L’acqua si pianta: intervista a Francesca Della Giovampaola, Bosco di Ogigia

Il Bosco di Ogigia è un terreno di 2500 metri che si trova a Montepulciano, in Provincia di Siena.
I proprietari sono due giornalisti professionisti, Francesca Della Giovampaola e Filippo Bellantoni, i quali fondano nel 2013 l’omonimo progetto editoriale di comunicazione su pratiche agricole sostenibili: lo stesso ad oggi conta 141k iscritti al canale YouTube e 27 milioni di visualizzazioni totali.
Questo luogo, fisico, virtuale e virtuoso, rappresenta una delle principali realtà editoriali italiane a concentrarsi su temi quali la permacultura, l’agricoltura naturale, la sostenibilità e l’autosufficienza, la cura della terra e del frutteto.

Buongiorno Francesca, come si struttura il vostro progetto?
Il Bosco di Ogigia è un progetto di comunicazione a cui lavoriamo io e Filippo che si muove su molti canali – il principale è YouTube.
Il mezzo video ci ha dato notorietà e nel tempo ha fatto crescere il nostro pubblico, col quale portiamo avanti tematiche legate all’ambiente e alla permacultura.
Sui canali social diamo consigli pratici soprattutto per quel che riguarda la gestione di uno spazio di produzione agricolo anche piccolo, come un orto, un frutteto, una food forest; suggerimenti pratici su ciò che è bene fare per produrre autonomamente il cibo.
Quindi approfondiamo i danni operati dall’agricoltura quando questa non segua pratiche rispettose, andando a innescare molte delle difficoltà che stiamo vivendo oggi.

Cosa sono la permacultura e l’agricoltura sintropica?
La permacultura ci insegna a costruire insediamenti umani sostenibili.
Si tratta di un metodo di progettazione che si applica, oltre che all’attività agricola, anche all’abitazione e alle relazioni umane: è un’integrazione di ciò che serve all’uomo per vivere.
Tutte le nostre attività hanno un impatto sull’ambiente: i principi della permacultura permettono di gestire la quotidianità integrando i processi e risparmiando tantissima energia.
Queste pratiche contribuiscono alla salvaguardia del pianeta poiché ci indicano la strada verso un’economia più giusta.
L’agricoltura sintropica rientra nel campo delle tecniche; un’altra tecnica è quella ad esempio dell’orto sinergico.
L’agricoltura sintropica si può applicare anche nel piccolo, ma si presta molto a situazioni su grande scala, in particolare viene utilizzata per riforestare situazioni devastate.
Si tratta di una tecnica che permette la rigenerazione del suolo, la restituzione di fertilità, la ricreazione di foreste, il tutto usando meno risorse possibili, sfruttando i processi naturali della terra; le risorse infatti arrivano dalle piante, le quali riportano fertilità dov’è stata annientata.
Addirittura, con il sintropico è possibile reintrodurre il verde in zone ormai semidesertiche, un tempo foreste, evitando metodi energivori che richiedono ad esempio molta acqua. Un caso clamoroso è il Brasile, dove si riscontrano situazioni di suoli completamente degradati che riprendono vita grazie a questa tecnica, impiegando le sole forze della natura.
Sto attualmente sperimentando questa tecnica ed è stupefacente osservare come attraverso le piante si creino le condizioni affinché il suolo trattenga l’acqua: grazie all’umidità, infatti, nel microcosmo del suolo si riattiva il ciclo vitale.
Se ricresce una foresta riprendono tutti i processi che riguardano il ciclo dell’acqua: si ha più pioggia e ritornano le sorgenti dato che, tempo permettendo, si avrà maggiore infiltrazione d’acqua verso le falde; e così via.

