Modello Albania in chiave social: ufficiale il blocco a TikTok

Da giovedì 13 marzo l’Albania ha chiuso le porte a TikTok; entra ufficialmente in vigore il blocco che il Primo Ministro Edi Rama aveva annunciato lo scorso dicembre. Per tutto il 2025 gli utenti albanesi non potranno dunque accedere al social, in virtù dello sbarramento posto dai fornitori dei servizi internet circa l’accesso ai server dell’app, con tanto di conferma scritta comprovante l’adempimento, inviata al governo. Onde evitare per lo meno le più agevoli elusioni, l’ASKS, Autorità Nazionale per la Sicurezza Informatica albanese, ha reso noto un elenco di circa 200 domini web da rendere inaccessibili.
Una posizione forte
La misura denota con chiarezza una presa di posizione assolutamente forte nei confronti di uno dei temi bollenti di questa e delle generazioni a venire: i social e il loro lato oscuro. L’analisi di questa scelta, però, non può certo essere liquidata con una comoda riflessione sulla nocività dei social nella loro degenerazione. È opportuno dunque partire da quella famosa goccia che fece traboccare il vaso, dipanando poi il percorso argomentativo su una più ampia scala di ragioni.
Tutto origina dalla tensione scaturita in seguito all’accoltellamento, poi rivelatosi letale, di uno studente di 14 anni da parte di un coetaneo, nel novembre 2024 a Tirana. Secondo quanto riportato da Reuters, la disputa sarebbe nata sui social, per esplicarsi poi in un vero e proprio duello a colpi di pugnale, concludendosi nuovamente sul web con l’omicida che esibisce l’arma del delitto e le braccia sporche di un sangue che non potrà mai essere lavato. Da qui la decisione, coerente con il problema già da tempo attenzionato, forte anche del confronto con numerosi genitori, psicologi e professori.
Allarme sociale
È dunque un crescente allarme sociale che ha, ufficialmente, giustificato il ricorso ad una tanto drastica soluzione. Non sono però mancate aspre critiche dall’opposizione albanese, che vede nel blocco un tentativo di preparare il terreno per le elezioni che si terranno a maggio, in virtù anche della lezione impartita da Georgescu circa la potenza del social anche in termini politici. C’è chi ha addirittura invocato reminiscenze della passata dittatura comunista e la censura ben nota al popolo albanese, chi invece i regimi oscurantisti dell’Afganistan o dell’Iran.
Questa decisione rende l’Albania il primo Paese europeo a muoversi così drasticamente in tal senso, ma non dimentichiamo i provvedimenti già varati da Paesi dislocati per tutto il globo, dall’America all’Australia, passando anche per la nostra Europa, dove Francia e Spagna hanno tentato maggiori restrizioni per i minori di 16 anni, oppure i blocchi già previsti nell’UE per le pubbliche amministrazioni. A prescindere quindi, almeno in questa sede, dalle modalità di azione, è evidente come il problema dei social si stia imponendo con sempre maggiore urgenza e nelle più diverse accezioni: salute dei giovani, tutela dei dati, libertà di informazione, omologazione e appiattimento culturale, per citarne alcuni. Sarebbe necessario, almeno su questo fronte, uno sforzo verso una sinergica volontà di risolvere un problema in rapida espansione che, al di là di convenienze politiche, rischia di divorare infinite masse di persone e drogare una realtà che meriterebbe, invece, di essere Vissuta.