo una sorta di Freccia sopravvissuto ed ancor più estremo nelle scelte. Ma rispetto al protagonista di Radiofreccia(1998), Loris è emblema di un progressivo risveglio del torpore; lotta costantemente con quella forza macabra che tende a risucchiarlo tra le melme della droga.
“Disperati veri si è rimasti in pochi” urla a chi lo da per finito. Getta il cuore ben oltre l’ostacolo, anzi, ben oltre l’ultima curva. Riesce a ristabilire una insperata complicità con la sorella perché sa che la dedizione, l’amore per la vita e l’affiatamento familiare sono bolidi che corrono ben più veloce di un’auto da corsa.