Il nostro suolo si sta impermeabilizzando?
In effetti, affinché l’acqua possa infiltrarsi, il suolo deve essere coperto da sufficiente vegetazione, altrimenti le particelle del terreno con la pioggia si dispongono in modo da creare una superficie impermeabile.
Se l’acqua scorre velocemente porta via con sé i nutrienti: l’acqua fangosa del suolo è preziosa e ne perdiamo tanta che va a finire nel mare.
Purtroppo quando manca il tempo per l’infiltrazione si ottiene il fenomeno dell’erosione. Questa è una spirale negativa che porta gradualmente verso la roccia madre.
Nel video realizzato per il progetto #Terraterra, si suggerisce di evitare taglio di vegetazione in prossimità dei fiumi. Come mai?
Il video che stai citando è stato realizzato appunto per il progetto #TerraTerra, il quale nasce dalla collaborazione di YouTube col Parlamento Europeo; noi siamo stati contattati per partecipare all’iniziativa insieme ad altri YouTuber che si occupano di temi affini.
All’interno del video portiamo come esempio il torrente del Mulinaccio, ideale perché all’interno del torrente, tutt’ora attivo, scorre acqua trasparente e cristallina – cosa sempre più rara.
In questo caso, una sponda del torrente è proprietà del contadino che abbiamo intervistato, dunque viene preservata e protetta da lui; nell’altra invece sono stati operati tagli che devastano il terreno.
Un solo argine protetto potrebbe farcela a tenere la situazione sotto controllo, ma se si va a tagliare la vegetazione tipica delle rive come i canneti, e tutti gli alberi che godono delle radici vicino all’acqua, si va inevitabilmente a creare terra nuda che viene dilavata via dall’acqua del torrente, finendo per impoverirsi.
Quindi deforestare lungo le rive dei fiumi, dei torrenti, è ancora più grave.

La tua opera “La cura della terra”, edita da Mondadori, è bestseller nella categoria giardinaggio. Quale messaggio viene comunicato attraverso il tuo libro?
Il libro è completamente dedicato alla terra. Mi piace dare informazioni pratiche a chi coltiva l’orto, ma in generale la volontà è quella di far capire alle persone quanto complessa e preziosa sia la terra – intesa come suolo che utilizziamo per coltivare, camminare, oppure per costruirci sopra.
Ho voluto riportare l’attenzione su qualcosa che noi guardiamo distrattamente perché non siamo più legati al ciclo di produzione del cibo e perché abbiamo tutto comodo. Invece questa pellicola di suolo è fondamentale per la nostra vita e per tutti i processi naturali.
Ci muoviamo in macchina su strade asfaltate, passeggiamo sui pavimenti, sui marciapiedi: nella vita di tutti giorni per moltissime persone ci sono poche occasioni di toccare il suolo.
Durante la trasmissione Geo su Rai3 parlavi del fatto che le parole “Humus” e “Uomo” hanno la stessa radice. Ci puoi dire di più?
Il legame semantico tra “Uomo” e “Humus” ci indica perfettamente in che grado deriviamo da questo elemento.
Tutto ciò che ci consente di vivere parte da lì: questa dipendenza ovviamente non riguarda solo gli uomini ma tutto il mondo vegetale e animale.
Sulla crosta terrestre lentamente si sono create le condizioni affinché, oltre ai microorganismi, anche le forme di vita più grandi e complesse potessero avere una possibilità.
La Bibbia cristiana ci dice che l’uomo è stato plasmato dal fango. Questo filo rosso con le religioni e le tradizioni ci regala la consapevolezza – che l’uomo aveva – di quanto sia importante il suolo per tutti.
Se perdiamo questo patrimonio – e già lo stiamo impoverendo tantissimo – perdiamo la possibilità di coltivare il nostro cibo e di godere di condizioni ambientali vivibili che si sono presentate grazie a questo mantello di terra e vegetazione.
Prendiamocene cura, questo è il nostro patrimonio più grande, non ce n’è uno più importante. La vera ricchezza è la terra fertile, non la terra semplicemente come estensione.

