Oromo, un’altra etnia in pericolo

Cosa succede sulle terre degli Oromo? “Le forze di sicurezza etiopi avrebbero ucciso più di 140 manifestanti e ferito moltissimi altri”. Questo il grido d’allarme lanciato dall’Organizzazione per la difesa dei diritti Umani Human Rights Watch. La denuncia è partita alla fine della scorsa settimana, bilancio della repressione di una serie di manifestazioni che si sono succedute in Etiopia dal Novembre scorso . Per Addis Abeba i morti sono stati al massimo “cinque”.
La causa scatenante di tanta rabbia: il “Master Plan per lo sviluppo integrato di Addis Abeba” che il Governo vuole applicare per l’espansione territoriale e amministrativa della capitale, con il fine di creare zone economiche che permettano di accelerare lo sviluppo. Da quando è stato destituito il dittatore Menghitsu, l’Etiopia è governata da un regime autoritario che trova le sue radici nei principali attori della vecchia guerriglia tigrina; i Tigrini non rappresentano che il 7% della popolazione etiope. Le autorità hanno stabilito un “despotismo illuminato”, che ha permesso al Paese di crescere negli ultimi anni del 7-9% l’anno, anche se una parte di questo progresso assorbita dalla crescita demografica che ha portato la popolazione a più di 90 milioni di abitanti. I successi economici hanno favorito la nascita di una piccola classe media, che da origine a due fenomeni. Da una parte, chiede maggiore accesso ai beni materiali. Dall’altra, ha maggiori esigenze democratiche. Il regime non tiene conto che del primo – soprattutto lavorando alla creazione di zone economiche come quella messa in causa oggi – per modernizzare l’Etiopia. Ma è incapace di attualizzare il modo di governare, che rimane autoritario, e risponde a qualsiasi contestazione con la forza, anche di fronte a manifestanti pacifici.
Questa volta il “Master Plan” si scontra all’ostilità della popolazione di etnia Oromo, maggioritaria (ne fanno parte il 40% degli Etiopi): è infatti nella regione di Oromia che si trova la capitale e la sua espansione territoriale ingloberà più di una quindicina di località dalle quali verranno espropriati i contadini. Le autorità prendono in considerazione lo sviluppo solo dal punto di vista “tecnico”. Per gli Oromo è invece una terra ancestrale, per questo le manifestazioni contro i progetti del Governo si stanno facendo sempre più numerose e affollate. La repressione messa in atto ultimamente è stata presa male dalla popolazione, anche tra quella non Oromo. Il sistema autoritario viene generalmente accettato dagli Etiopi, ma le cose sembra stiano cambiando. La crisi generata dal piano di espansione territoriale di Addis Abeba è cominciato nell’Aprile del 2014, con delle manifestazioni organizzate dagli studenti. La loro violenta repressione aveva avuto un impatto debole nel Paese. Un anno e mezzo dopo, la situazione è molto più delicata: la siccità che imprigiona da un anno l’Etiopia – soprattutto al centro e nell’est – ha reso i cittadini più inclini alle rivendicazioni, anche se le autorità gestiscono molto meglio di prima gli effetti della crisi climatica, che ha spesso dato luogo a lunghi periodi di carestia.
La crisi attuale con gli Oromo è particolarmente delicata perché questa etnia maggioritaria viene ampiamente esclusa dal potere, che fa di tutto affinché i Partiti di opposizione pacifica oromo non partecipino alle elezioni o addirittura le vincano. Ricordiamo che l’Oromia è la regione più grande (500.000 Kmq) delle nove del Paese, retto da un sistema federale dal 1995, e che fornisce più della metà delle risorse dell’Etiopia. Questa coalizione di tribù, che parla la stessa lingua e che ci vive, è stata conquistata dal Negus solo nel XIX° secolo ed è caratterizzata da uno spiccato particolarismo, caratterizzato soprattutto dal sistema democratico in vigore prima della sua annessione dal Re dei re. Esiste poi un’aggravante che complica questa delicata questione. Il fatto di pretendere che gli Oromo – che non stanno facendo altro che denunciare una reale minaccia che mina i loro mezzi di sussistenza – vengano sempre più spesso associati dal Governo a “terroristi” rischia di dissuadere i difensori dei Diritti di esprimersi liberamente. Amnesty International ci ricorda che la Legge 652/2009, che riguarda la lotta contro il terrorismo, autorizza i poteri pubblici a fare uso della forza contro le persone sospettate di atti terroristici e ad arrestarle. Chi è passato per la detenzione preventiva ha fatto sapere che la tortura e i maltrattamenti sono la regola
Ancora una volta viene da chiedersi: può un gruppo etnico maggioritario essere sottomesso da un gruppo minoritario? L’Etiopia sembra dare una nuova occasione al “si”. Questa storia va ad aggiungersi alle tante altre che sono poi degenerate in vere e proprie stragi. La libertà di espressione e di riunione pacifica fa ancora troppa paura.