Aprire la strada a interventi strutturali

Dall’analisi della manovra finanziaria del Governo Meloni appare fin troppo chiaro che la situazione congiunturale e i tempi stretti per l’approvazione non possono permettere interventi strutturali sulla fiscalità.
Ma proprio per questo dobbiamo coltivare le migliori aspettative circa i provvedimenti da adottare nei prossimi quattro anni di legislatura. Le interviste al viceministro dell’Economia con delega alle Finanze fanno ritenere che tutto può ripartire con l’attuazione della delega fiscale, che avrebbe il pregio non solo di affrontare una vera riforma tributaria dopo almeno 40 anni di confusione di norme stratificatesi nel tempo, ma anche di dare stabilità e chiarezza a tutto il sistema tributario.
L’impegno dovrà essere profondo e a tutto campo soprattutto per indirizzare la fiscalità di vantaggio a favore delle imprese che assumono e formano imprenditori. La base di partenza secondo cui tutte le aziende, industriali, bancarie, assicurative e dei trasporti dovrebbero poter contare sull’abbattimento del cuneo fiscale non sarà sufficiente a perseguire vantaggi competitivi se non si agirà anche sulle misure di sviluppo da agganciare proprio alla riforma fiscale.
La delega sdoganata dal Governo Draghi che andrebbe sicuramente ripresa ha avuto il pregio di aver identificato nella produzione di Testi unici un coordinamento delle norme tributarie che andrebbe assolutamente perseguito. È proprio dai Testi unici che si potrà partire per inserire, in modo anche chirurgico, interventi strutturali per lo sviluppo e la competitività delle nostre imprese e per aumentare la capacità di spesa dei cittadini attraverso modifiche alla progressività dell’Irpef.
Misure come patent box, credito d’imposta su ricerca e sviluppo, detrazioni e deduzioni fiscali su investimenti in start up e Pmi innovative dovrebbero essere coordinate con chi ha la capacità di finanziare l’imprenditoria nostrana, soprattutto con riferimento alle nuove generazioni. A tal fine un’ipotesi come la detassazione totale per le società che reinvestono gli utili nel processo produttivo dovrebbe essere non solo fatta propria nella riforma fiscale, ma essere allargata anche agli investimenti in equity verso start up e società innovative “adottate” da aziende consolidate, anche quotate.
A tal fine l’attenzione dovrebbe essere rivolta a una strutturazione adeguata anche dei piani PIR che, se ben guidati e organizzati, potrebbero generare quel percorso virtuoso che va dal risparmio fino all’investimento in ricerca e sviluppo.