Le nuove rotte dell’export italiano

Dalla Farnesina un Piano d’azione per diversificare i mercati di sbocco
Sesto Paese esportatore mondiale, l’Italia ha un export da 623,5 miliardi di euro, che vale il 40% del Pil. È la seconda economia al mondo e la prima in Europa per diversificazione merceologica di beni esportati.
L’avanzo commerciale è cresciuto nell’ultimo anno del 61% a quota 54,9 miliardi, grazie al calo delle importazioni e la riduzione del deficit energetico. Questi sono solo alcuni dei numeri delle esportazioni italiane riportati venerdì 21 marzo alla presentazione del Piano d’azione per l’export Italiano del ministero degli Esteri.
Potrebbe sembrare un bollettino di vittorie, ma come è noto la minaccia dei dazi americani sta ponendo una grande ipoteca sul futuro delle nostre esportazioni. Da qui l’accelerazione del nostro governo su iniziative di sostegno alle imprese del made in Italy, con l’obiettivo di arrivare a 700 miliardi di export entro fine legislatura.
Una delle principali strategie indicate riguarda la diversificazione dei mercati. In termini di Paesi ed aree geografiche emergenti ad ampio potenziale di sviluppo ed in ordine di export italiano si tratta di: Turchia, Cina, Emirati Arabi Uniti, Messico, Arabia Saudita, Brasile, India, Sud-Est asiatico (in particolare Thailandia, Vietnam, Indonesia e Filippine); Paesi africani (tra cui Sudafrica e Algeria); Balcani occidentali (in particolare Serbia) e altri mercati dell’America Latina. A questi si aggiungono anche mercati maturi extra-UE: Svizzera, Regno Unito, Giappone e Canada. In molti di questi Paesi, tra l’altro, sono in corso – o sono stati finalizzati a livello tecnico – negoziati per la conclusione o l’ammodernamento di accordi di libero scambio di ampia portata con l’UE.
Il punto di partenza è buono: dati alla mano, i Paesi destinatari di azioni e misure mirate hanno fatto registrare nel 2024 un export dal nostro paese in crescita spesso a doppia cifra. Tra i mercati extra-UE la Turchia con 17,6 miliardi di euro (+23,9% rispetto all’anno precedente), gli Emirati con 7,9 miliardi di euro (+19,4%), il Messico con 6,6 miliardi di euro (+7,4%), il Brasile con 5,8 miliardi di euro (+8,1%) e l’Arabia Saudita con 6,2 miliardi di euro (+27,9%). A livello di aree geografiche e continenti, l’export italiano ha registrato risultati eccellenti in Africa con oltre 20 miliardi di euro, nei Paesi del Sud-Est asiatico con 10,7 miliardi di euro (+10,3%) e verso i Balcani occidentali con 6,5 miliardi di euro (+13,4%).
Se queste sono le rotte più promettenti, è però evidente che il contesto geopolitico è caratterizzato da incertezze e cambiamenti repentini, spesso imprevedibili, che condizionano le transazioni economico- commerciali e quindi anche gli sforzi delle imprese. Sarà necessario un impegno di squadra coordinato della Farnesina con tutti gli attori del sistema Italia, affinché si favorisca il dialogo tra aziende italiane, operatori locali e controparti estere, a sostegno della cooperazione economica e delle opportunità commerciali. Sulla carta sono state anticipate diverse azioni e misure mirate. Per esempio, il presidente di Agenzia Ice, Matteo Zoppas, ha annunciato per il periodo gennaio-settembre 2025 uno stanziamento di quasi 60 milioni di euro e 253 iniziative promozionali nei paesi focus, tra cui l’organizzazione di 118 padiglioni nazionali, 31 accordi con Gdo e E-commerce e 6 nuove missioni imprenditoriali. Settori chiave saranno quelli ad alto valore aggiunto e in grado di essere una forte leva di sviluppo economico come: aerospazio, agroalimentare, biotecnologie, farmaceutica, design, energia, meccanica, automazione, moda, nautica, salute e benessere.
Ma il nostro export potrà cresce solo se potrà essere competitivo: è necessario non solo un supporto alle attività di scouting dei mercati e dell’internazionalizzazione, ma anche un rilancio della produzione, attraverso prima di tutto l’abbattimento del costo dell’energia. Rivedere il proprio piano di export, rafforzare la presenza in mercati in cui l’export è marginale o affrontare nuovi paesi per un’azienda non è come spegnere un interruttore ed accenderne un altro immediatamente dopo: significa rivedere e rimettere sul tavolo la propria strategia aziendale. È indubbio che gli attori del ‘polo dell’export’ ed il supporto che essi possono fornire all’asse imprenditoriale siano fondamentali per permettere la crescita della produzione e dell’export stesso. Condizione necessaria ma non sufficiente, alla luce dell’instabilità politica che si sta determinando a livello globale.