Semi e arte tessile, cultura e biodiversità: Intervista all’esperta Beti Piotto
Beti Piotto è un’agronoma nata a Villa Diego, Santa Fe (Argentina). Si occupa di biodiversità vegetale, specie spontanee e propagazione per seme di alberi e arbusti.
Autrice di oltre 200 lavori pubblicati, ha lavorato in Argentina presso l’Università Nazionale di Rosario, in Honduras per la FAO e in Libano per il Ministero dell’Ambiente libanese.
In Italia ha lavorato per l’Ente Nazionale Cellulosa e Carta, il Ministero dell’Ambiente e per l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
Dott.ssa Piotto benvenuta su 2duerighe.com, la ringraziamo per il tempo che ci sta dedicando. Partiamo dal progetto “Filare, Tessere, Colorare, Creare. Storie di sostenibilità, passione ed eccellenza”: come nasce e quali sono i propositi di questo studio?
Nasce dalla visita al Museo di Verucchio, vicino Rimini, dove sono custoditi tessuti di meravigliosa fattura dell’età del Ferro (699 a.C. – 675 a.C.) e un trono ligneo dalle cui decorazioni è stato possibile ricostruire il telaio doppio che impiegavano le donne in quel periodo.
Doppio perché erano due telai verticali appaiati in cui due donne tessevano contemporaneamente.
Due concetti sono nati allora: la consapevolezza di un patrimonio prezioso presente in molti siti italiani e la necessità di valorizzare questa ricchezza attraverso una via “scientifica”.
Sono stati elaborati, spediti e analizzati i risultati di un questionario sulla produzione tessile rispettosa dell’ambiente.
Perché in Italia l’artigianato è così vario e ricco?
Dal punto di vista eco-geografico l’Italia può vantare infinite realtà.
Per quanto riguarda la storia, fino al 1861 vi erano numerosi micro-stati che a fasi alterne interagivano tra loro, e questo favorì uno sviluppo abbastanza autonomo.
Ambiente e storia spiegano la varietà di risorse e i risultati della loro lavorazione: i prodotti delle varie aree geografiche, fino al periodo dell’industrializzazione spinta, hanno risentito di una marcata tipicità che si applica alla cucina, al tessile, a tanti aspetti dell’artigianato.
Va sottolineato che il turismo, nostro petrolio, cerca spesso la peculiarità e la bellezza che sicuramente possiamo offrire in abbondanza.
Qual è stato il suo contributo specifico a questo progetto?
Ho svolto un lavoro di coordinamento insieme a molti colleghi dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (ISPRA) ed alle Donne in Campo della CIA-Agricoltori Italiani.
Insieme abbiamo individuato persone che lavorino nel variegato e complesso mondo della produzione eco-compatibile di fibra, filati e tessuti.
In questo modo abbiamo conosciuto storie di sostenibilità, di creatività e di attiva partecipazione nel sociale che sono descritte nella pubblicazione “Filare, tessere, colorare, creare. Storie di sostenibilità, passione ed eccellenza” (Link in basso).
Quali le attività scaturite da questo studio?
La stilista Eleonora Riccio, appassionata di botanica, ha sviluppato una linea di foulard in seta realizzati in collaborazione con la comunità WarmiPura, donne argentine che colorano i tessuti con estratti di radici, fiori e frutti.
Il progetto rientra tra le attività previste dagli accordi bilaterali con l’Università di Firenze e l’Universidad de Morón in Argentina (Link in basso).
Due docenti hanno messo in contatto la stilista con la piccola realtà di Tafí del Valle, Nord-Ovest del Paese, dove le donne estraggono i colori da piante autoctone.
Una parte dei risultati del progetto è stata presentata nel Dipartimento di Agraria dell’Università di Firenze a settembre dell’anno scorso.
Cosa esprime l’arte tessile di una società?
L’arte tessile è una sorta di specchio della società e dell’ambiente in cui evolve.
Questa racconta delle risorse presenti nel territorio, “vede e traduce” il mondo attraverso le mani delle donne perché nella storia sono state le donne a gestire i telai.
Potremmo definire le donne custodi di un prezioso patrimonio culturale?
Certo, sono state loro a tramandare questo patrimonio immateriale di conoscenze che vanno dalla lavorazione della materia prima, alla tinteggiatura, al prodotto terminato.
