L’America si tinge di rosso: Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti
La notte più lunga sembra essere già terminata. Donald Trump è il 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America. È il primo a ricoprire due mandati non consecutivi, dopo il democratico Grover Cleveland alla fine del 1800: il primo mandato di Trump era cominciato dopo la corsa alla Casa Bianca contro Hillary Clinton, nel 2016. Ma non solo: Trump è anche il primo presidente con una condanna penale e il più vecchio ad insediarsi, all’età di 78 anni. Si pensava che ci sarebbero voluti giorni prima di conoscere un risultato certo: nel 2020 Biden era stato dichiarato presidente dopo quattro giorni della chiusura dei seggi. Nella mattinata italiana del 6 novembre 2024, tuttavia, tutte le incertezze sul futuro della presidenza statunitense sono crollate.
Il sistema elettorale americano
Secondo il sistema elettorale americano, che si basa di fatto su un’elezione indiretta, in cui gli elettori votano i cosiddetti “grandi elettori”, che poi andranno a votare, direttamente, uno dei due candidati, l’obiettivo di Trump e Harris era quello di arrivare a conquistare 270 grandi elettori, ossia la maggioranza. I grandi elettori, infatti, eletti su base statale, sono in totale 538, pari alla somma dei senatori (100: due per ogni Stato), dei deputati (435, assegnati proporzionalmente al numero di abitanti residenti in ciascuno Stato) e dei tre rappresentanti del Distretto di Columbia, in cui si trova la capitale Washington. Proprio a causa di questo complesso sistema, alcuni stati in bilico – di cui non era certa la posizione elettorale, a causa di diversi fattori – hanno assunto un valore centrale. I cosiddetti Swing States sono sette e sono stati determinanti nel confermare Trump come nuovo inquilino della Casa Bianca: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin.
Il primo discorso di Trump
Sono le 2 e mezza di notte, le 8:30 italiane, quando Trump è salito sul palco del Convention Center di Palm Beach, in Florida, con la famiglia al completo. Cori e urla da stadio risuonano all’interno del quartier generale repubblicano: “Usa, Usa”, urlano i supporter rossi. «Siamo il più grande movimento politico di sempre. Voglio ringraziare gli americani per l’onore che mi hanno dato. Tutti i giorni combatterò per voi, con ogni respiro. Questa sarà l’età dell’oro dell’America. Gli americani ci permetteranno di fare di nuovo grande l’America. Abbiamo vinto North Carolina, Georgia, Pennsylvania, Wisconsin, stiamo vincendo in Nevada, Arizona… avremo oltre 300 grandi elettori. Abbiamo vinto anche il voto popolare, il che è fantastico», ha affermato Donald Trump nella sua prima dichiarazione come nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. «Abbiamo scritto la storia», ha aggiunto Trump. Lo spoglio dei voti non è ancora terminato, ma una vittoria di Donald Trump è ormai certa. Attualmente Trump ha guadagnato il voto di 267 grandi elettori, contro i 224 di Kamala Harris: il 51,2% del candidato repubblicano, contro il 47,4% della candidata Dem.
La fine del sogno democratico
È stata ormai sancita la sconfitta della scommessa del partito democratico, capitanato da Kamala Harris. La candidata del partito “blu” è riuscita a mettere in piedi una campagna elettorale potentissima nell’arco di poco più di centotrenta giorni. Un record assoluto ed invidiabile. La sua candidatura ha ridato vigore al partito comandato da Biden e dato per una sconfitta praticamente certa. Nonostante gli sforzi e le speranze nutrite, tuttavia, Harris non ce l’ha fatta. «Crediamo in voi, continuiamo a sperare, ci sono ancora altri stati, la vicepresidente non parlerà stasera. La sentirete domani, si rivolgerà alla nazione», aveva dichiarato il copresidente della campagna di Kamala Harris, Cedric Richmond, prima che le news dalla Pennsylvania e dal Wisconsin ponessero fine alla contesa. Con il successo di Trump in Pennsylvania, infatti, sono svanite le ultime speranze per una vittoria della Harris, sfumate poi definitivamente con la conquista rossa del Wisconsin.
Cosa succede adesso
Le idee di Trump sono piuttosto note. Dal punto di vista economico, l’ex tycoon ha promesso di «porre fine all’inflazione e rendere di nuovo accessibile l’America», punto sul quale tanti ex elettori democratici hanno scelto di dar fiducia al candidato repubblicano. Durante la campagna elettorale, inoltre, i due candidati alla presidenza americana si sono scontrati molto su tematiche come l’aborto e l’immigrazione. Harris aveva fatto dell’aborto uno dei suoi cavalli di battaglia, fermamente convinta nel dare alle donne la possibilità di decidere sul proprio corpo e sul proprio futuro. Di diverso avviso è, invece, Trump, intenzionato a dare la possibilità ad ogni stato di decidere sulla legalità o meno dell’aborto. Diverse critiche ha destato una recente frase di Tump a riguardo, pronunciata in un recente comizio in Wisconsin, in cui ha affermato di voler proteggere le donne, «che a loro piaccia o meno». Tuttavia, il punto cardine della politica di Trum è, senz’altro, l’immigrazione, sulla quale ha promesso di completare la costruzione di un muro nei confini meridionali americani e introdurre un sistema di controllo delle leggi più stringente. Le sue promesse sono persino arrivate ad auspicare la più grande deportazione di massa di migranti clandestini nella storia degli Stati Uniti e sostenere l’intenzione di introdurre la pena di morte per ogni immigrato che ucciderà un cittadino americano. Gli esperti ritengono, tuttavia, che tutto ciò incontrerà inevitabilmente sfide legali per l’ormai nuovo presidente, nonostante le sue intenzioni non cambino. Per il fronte europeo, poi, la vittoria di Trump può comportare un mutamento sensibile su questioni che vanno dalla sicurezza, agli aiuti all’Ucraina, alle tariffe commerciali. Mentre la candidata democratica e vice presidente Kamala Harris era considerata propensa a mantenere lo status quo con l’Ue su tali questioni, il presidente repubblicano Trump ha ripetutamente criticato il blocco e minacciato di stravolgere gli attuali legami Ue-Usa. Trump appare come un isolazionista e vuole che gli USA si svincolino dai conflitti in altre parti del mondo. In politica estera, l’ex magnate ha più volte assicurato ai suoi elettori che avrebbe posto fine alla guerra in Ucraina in 24 ore tramite un accordo con la Russia, posizionandosi, invece, sul fronte mediorientale, come un convinto sostenitore di Israele, ma dichiarando ugualmente le sue capacità nel porre fine anche alla guerra a Gaza. «Dicono che farò una nuova guerra? Le fermerò tutte».