Come comunicare questo messaggio ai più giovani?
Molti giovani sono distaccati da questi temi perché conducono una vita legata al mondo digitale; ci sono dei giochi virtuali che insegnano a curare un orto, una fattoria, però tanti di loro non vi hanno mai messo le mani concretamente.
Tanti invece questo bisogno lo sentono a prescindere da quello che la società propone loro.
Durante i corsi di permacultura mi capita di incontrare tanti ragazzi che mostrano questo tipo di sensibilità.
Penso che nel far riavvicinare le persone alla terra un ruolo importante ce l’abbiano le istituzioni educative.
È fondamentale promuovere le iniziative di laboratori di orti negli asili, nelle scuole materne, elementari. Curare un orto anche solo un’ora a settimana a scuola contribuisce a eliminare il senso di diffidenza nei confronti della terra.
Un’altra iniziativa bellissima, ma che mostra numeri ancora troppo piccoli, sono gli asili nel bosco, nei quali la quasi totalità delle ore di lezione si svolgono fuori, all’esterno, sperimentando.
Bisogna riconoscere che spesso siamo noi adulti a non volere che i bambini si sporchino con la terra; a volte il bambino arriva a scuola con la paura di macchiare il vestito perché sa che poi la mamma si arrabbia. Quindi finisce che non la tocca proprio, non l’ha mai toccata e la vede come qualcosa di sporco.
Credo che permettere al bambino di fare questo tipo di esperienza, fargli toccare la terra, fare passeggiate e aiutarlo a non averne paura anche nella sua complessità, sia un regalo grandissimo.
Fino a una certa età questo avviene in maniera molto naturale; quindi, più occasioni ci sono e meglio è.
Ovviamente, ciò che può fare la scuola ben venga, ciò che non può fare la scuola si può fare nell’orario extrascolastico.
Il contatto con la natura fa crescere i bimbi in modo sano e sereno. Coloro che in classe hanno difficoltà a rimanere attenti, spesso in un ambiente esterno riescono a focalizzarsi, a giocare liberamente; si tratta di una condizione naturale che ogni bambino sente.

Qual è stato l’impulso che ti ha spinto a cambiare vita?
Io ho avuto la fortuna di nascere in un piccolo paese, a contatto con i miei nonni i quali coltivavano la terra, avevano gli animali. Questo imprinting l’ho interiorizzato presto, per questo in città sentivo la mancanza e il desiderio della campagna.
Quando vivevo a Roma tornavo spesso il fine settimana per una passeggiata nei luoghi a me cari. Poi ho deciso che non avrei più voluto andare lontano per trovare il verde, bensì che il verde sarebbe stata la mia casa. Da allora l’unione e lo scambio con la natura è diventato ancora più forte.
Quindi siamo riusciti a trovare questo pezzetto di terra vicino casa dei miei genitori, il Bosco di Ogigia, che cerchiamo di gestire nel modo più etico e sano possibile, dando spazio a un microcosmo nel quale la biodiversità e l’abbondanza la fanno da padrone.
Io poi adoro le erbe spontanee quindi se già imparo a riconoscere quelle che nascono nel mio orto sono contenta. Non servono grandi estensioni, abbiamo da imparare tutto e quindi basta un piccolo pezzo, anche solo concentrandosi lì si impara tanto: ecco, dalla terra si impara tanto.

Come gestite i vostri corsi?
I corsi sono prevalentemente online, anche se è meraviglioso incontrare persone dal vivo.
Lo sto sperimentando con le presentazioni del mio libro: la semplice possibilità di uno scambio andando in giro nasconde l’inaspettato che ti arricchisce.
Tuttavia, i corsi online sono molto graditi dalle persone perché possono fruirne a qualsiasi orario, senza doversi muovere ed è vantaggioso per chi deve gestirsi fra vari impegni.
Ogni anno cerchiamo di realizzare qualcosa nuovo poiché notiamo che tanti dopo aver acquistato un corso, poi prendono tutta la serie: siamo incoraggiati da una bellissima risposta di pubblico.
Link al blog: www.boscodiogigia.it
Link al libro “La cura della terra” di Francesca Della Giovampaola
Link al canale YouTube del Bosco di Ogigia
Link al video “5 soluzioni per siccità e alluvioni. L’acqua si pianta” realizzato dal Bosco di Ogigia nell’ambito del progetto #TerraTerra nato in collaborazione con YouTube e il Parlamento Europeo
Link all’intervista a Francesca Della Giovampaola – Geo, Rai3