Non a caso, nell’antichità, il corredo funebre delle donne era fatto di fusaiole, rocchetti, conocchie, fusi e pesi: tutti attributi di colei che tesse.
Sono convinta che non tanto la costituzione fisica ma la maternità ha portato la donna a svolgere attività che non la allontanassero dalla prole. Non c’è da stupirsi, quindi, che la tessitura e l’agricoltura siano nate e si siano potenziate nel mondo femminile.
Come nasce la sua passione per l’agronomia?
Confesso che ho iniziato gli studi di agraria senza convinzione, sono stata trascinata da una amica.
Dopo un po’ è cambiato tutto. Determinante è stato conoscere l’opera di Nicolai Vavilov, agronomo russo che per primo, dagli anni ’20 del ‘900, capì il ruolo della biodiversità (allora non esisteva nemmeno il vocabolo) quale base del miglioramento genetico.
Non solo, aveva definito i centri di origine delle specie coltivate (centri di diversità o di domesticazione). Questo genio assoluto morì di stenti in carcere accusato di attività antisovietiche, eliminazione architettata dal suo collega Trochym Lysenko, mosso da invidia.
Altra Stella Polare è stato per me l’agronomo e genetista italiano Nazareno Strampelli (1886-1942), motore della cosiddetta “Battaglia del grano”. Ricercatore dotato di incredibile intuizione, per molto condannato alla damnatio memoriae per aver fornito i risultati del suo lavoro al regime fascista.
In realtà Strampelli pensò sempre al benessere del popolo tanto è vero che non ha mai brevettato le sue varietà, cosa che lo avrebbe reso ricchissimo.
In che senso il suo libro, ‘In un seme’, racconta la biodiversità attraverso i semi?
I semi si prestano bene a spiegare ai ragazzi (e adulti!) la diversità della vita: diversità di forme, disseminazione, conservazione, interazioni (mutualismi), germinazione.
Il libro è illustrato da Gioia Marchegiani che è riuscita magnificamente a rappresentarli nei loro diversi ruoli.
È autrice di oltre 200 lavori pubblicati. C’è un progetto che le è più caro?
L’ultimo: diffondere le modalità tramite cui ottenere benessere dai prodotti dell’alveare (miele, polline, propoli, pappa reale, cera).
Tradizione, evidenze cliniche e ricerca dimostrano l’esistenza di vie alternative naturali per mantenere la buona salute. Senza escludere i farmaci della medicina ufficiale, è bene sapere che possiamo attingere ad altre risorse.
Prendiamo ad esempio la propoli. E’ definita “antibiotico naturale” per le numerose azioni terapeutiche esercitate. E’ uno dei migliori antibatterici naturali: impedisce infatti la moltiplicazione dei germi, li uccide e stimola i processi immunitari.
Svolge anche una valida azione su molti ceppi di virus, tra cui quelli influenzali e parainfluenzali.
Non a caso il suo utilizzo principale è contro il mal di gola, le affezioni delle vie respiratorie (faringiti, tracheiti e tonsilliti) e le affezioni del cavo orale (gengiviti, infiammazioni della lingua e del palato).
Se dovessimo sceglierne una, quale sarebbe la lezione più importante che lo studio delle scienze naturali può insegnare all’uomo ad oggi?
Per entrare in sintonia con la Natura è necessaria l’osservazione e operare con pazienza, attraverso tempi “naturali”. Tuttavia per troppi anni abbiamo condotto azioni antropocentriche che hanno fatto male alla Natura e lei non può fare altro che ricordarci, a volte dolorosamente, l’entità dei nostri errori.
Non è tutto perso però. L’uomo è capace di riflettere, di adottare comportamenti ragionevoli e di portare armonia laddove è stata strappata. Sono sempre attuali ed efficaci sono le parole di Francis Bacon: Alla natura si comanda solo ubbidendole.
Link alla Pubblicazione: https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/quaderni/ambiente-e-societa/filare-tessere-colorare-creare.-storie-di-sostenibilita-passione-ed-eccellenza
Link al Libro: https://www.topipittori.it/it/catalogo/un-seme
Link al Progetto “WarmiPura”: https://www.dagri.unifi.it/vp-477-warmi-pura-ita.html