Esg: meno regole, stessi obiettivi

Nel pacchetto “omnibus” annunciato dalla Ue ridotti gli obblighi e i costi di compliance
Non si può perseguire la sostenibilità se le formalità richieste rischiano di diventare esse stesse insostenibili. Per quanto ovvia, questa considerazione ha faticato a farsi prevalente nel contesto iper-regolamentato della Ue dove, negli ultimi anni, il buon proposito di uno sviluppo più sostenibile, equo, armonioso e duraturo aveva portato a una sbornia di adempimenti, con costi di compliance elevati, soprattutto per le imprese non multinazionali. Da questa settimana, invece, si può affermare che è scattata la fase della semplificazione, che non segna una vera e propria deregolamentazione, ma una più che ragionevole mitigazione degli obblighi per perseguire le medesime finalità.
Il piano “omnibus” licenziato mercoledì 26 febbraio da Bruxelles riguarda diversi ambiti legislativi: la
rendicontazione finanziaria sostenibile, la “due diligence” sulla sostenibilità, la tassonomia, ossia l’insieme
delle definizioni che determinano il carattere sostenibile o meno di un’attività, per finire con il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere e i programmi di investimento europei.
Obiettivo
Obiettivo: ridurre i requisiti per tutte le aziende, in particolare le pmi e le società a media capitalizzazione, consentendo comunque loro di accedere a finanziamenti agevolati per la transizione pulita. Chiesta e attesa da importanti settori industriali e dalla generalità dei governi europei, da questa operazione di semplificazione ci si aspetta molto in termini di reazione positiva del business. Il risparmio complessivo stimato sui costi amministrativi è di 6,3 miliardi di euro, ma a questi si aggiunge la previsione che tale operazione possa mobilitare una capacità di investimento pubblico e privato aggiuntiva di 50 miliardi di euro.
In dettaglio, viene posticipata l’applicazione di tutti gli obblighi di rendicontazione nella Csrd per le aziende che devono presentare la rendicontazione nel 2026 e nel 2027 e di un anno la scadenza per il recepimento e la prima applicazione della Csdd al 2028. Le pmi saranno salvaguardate dalle eccessive richieste di informazioni sulla sostenibilità che ricevono quando sono incluse nelle catene del valore di aziende più grandi o da istituzioni finanziarie, come le banche, che rientrano nell’ambito di applicazione delle due direttive.
Le aziende
Le aziende fino a mille dipendenti e fino a un fatturato di 50 milioni saranno escluse dall’ambito di
applicazione della Csrd. Ciò significa che il numero di imprese coinvolte negli obblighi sarà ridotto di circa
l’80%. Ma anche per le imprese tenute all’obbligo la Commissione adotterà standard di rendicontazione
della sostenibilità semplificati. Le disposizioni proposte nella normativa sulla rendicontazione creano anche una deroga per le aziende con più di 1.000 dipendenti e un fatturato inferiore a 450 milioni di euro
rendendo volontaria la segnalazione della tassonomia.
Gli obblighi di “due diligence” semplificati, secondo la Commissione, andranno a vantaggio sia delle grandi aziende che rientrano nell’ambito della Csddd (si stima che siano circa 6.000 le imprese in ambito Ue) sia dei loro partner della catena del valore, tra cui Pmi e piccole aziende a media capitalizzazione.
Anche per quanto riguarda la tassonomia vengono semplificati i modelli di rendicontazione, portando a
una riduzione delle informazioni richieste stimata intorno al 70 per cento.
Ci sarà una soglia di materialità (si definiscono così le informazioni su rischi e opportunità dell’azienda) per rendere non obbligatoria la divulgazione dell’allineamento per le aziende con meno del 10% di attività ammissibili; si introduce la possibilità di segnalare una divulgazione solo parziale per promuovere la finanza di transizione; si semplifica e si rende più utile il Green Asset Ratio utilizzato dalle banche; si riduce la portata della rendicontazione obbligatoria sulle spese operative e si semplificano alcuni criteri per la rendicontazione sull’impatto climatico.
Piccoli importatori
Ancora, per il meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (Cbam) l’operazione di semplificazione prevede l’esenzione dagli obblighi dei piccoli importatori (principalmente pmi e privati). Si
tratta di importatori che importano piccole quantità di beni, che rappresentano quantità molto piccole di emissioni incorporate che entrano nell’Unione da paesi terzi. E’ prevista una nuova soglia annuale cumulativa Cbam di 50 tonnellate per importatore, che elimina così gli obblighi Cbam per circa 182.000
importatori, principalmente pmi, pari al 90% del totale degli importatori, ‘pur coprendo oltre il 99% delle
emissioni in ambito’, secondo Bruxelles.
Risultano semplificate le regole per le aziende che rimangono nell’ambito del Cbam sull’autorizzazione dei dichiaranti e sugli obblighi relativi, inclusi il calcolo delle emissioni incorporate e i requisiti di segnalazione. Si prevede infine la futura estensione del Cbam ad altri settori del sistema di scambio delle quote di emissione, attraverso una nuova proposta legislativa che dovrebbe vedere la luce all’inizio del 2026. A valle delle decisioni annunciate, sarà ora decisivo verificare l’impatto delle scelte compiute sui percorsi di sostenibilità in corso, per assicurarsi che la semplificazione segni realmente un passo avanti verso gli obiettivi indicati e non produca, al contrario, un pericoloso effetto boomerang.