Giubileo: la rassegna “I cieli aperti” porta a Roma il Cristo di Dalì

La chiesa di San Marcello al Corso ospita, dal 13 maggio, la mostra “Il Cristo di Dalì a Roma”, la terza esposizione della rassegna artistica “I cieli aperti”, inserita nel percorso culturale verso il Giubileo 2025.
Il celebre dipinto dell’artista spagnolo intitolato “Cristo di San Giovanni della Croce” (detto “Il Cristo di Port lligat”, 1951, olio su tela, cm 204,8 x 115,9, Kelvingrove Art Gallery and Museum, Glasgow) verrà straordinariamente esposto per la prima volta accanto a un oggetto a esso strettamente legato, da cui Dalì prese ispirazione per il suo capolavoro. Si tratta del “disegno-reliquia del Cristo Crocifisso” (inchiostro su carta, mm 57 x 47, 1542-1591) realizzato dallo stesso san Giovanni della Croce, che secondo la tradizione avrebbe disegnato lo schizzo dopo una rivelazione mistica. L’opera è conservata nel reliquario del santo al Monasterio de la Encarnación di Ávila. Le due opere non sono mai state esposte l’una accanto all’altra.
Nel dipinto del 1951 di Dalì ritroviamo l’inconfondibile paesaggio di Port Lligat in basso. Con le sue acque cristalline e tre personaggi, di cui uno sembra essere Velasquez, probabilmente quello centrale, che guarda lo spettatore come il pittore spagnolo guarda nel celebre quadro “Las meninas”. Il dipinto è impressionante oltre che per le sue dimensioni per la sua carica mistica che porta con sé. Il buio intenso evoca le tenebre che caddero su Gerusalemme durante il massacro. Il mare nonostante sia quello del luogo più caro a Salvador Dalì, diventano le acque del mare di Galilea in cui iniziarono le vicende apostoliche della vita di Cristo. Il crocifisso è un triangolo equilatero. L’intersezione della verticale passante per il punto di osservazione con la sfera celeste; è l’antipode del nadir ed è così rappresentato dallo Zenith. In questo modo il volto del Cristo è assolutamente ignoto allo spettatore. Non abbiamo neppure la consapevolezza osservandolo se egli è ancora in vita o sia morto.
Salvador Dalì scriverà che il suo dipinto sacro , è il più bello di tutti, nota è la poca modestia del pittore. Scriverà anche che il suo Cristo è bello come deve essere bello il figlio di un Dio. Sulla croce non c’è incisa l’inscrizione “INRI” . Iniziali dell’iscrizione Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum «Gesù Nazareno Re dei Giudei», che, secondo i Vangeli, fu fatta mettere da Pilato, per dispregio, non vi sono chiodi, corone di spine e tracce di sangue, di dolore o sofferenza. La sua bellezza metafisica è impressionante. Non è inchiodato a questa croce ma solo sospeso. La sua potenza è senza pari, un esplosione atomica spezzata che genera energia. Uno spettacolo tanto sacro quanto laico .
L’esposizione del dipinto “Cristo di San Giovanni della Croce” segna il terzo appuntamento d’arte e fede della rassegna “Il Giubileo è cultura”, dopo “El Greco a Roma”, in mostra tra settembre e ottobre 2023 a Sant’Agnese in Agone, che con i suoi oltre 288.000 visitatori in un solo mese ha riscosso un enorme successo, e la Mostra “100 Presepi in Vaticano”, tra dicembre 2023 e gennaio 2024.
«Il Cielo, ecco quello che la mia anima ebbra d’assoluto ha cercato durante tutta una vita che a certuni è potuta sembrare confusa e, per dirla tutta, profumata dello zolfo del demonio. […] Il Cielo non si trova né in alto, né in basso, né a destra, né a sinistra, il Cielo è esattamente al centro del petto dell’uomo che possiede la fede. P.S. In questo momento non possiedo la fede e temo di morire senza Cielo».
Salvador Dalì.