Macron in Marocco: dopo dieci anni ha vinto la ragionevolezza

Una visita sotto il segno della riconciliazione. Il Presidente francese Emmanuel Macron è arrivato in Marocco lo scorso 28 ottobre per una visita di Stato di tre giorni.
Il viaggio è frutto di un invito di Re Mohammed VI, che l’ha accolto di persona all’aeroporto di Rabat, con sottofondo di 21 colpi di cannone.
Una sapiente regia che aveva come obbiettivo di far dimenticare le controversie che hanno visto contrapporsi i due uomini, e in generale i due Paesi, per numerosi anni.
Diverse le sfide affrontate da Macron in questo delicato viaggio, sfide che vanno dal Sahara Occidentale – che vede coinvolti Marocco e Algeria –alla questione migratoria.
L’ultima visita di Emmanuel Macron in Marocco risale al 2018. Da allora le crisi tra i due Paesi si sono susseguite una dopo l’altra. Ma cosa le ha scatenate? E perché tanto gelo tra il Presidente e Re Mohammed VI?
In realtà i problemi cominciano prima del 2018. Sono stati dieci anni difficili, con un’apoteosi lo scorso anno, subito dopo il terremoto che ha colpito il Marocco.
François Hollande, quando è stato eletto Presidente nel 2012, parla chiaramente di riavvicinamento all’Algeria, facendo nascere i primi segnali di sfiducia tra i Marocchini.
La prima crisi scoppia nel 2014, quando il direttore del controspionaggio marocchino viene minacciato di essere incriminato da Parigi, perché oggetto di una denuncia di complicità di tortura.
Queste tensioni dureranno due anni prima di placarsi. Ma già nel 2017, con l’elezione di Macron, la crisi riprende perché quest’ultimo mostra la stessa volontà del suo predecessore di riavvicinarsi all’Algeria.
Ci saranno, negli anni a seguire, piccoli attriti – per esempio problemi nelle presentazioni di lettere credenziali dei rispettivi ambasciatori – ma anche grandi momenti di tensione.
Durante il Covid, il Marocco ha messo sotto intercettazione tutti i quadri superiori algerini e francesi (affaire Pegasus), compreso il Presidente Macron che non ha assolutamente gradito, denunciando l’accaduto a gran voce.
Il Re ha immediatamente risposto con smentite ufficiali, ma questo sospetto ha fatto nascere un malessere diffuso tra i due uomini.
C’è poi stata nel 2021 la crisi dei visti (con la riduzione del 50% del numero di visti concessi ai Marocchini), ma soprattutto il rifiuto da parte di Rabat degli aiuti francesi dopo il terremoto del 2023, con la secca dichiarazione del re del Marocco che definiva il Presidente Macron “un non amico”.
Qui è stato raggiunto l’apice della tensione.
Poco prima di partire, il Ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot, ha evocato la scrittura “di un nuovo capitolo” nelle relazioni franco-marocchine. Si può parlare di disgelo?
Gli osservatori preferiscono parlare di prevalsa della “ragione”.
Dopo essersi riavvicinati agli Israeliani, agli Americani e agli Emirati Arabi Uniti, i Marocchini hanno pensato di non aver più così bisogno della Francia. Ma dopo il 7 ottobre, con il massacro per mano di Hamas in Israele e a Gaza, la cooperazione israelo-marocchina è diventata complicata.
Dopo gli accordi di Abramo, Emirati Arabi Uniti e Sauditi non hanno investito in Marocco come il Paese si aspettava.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, negli ultimi tempi questi hanno altre priorità rispetto al Regno, nonostante le grandi prove di amicizia date nel 2020, quando il Presidente Trump riconobbe la sovranità marocchina sul Sahara occidentale in cambio del suo sostegno a Israele. Molto è cambiato da allora.
Alla fine, i Marocchini hanno capito che la Francia non era poi un partner così inaffidabile. Così come ha fatto il Presidente Macron, molto deluso dal percorso fatto con l’Algeria.
Il cambio delle circostanze ha permesso questo pragmatico riavvicinamento.
Macron è arrivato in Marocco anche con molti imprenditori. Secondo il giornale economico “La Tribune”, 22 contratti o “accordi di investimento” sono stati chiusi su idrogeno, energie rinnovabili e trasporto ferroviario.
Altra questione scottante tra Parigi e Rabat è il caso del Sahara occidentale.
L’essenza marocchina del Sahara è l’alfa e l’omega della politica estera del Marocco. Su questo dossier Rabat ha acquistato molti punti negli ultimi anni, con l’appoggio di molti alla sua causa, compresi diversi Stati europei (soprattutto Spagna e Germania).
