Patent box: le nuove norme applicative per le opzioni sui marchi
Il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con il recente decreto 28 novembre 2017, hanno congiuntamente adottato nuove disposizioni attuative del c.d. “patent box”, sostituendo il precedente decreto ministeriale 30 luglio 2015, in linea con le modifiche apportate alla disciplina dal decreto legge 50/2017.
Ma in cosa consiste il “patent box”? Introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 e attuato tramite il decreto ministeriale del 20 luglio 2015, tale regime opzionale consente una tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di alcuni beni immateriali (software protetti da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale, o scientifico giuridicamente tutelabili).
Allo scopo di allineare la disciplina del patent box alle linee guida Ocse, l’articolo 56, comma 4, del decreto legge 50/2017, oltre a specificare l’ambito applicativo temporale del regime agevolato, ha eliminato i marchi d’impresa dal novero dei beni immateriali agevolabili, estendendo nel contempo le disposizioni agevolative ai redditi derivanti dall’utilizzo congiunto di beni immateriali agevolabili, tra loro collegati da vincoli di complementarietà, finalizzati alla realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi.
In ragione di dette novità, dunque, si è resa necessaria una revisione della disposizioni attuative, realizzata per il tramite, appunto, del recente decreto ministeriale 28 novembre 2017.
Con il presente decreto si è provveduto ad eliminare il riferimento ai marchi d’impresa che, come anticipato, erano già stati esclusi con il decreto legge 50/2017 dall’ambito applicativo oggettivo del regime agevolato.
Inoltre, rispetto al decreto ministeriale 30 luglio 2015, sono stati aggiunti due nuovi articoli, finalizzati a dettare le norme di coordinamento necessarie a gestire l’avvenuta esclusione dei marchi d’impresa e a tener conto del periodo transitorio: l’articolo 13 e l’articolo 14, che riguardano, rispettivamente, la disciplina della clausola di grandfathering e lo scambio d’informazioni per le opzioni sui marchi.
La clausola di grandfathering regola il periodo in cui è possibile continuare a beneficiare della disciplina previgente e, dunque, mantenere le opzioni sui marchi d’impresa esercitate in precedenza.
L’articolo 14, invece, specifica le modalità attraverso cui assicurare lo scambio spontaneo di informazioni relativo alle opzioni esercitate per i marchi d’impresa.
Per i Paesi con cui risulta in vigore un accordo per lo scambio informativo e che sono membri dell’Inclusive framework on Beps, l’Agenzia delle Entrate è tenuta a comunicare (entro tre mesi dalla ricezione della dichiarazione dei redditi) alle amministrazioni fiscali dei Paesi in cui hanno sede le società controllanti e correlate il nominativo di ciascun soggetto che ha esercitato l’opzione per i marchi d’impresa.