Cresce l’attività jihadista nel Sinai
I recenti successi proclamati dalle forze di sicurezza egiziane nel Sinai dimostrano come l’attività jihadista nella penisola sia in rapido aumento e coinvolga anche militanti jihadisti stranieri
Le forze di sicurezza egiziane hanno riferito nella giornata di ieri di aver ucciso 8 militanti islamisti nella Penisola del Sinai, azione che corona l’impegno del Cairo profuso nella ricerca dei jihadisti collegati al recente agguato ed uccisione di 25 poliziotti egiziani.
Grazie all’utilizzo degli elicotteri Apache, le autorità egiziane hanno potuto colpire diversi obiettivi ed uccidere 8 militanti jihadisti ferendone altri 15 nell’area a sud di Rafah. Sul numero esatto delle uccisioni esistono discordanze: l’Agence France Presse ha parlato di 8 morti e 15 feriti, Reuters, riportando quando dichiarato dalla tv di stato Nile, ha parlato di 15 morti mentre Associate Press ha calcolato il numero delle vittime essere pari a 13.
Questa operazione nel Sinai segue il recente arresto di Adel Mohammed Ibrahim, secondo quanto riferito dalle autorità egiziane, uno dei jihadisti maggiormente ricercati e connesso con numerosi attacchi nella Penisola, tra cui quello del 19 agosto che ha visto l’esecuzione di 25 poliziotti. Il 2 settembre le forze di sicurezza egiziane avevano arrestato altri due uomini collegati con gli omicidi del 19 agosto: secondo quanto riportato da Ma’an News Agency, i due jihadisti sarebbero Adel Hussein e Muhammad Fawzi, membri di Mujahideen Shura Council in the Environs of Jerusalem (MSC). Fawzi e Hussein erano stati collegati anche ai recenti lanci di razzi dal Sinai contro Israele.
MSC, un gruppo jihadista salafita di base inizialmente nella Striscia di Gaza, è responsabile degli attacchi tramite razzi perpetrati contro la città di Eilat nel sud di Israele il 13 agosto, azione rivendicata dal gruppo stesso in risposta all’uccisione di quattro membri del gruppo jihadista Ansar Jerusalem di base nel Sinai.
Dalla caduta del presidente Mohammed Morsi avenuta il 3 luglio, nell’area del Sinai si sono succeduti numerosi attacchi ai danni delle forze di sicurezza; il 23 agosto l’esercito egiziano aveva dichiarato che le recenti operazioni speciali avevano portato la morte di 78 militanti, di cui 32 di questi essere non egiziani, fattore che ha indotto le autorità del Cairo ad allarmare la comunità internazionale circa l’aumento dell’interesse dei militanti stranieri al Sinai ed all’Egitto stesso, paese che attualmente possiede una situazione di stabilità e sicurezze precaria.
Di pari passo all’incremento degli attacchi nel Sinai si sono succedute una serie di dichiarazioni da parte dei jihadisti in risposta alla caduta del governo Morsi e dei Fratelli Musulmani; per esempio Harith bin Ghazi al-Nadhari (conosciuto anche come Muhammad al-Murshidi), membro di al-Qaeda in the Arabian Peninsula (AQAP), ha recentemente accusato il governo egiziano di voler far tornare il paese all’era dell’oppressione, della tirannia e della dominazione da parte delle agenzie di sicurezza e di intelligence.
Il 17 agosto, l’ideologo Abu Sa’ad al-‘Amili ha postato una serie di tweets sul proprio account in cui chiedeva ai musulmani egiziani di prepararsi alla “guerra aperta”; sulla stessa linea Abdullah Muhammad Mahmoud, membro di Dawa’at al-Haq Foundation for Studies and Research, in un articolo postato su un forum jihadista il 14 agosto, ha allarmato i musulmani egiziani i quali, se non dovessero seguire la via della jihad, dovranno espiare tale peccato nel prossimo futuro.
Il 15 agosto Abu Hafs al-Maqdisi, il leader di Jaish al-Ummah (Esercito della Nazione) di base a Gaza in Palestina, ha chiamato gli egiziani alla jihad contro il comandante dell’esercito Generale Abdul Fattah el-Sissi; quattro giorni dopo al-Shabaab, gruppo affiliato ad al-Qaeda in Somalia, ha incitato gli egiziani a prendere in mano le armi e difendere se stessi. Il 30 agosto, Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL) si è unito al messaggio di incitamento e chiamata alla jihad contro l’esercito.
A completare il quadro dei jihadisti interessati all’Egitto è intervenuta al-Salafiyya al-Jihadiyya in Sinai, gruppo che il 22 agosto ha rilasciato una comunicazione in cui si chiamavano i musulmani a combattere contro l’esercito egiziano considerato “apostata”. Il messaggio ha ricevuto un grande risalto a livello nazionale ed internazionale perché dichiarava come propri target i “sionisti nel Sinai”, ossia Israele, mentre affermava che la polizia e l’esercito egiziano non venivano visti come minaccia.
Giuliano Bifolchi
4 settembre 2013