La spirale del guadagno: ecco come Rearm Europe mette definitivamente le ali alle imprese militari in borsa

Appalti congiunti e una corsia privilegiata per le imprese europee. Nel Libro Bianco sulla difesa comune la Commissione indica la strategia per rilanciare la difesa del Vecchio Continente, i cui costi e la cui complessità vanno ben oltre le capacità dei singoli Paesi. Il documento dovrebbe essere presentato il 19 marzo a Bruxelles, ma la bozza è già circolata nelle scorse ore.
Ursula von der Leyen vuole colmare il gap con gli Stati Uniti anche sul fronte militare, a maggior ragione ora che Donald Trump ha reso più incerto il sostegno americano a Ucraina ed Europa. La presidente della Commissione punta sullo strumento degli appalti in comune di armi, da utilizzare almeno nel 35% dei contratti di fornitura finanziati con le risorse del piano di riarmo europeo, per permettere all’Unione europea di giungere alla sua “indipendenza strategica e militare”.
A tal fine, Nel Libro Bianco sulla difesa europea viene suggerito agli Stati membri di considerare l’introduzione della preferenza europea negli appalti pubblici legati alla difesa e invita a istituire una riserva strategica per scopi industriali e un meccanismo di vendita militare dell’U.
Corsia preferenziale per le imprese del Vecchio Continente, quindi, altrimenti acquisti solo da Stati affini o alleati, in ogni caso la regia resterà in mano ai Paesi membri, che decideranno i progetti su cui procedere, con l’aiuto e il coordinamento, tuttavia, degli organi comunitari, come l’Agenzia Europea di Difesa e l’Organizzazione per la Cooperazione nel Campo degli Armamenti. Il tutto dovrebbe essere sostenuto, “ça va sans dire”, dal piano di riarmo europeo, il ReArm Europe, che smuoverà un’ingente quantità di risorse, stimate in 800 miliardi di euro, di cui la maggior parte, circa 650 miliardi, arriveranno dalla flessibilità concessa sul Patto di Stabilità, per quattro anni Bruxelles non conteggerà i maggiori investimenti nella difesa fino all’1,5% del PIL; mentre altri 150 miliardi saranno prestati ai Paesi Ue grazie agli eurobond emessi dalla Commissione stessa, ed è qui che sta la vera svolta visto che si tratta della prima forma di debito comune dopo la pandemia. Gli Stati potranno servirsi anche dei fondi di coesione e un maggior sostegno arriverà dalla Banca Europea per gli Investimenti (Bei).
Il ReArm Europe, le imprese della difesa europea e quella corsa agli armamenti che porta profitto ai gruppi industriali militari
Gli imponenti investimenti destinati al riarmo europeo faranno volare ancor di più i bilanci delle maggiori industrie militari europee, che ad oggi, sono ancor lontani dai cugini Statunitensi a causa di un volume medio di affari e di commesse pari a poco più di un terzo di quella degli statunitensi. Ad oggi, infatti, le imprese che fanno più profitto in Europa sono la britannica Bae Systems con un volume di affari pari a 25,8 miliardi di euro, seguita dal consorzio Airbus con 11,8 miliardi, dall’italiana Leonardo 11,5 miliardi, dalla francese Thales 10,1 miliardi e dalla tedesca Rheinmetall 5,1 miliardi. Tutti questi gruppi militari sono ben distanti dai grandi gruppi militari Statunitensi che governano la classifica mondiale dei produttori di armamenti.
Sebbene le industrie europee segnino un +128,1%, rispetto al periodo antecedente il 2022, sui rendimenti delle proprie azioni, tuttavia, i gruppi industriali statunitensi mantengono il primato sui dividendi, perché nel 2023 il livello di payout ratio, 62,1%, è stato più elevato di quello degli europei, 40,8%.
Con l’innesto dei complessivi 800 miliardi del ReArm Europe c’è da aspettarsi, quindi, che i gruppi industrial-militari europei consolidino ancor di più i propri andamenti azionari facendo felici i propri azionisti. Sebbene sia ormai chiaro come, indipendentemente dalla fine del conflitto in Ucraina, l’Europa è pronta ad investire massicciamente nel settore degli armamenti per dar vita alla propria autonomia strategica, questo riarmo europeo non può che fare felici, in primis, i grandi gruppi industriali europei. Il vertice a Londra avvenuto tra i leader europei, allargato a Canada e Turchia, a seguito dello scontro tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il suo omologo Volodymyr Zelenskyy, ha scatenato la “tempesta perfetta” facendo scattare l’allarme sulla vulnerabilità militare europea rafforzando la percezione che, senza l’eventuale protezione militare degli Stati Uniti, sia necessario investire ora nelle industrie militari europee.
L’aspettativa di un’Europa strategicamente indipendente dagli Stati Uniti d’America in grado di produrre propri armamenti e rafforzare una propria industria di difesa europea ha fatto volare i titoli dei gruppi militari in borsa. Un esempio per tutti è quello della tedesca Rheinmetall, in rialzo del 9,3% da gennaio, salendo del 1012% dall’inizio del conflitto in Ucraina tre anni fa. Fa seguito Leonardo che a Piazza Affari ha dovuto rimandare l’apertura per eccesso di rialzo per poi toccare un nuovo massimo a 45,7 euro e chiudere la seduta in rialzo del 16,13% rispetto le sue quotazioni di inizio anno e segnando anch’essa un guadagno del 373% dall’Inizio del conflitto ucraino.
All’Unione, tuttavia, non basterà alzare gli investimenti in armamenti tramite il ReArm Europe. Per gli analisti, infatti, le società europee del settore dovranno consolidarsi per aumentare le proprie dimensioni mettendo in comune Know How tecnologico e finanziario per competere così con i colossi americani. Alleanze e fusioni permetterebbero di condividere le tecnologie e di migliorare l’efficienza nella produzione riducendo i costi. Insieme i grandi gruppi militari europei potrebbero altresì colmare un altro gap, quello negli investimenti per la ricerca militare, che in Europa attualmente è un decimo, pari a 10,7 miliardi di euro, rispetto a quegli degli Usa,130 miliardi di euro. Anche in questo caso il tempo stringe e nei prossimi anni i player europei potranno o continuare a farsi concorrenza tra loro sul mercato europeo, oppure unirsi per puntare al più ricco mercato mondiale.
Insomma, il progetto di un esercito comune europeo con il ReArm Europe, che potrebbe sottendere a un più ampio processo politico europeo, passerà necessariamente per la creazione di un polo industriale paneuropeo che dovrebbe coinvolgere tutte le più importanti imprese militari europee in un risiko che tuttavia sembrerebbe non tener conto dei cittadini europei, che sentono sulla loro pelle la corsa al riarmo ma non anche i suoi benefici economici, a sei zeri alle volte, con la paura che il gioco ad armarsi di più possa condurre a un conflitto aperto con i “nemici dell’Europa”, anche perché dopo la vendita di un carro armato, di un fucile o di un elicottero europeo “ça va sans dire” dovrà esserci necessariamente sia un qualcuno che li utilizzerà sia un qualcuno che dovrà essere colpito.