Emmanuel Macron non ha mai dato una vera spiegazione quando lo scorso 30 luglio ha affermato ufficialmente che riconosceva la sovranità marocchina come base di lavoro per la diplomazia francese.
Ma questa decisione non è propriamente una novità: prima che François Hollande e Emmanuel Macron distogliessero l’attenzione dalla delicata questione, i due precedenti presidenti erano grandi sostenitori della causa marocchina nei confronti del Sahara occidentale.
Alla fine del quinquennio di Nicolas Sarkozy, che ha in qualche modo influenzato l’attuale Capo di Stato, la Francia aveva persino collaborato ad un piano di larga autonomia per il Sahara, che Macron ha appena riconosciuto.
La Francia non cambia il suo posizionamento, ma va riconosciuto che, per la prima volta, il Presidente ha parlato di sovranità.
Un gesto sicuramente di grande impatto, ma che gli osservatori ritengono di scarsa utilità visto che il dossier viene gestito dalle Nazioni Unite che considera dal 1975 questo territorio un “territorio non autonomo”.
Di fatto, per rafforzare il suo concetto, lo scorso 31 ottobre, il Consiglio di Sicurezza ha nuovamente chiesto una soluzione politica “realista e accettabile”, con una risoluzione che prolunga di un anno la missione delle NU sul posto.
La risoluzione, patrocinata dagli Stati Uniti, rinnova il mandato della Missione delle Nazioni Unite per l’organizzazione di un referendum nel Sahara Occidentale (Minsuro) fino al 31 ottobre 2025.
Il Sahara occidentale è l’ultimo territorio del continente africano il cui statuto postcoloniale non è stato regolato. Ricordiamo che l’80% del suo territorio è sotto controllo del Marocco (ad ovest) e il 20% in mano al Fronte Polisario (ad est), il tutto diviso da un muro di sabbia e una zona tampone sotto controllo dei caschi blu delle Nazioni Unite. Ma il Sahara occidentale non è solo sabbia. Le risorse naturali che nasconde ne fanno un vero e proprio Eldorado per quel che riguarda le energie rinnovabili.
Come spiegare allora l’improvvisa presa di posizione di Emmanuel Macron?
Sicuramente il Marocco ha esercitato forti pressioni diplomazia francese. Anche se non coinvolge direttamente il Presidente, questa pressione è andata ad aggiungersi a quella degli imprenditori che investono in Marocco, degli ambienti franco-marocchini, e forse anche di altri Paesi occidentali. Anche il Quai d’Orsay è sempre stato filo-marocchino, tanto che ha già discretamente aggiornato la mappa che presenta il Paese sul suo sito.
Inoltre, dagli Algerini sono arrivate solo delusioni. Hanno firmato tanti contratti con Russie Cinesi, e non hanno sbloccato il processo di riconciliazione sulla “memoria”, che riguarda i pesanti fatti di sangue avvenuti per mano francese durante la Guerra d’Algeria.
La ripresa dei rapporti con quel Paese non ha funzionato come avrebbe dovuto, e la Francia ha assoluto bisogno di rimettere piede nel Sahel (dopo la sua espulsione dal Niger, dal Mali e dal Burkina Faso all’arrivo delle giunte militari al potere), ma anche in Medio Oriente e nel Maghreb.
Parte importante della delegazione il Ministro degli Interni, Bruno Retailleau. Il suo obbiettivo era quello di indurre il Marocco a riprendersi i suoi connazionali arrestati perché irregolari, condizionando per esempio i visti a questi rientri. In realtà questo modo di agire era già stato deciso nel 2021 (conosciuto come dossier OQTF – obbligo di lasciare il territorio francese).
Visti i malumori che questa decisione aveva scatenato, ci si chiede se sia la via giusta per arrivare ad un accordo.
La cosa che i Marocchini avevano più criticato nella disposizione del 2021 è che questa era stata attuata unilateralmente e con le stesse modalità utilizzate per l’Algeria.
Oggi i presupposti sono cambiati. I Marocchini non hanno paura della destra francese, con la quale hanno sempre avuto buone relazioni, e non hanno neanche paura di Bruno Retailleau. Desiderano solo negoziare alla pari e si sono già dichiarati disponibili a recuperare gli irregolari, a differenza dell’Algeria chiusa nel suo isolamento politico.
Nel complesso, questa visita di Stato si è svolta in un contesto che ha visto la Francia alla ricerca di una conferma della sua influenza in Marocco, dovendo muoversi con prudenza in uno scenario geopoliticamente teso.
Sicuramente mostra la volontà di riavvicinamento strategico di entrambe le parti, su uno sfondo di collaborazioni potenziate e di convergenza di opinioni su dossier sensibili come il Sahara occidentale e la sicurezza regionale.