COP29. Una strada obbligata
Finanza climatica e taglio delle emissioni: perché la conferenza ONU a Baku non può fallire
Mentre è in corso a Baku in Azerbaijan la Cop29, la Conferenza Onu sul clima in programma dall’11 al 22 novembre, il nostro pianeta sta vivendo un periodo particolarmente difficile, caratterizzato da incertezze economiche, aumento delle disuguaglianze, democrazie in difficoltà, crisi climatica, pandemie.
È di una settimana fa il dramma che ha colpito la regione di Valencia, in Spagna ma, senza un’accelerazione dell’impegno ad adottare un’ambiziosa politica climatica a livello globale, purtroppo le immagini di Valencia si ripeteranno senza fine in altri paesi. E l’Europa è il continente che sta pagando il prezzo più alto in termini di danni e vittime, in quanto come attesta lo studio Copernicus (il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, dedicato a monitorare il nostro pianeta ed il suo ambiente) il vecchio continente si sta riscaldando quasi due volte più velocemente rispetto al resto del mondo, con un aumento delle temperature pari a circa il doppio della media globale.
L’Europa deve mettere in campo una forte leadership globale sia per costruire un ponte tra Paesi industrializzati, emergenti ed in via di sviluppo cruciale per raggiungere un accordo sulla finanza climatica post-2025, sia per adottare una severa politica climatica in grado di ridurre le emissioni di almeno il 65% entro il 2030 e dell’82% per il 2035 in modo da poter raggiungere la neutralità climatica già entro il 2040. E lo deve fare già oggi, in un anno che sempre il rapporto Copernicus attesta essere il più caldo di sempre, durante il quale stiamo già superando la soglia prevista di 1,5°C.
A Baku tutti i paesi dovrebbero arrivare a condividere un accordo di finanza climatica, che garantisca risorse finanziarie ai Paesi poveri, dove l’Europa giochi un ruolo centrale attraverso una leadership forte e globale in grado di costruire un ponte tra Paesi industrializzati, emergenti ed in via di sviluppo. Solo così sarà possibile rassicurare i paesi più arretrati e vulnerabili, che finalmente avranno a disposizione le necessarie risorse finanziarie per decarbonizzare le loro economie e rispondere con mezzi adeguati ai sempre più frequenti e devastanti disastri climatici.
Tra gli aspetti su cui la crisi climatica ha palesi risvolti, vi è anche quello della salute delle persone, oltre che del pianeta. Secondo un rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) pubblicato a luglio scorso, i cambiamenti climatici stanno avendo un impatto disastroso su inondazioni e siccità, riducendo la qualità dell’acqua con conseguente minaccia per la nostra salute ed aumento dei decessi, lesioni, epidemie di malattie infettive e conseguenze sulla salute mentale. Per quanto concerne il nostro paese, secondo i dati che emergono da una ricerca realizzata da Ipsos per Amref Italia, condotta in vista di Cop29, l’87% degli italiani ritiene che il cambiamento climatico rappresenti una grave minaccia per il mondo intero, soprattutto per la salute globale degli individui (preoccupazione che sale addirittura al 92% tra la generazione Z, quella dei nati dal tra il 1997 e il 2012 e sicuramente più sensibilizzati verso questo tema).
Gli effetti del cambiamento climatico rappresentano, insieme a malattie croniche e crisi economica, le principali minacce per la salute delle persone: salute e ambiente sono due sfere interconnesse quando si parla di tutela del cittadino. A confermarlo, se ce ne fosse bisogno, OMS secondo la quale tra il 2030 e il 2050 il cambiamento climatico causerà circa 250.000 morti in più all’anno, per denutrizione, malaria, diarrea e stress da calore. L’aumento delle ondate di calore e l’innalzamento delle temperature, l’aumento della siccità e la diminuzione della disponibilità di acqua, la diminuzione della disponibilità di cibo dovuta agli impatti del clima sull’agricoltura e l’aumento delle alluvioni sono tra le principali manifestazioni del cambiamento climatico ad avere le peggiori conseguenze sulla salute dell’ambiente, dell’uomo e della fauna.
È evidente che le sfide e le minacce del nostro secolo richiedono nuovi approcci e strategie di intervento innovative, che integrino diversi aspetti: salute umana, salute ambientale e salute animale. Nessuna disciplina scientifica e nessun paese dispone delle conoscenze e delle risorse sufficienti per affrontare singolarmente le problematiche emergenti della salute. Sono necessari quindi un investimento e uno sforzo collettivo per sviluppare conoscenze e competenze, un approccio collaborativo tra diverse discipline professionali, per raggiungere una condizione di benessere ottimale e integrato di persone, animali e ambiente.