Elezioni Spagna: guida essenziale su cosa devi sapere

Domenica 28 aprile la Spagna va ad elezioni anticipate, ed è la terza votazione in poco più di tre anni. La politica spagnola è stata per decenni abbastanza semplice: un’alternanza al governo dei due maggiori partiti. Il partito socialista, socialdemocratico e di centrosinistra, e il partito popolare, cristianodemocratico e più conservatore, di centrodestra.
La crisi economica del 2008 comporta una crisi politica: dalle elezioni del 2015 viene alla luce un parlamento più frammentato e l’impossibilità di trovare una maggioranza. Sulla scena ci sono due nuovi partiti: Ciudadanos, liberale e di centro, che cerca di rinnovare il centrodestra, e Podemos, che deriva dal movimento degli Indignados e cerca di rinnovare la sinistra spagnola.
Pochi mesi dopo, nel 2016, si va a nuove elezioni e questi sono i risultati: Popolari 33.01%, Socialisti 22.63%, Podemos 21.15%, Ciudadanos 13.06%. Una maggioranza ancora irraggiungibile e Rajoy (Popolari) che viene confermato capo di un fragile governo di minoranza.
Nel giugno 2018 c’è la svolta con Sanchez (Socialisti) che sfiducia Rajoy e diventa capo del governo grazie all’appoggio di Podemos e partiti regionali. Governo però sempre di minoranza, che porta alla necessità di queste nuove elezioni.
I candidati

Ad oggi lo scenario fotografato da un sondaggio di 40db commissionato da El Pais è: Socialisti 28.8%, Popolari 17.8%, Ciudadanos 14.1%, Podemos 13.2%, Vox 12.5%.
Pedro Sanchez guida il Partito socialista che fa un bel balzo in avanti arrivando ad essere il primo partito, grazie a un’agenda politica più centrata sulle questioni sociali e a una posizione di ferma alternativa ai popolari. Il Partito popolare rimane indietro e cerca di rinnovarsi con il giovane Pablo Casado, che ha l’onere di rilanciare il partito dopo i tanti casi di corruzione e gli incerti governi Rajoy. Albert Rivera è il fondatore di Ciudadanos, migliora leggermente e cerca di presentarsi come il nuovo leader del centrodestra spagnolo. Pablo Iglesias è il leader fondatore di Podemos, che è in grave calo a causa di litigi interni, ambiguità sulla questione catalana e al rilancio dei socialisti.
Grande novità è il partito Vox, di destra radicale, guidato da Santiago Abascal. Passa dal misero 0.2% raccolto nel 2016 all’ingresso da protagonista nello scenario politico con percentuali da doppia cifra, rendendolo però ancora più frammentato. E’ la vera mina vagante delle elezioni, nasce sulla scia della fortuna dei partiti nazionalisti nel resto d’Europa (Le Pen, Salvini ecc.), e porta nel dibattito nuovi temi come quello del controllo dell’immigrazione.
Temi in capo e possibili alleanze
Le questioni del dibattito elettorale sono diverse. La questione catalana, nella quale le posizioni oscillano tra il dialogo con gli indipendentisti e l’affermazione anche con la forza dell’unità costituzionale della Spagna. Il rilancio economico e occupazionale del Paese, ancora gravato dalle conseguenze della crisi economica che ha impoverito gli strati più bassi della società.
Ma su ogni cosa pesa ancora una volta lo spettro dell’ingovernabilità. Le possibili coalizioni di governo sono un accordo Socialisti-Podemos oppure Popolari-Ciudadanos-Vox, ma per entrambe non c’è la sicurezza di raggiungere la maggioranza parlamentare.
Non resta che aspettare questa domenica per l’ennesimo capitolo di una crisi politica spagnola che non sembra destinata a terminare.