New Delhi è soffocata dallo smog
New Delhi non è nuova a fenomeni di pericoloso inquinamento dell’aria. Martedì mattina l’indice della qualità dell’aria nella capitale indiana, secondo IQAir, era di 509. Sebbene sia cinque volte superiore alla soglia per una respirazione sana, esso è sembrato quasi un buon risultato: la lettura di lunedì era salita infatti a 1.185. Attualmente, l’indice è ulteriormente sceso, arrivando a 250. Considerando, tuttavia, che il Central Pollution Control Board indiano consideri come “buono”, salubre, un valore compreso tra 0 e 50, New Delhi non può di certo dirsi uscita dall’emergenza dell’inquinamento atmosferico cominciato soprattutto nella giornata di domenica.
Ogni anno, questo smog soffocante, che avvolge le strade e l’aria indiane, accompagna il calo delle temperature, che nella notte di martedì registravano gli 11 gradi Celsius. Tale abbassamento crea un'”inversione termica” nel momento in cui l’aria più calda forma uno strato ostinato sopra l’aria più fredda, intrappolando gli inquinanti tossici a livello del suolo. Questi ultimi provengono dalle decine di milioni di auto in circolazione, ma anche dagli incendi dei rifiuti, dalle costruzioni e dalle emissioni delle fabbriche. Secondo alcuni, il problema risulterebbe ulteriormente aggravato dagli incendi di stoppie, ossia dei residui rimasti dopo il taglio o la mietitura: diversi agricoltori bruciano infatti i campi dopo aver raccolto, per liberarli per i nuovi raccolti. Tale pratica è illegale in India e comporta multe pesanti. Mentre il Safar, l’agenzia delle previsioni meteorologiche delle Scienze della Terra, vede in questi incendi una delle cause principali dell’inquinamento che sta inghiottendo e soffocando New Delhi in questi giorni, una recente analisi dell’Indian Institute of Tropical Meteorology ha stimato il contributo della combustione delle stoppie a poco più dell’1% in ottobre. Nell’ultimo mese è aumentato fino al 13%, ma è rimasto basso rispetto all’inquinamento della città causato da veicoli e altre fonti. Qualunque siano le cause, New Delhi resta la prima nella classifica mondiale delle città più inquinate al mondo, con uno stacco notevole dalla seconda classificata, Dhaka: la capitale indiana è infatti cinque volte più inquinata di quest’ultima.
Lunedì, la Corte Suprema ha rimproverato il governo di New Delhi per la lentezza nell’introduzione di misure di emergenza contro l’inquinamento, nonostante il governo della capitale, governato da Aam Admi, abbia attribuito le cause dell’inquinamento agli stati vicini, governati dal partito Bharatiya Janata, che controlla anche il governo centrale. La Corte ha, tuttavia, esplicitamente accusato i governanti di irresponsabilità verso i quasi 30 milioni di abitanti che popolano, anzi, sovrappopolano, la città. L’inquinamento registrato in questi giorni supera di trenta volte i limiti raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), soprattutto per le polveri sottili cancerogene. Un’emergenza simile, ma non della stessa portata, si era presentata, infatti, nel novembre del 2018, quando la qualità dell’aria toccò per la prima volta livelli dannosi per la salute dei cittadini. Le misure attuali del governo sono volte a tamponare la situazione altamente critica di questi giorni, con scuole chiuse, divieto di ingresso ai mezzi pesanti (tranne per quelli che trasportano beni di prima necessità), di tutti i veicoli alimentati a diesel e blocco dei cantieri edili pubblici e privati. Il governo ha anche invitato allo smart working per i dipendenti che possono farlo, ossia i dipendenti degli uffici pubblici e privati o i freelance.
Tuttavia, in una città già piena di disuguaglianze, l’inquinamento e il conseguente accesso all’aria pulita sono diventati un ulteriore fattore discriminante tra ricchi e poveri. Chi può ha comprato dei purificatori dell’aria da mettere dentro le proprie case per eliminare le tracce dell’aria contaminata, tornando alle vecchie mascherine e prendendo una serie di misure che ricordano la vita durante il lockdown per il Covid-19. Coloro che hanno potuto sono fuggiti dalla città. Solo una piccola parte della popolazione può permettersi però tali lussi. Per la maggior parte degli abitanti di New Delhi le mascherine sono ormai introvabili, sia nei negozi che online, e, se costretti ad uscire per un lavoro che non può essere esercitato dalla propria abitazione o per altre esigenze, l’unico modo per coprire la bocca è ricorrere a panni, fazzoletti o, semplicemente, alla propria mano. Inoltre, molti in città sono braccianti e lavorano fuori casa per lunghe ore durante il giorno; altri vivono in case molto spesso aperte, senza purificatori dell’aria o protezioni dagli agenti inquinanti. Ancora una volta l’emergenza climatica si gioca sulla pelle degli ultimi, alimentando ulteriormente le diseguaglianze sociali.
Mentre l’aria di New Delhi stava diventando altamente tossica, la crisi è stata discussa a margine dei colloqui sul clima delle Nazioni Unite COP29, tenuti in questi giorni nella capitale azera. Gli esperti della comunità sanitaria globale hanno sollecitato, infatti, l’India a tracciare un futuro che non dipenda dai combustibili fossili, chiedendo riforme per garantire politiche climatiche che diano priorità alle persone e alla qualità della vita, attraverso la transizione alle energie rinnovabili e il rafforzamento delle infrastrutture del trasporto pubblico nelle città. Aarti Khosla, direttore di Climate Trends, ha dichiarato: «Siamo tutti riuniti qui per parlare di questioni più grandi che influenzano in nostro clima e i Paesi stanno ritardando così tanto quando la vita e la salute di milioni di persone sono a rischio. Dobbiamo rispondere con urgenza alla realtà del cambiamento climatico che il mondo si trova ad affrontare oggi».