La ribellione della ragione, Goya a Palazzo Reale di Milano

Un antesignano dell’illuminismo nell’arte, ma allo stesso tempo pittore emotivo e attento ai temi sociali: è questo Francisco José de Goya y Lucientes, un artista ancora oggi di assoluta attualità a cui Palazzo Reale di Milano dedica un’ampia mostra aperta fino al 3 marzo 2024.
L’artista spagnolo, vissuto a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo ha contribuito con la propria opera ad un cambio di paradigma mentale nell’arte spagnola della sua epoca: muove i primi passi a servigio della monarchia spagnola, dipingendo opere accademiche e legate ai temi tradizionali cari alla committenza, ma ben presto sviluppa uno sguardo personale verso soggetti intimi così come verso temi sociali.
Il suo approccio alla pittura, non meccanico o improvvisato, partiva dalla ragione, da una lucida interpretazione etica e morale della società spagnola del tempo. Notevole fu il suo contributo di critica al potere politico e religioso attraverso la satira sociale e la rappresentazione della crudeltà della guerra, che portava sofferenza umana prima ancora che glorie militari; spiazzante per il tempo in cui visse, infine, fu il sentimento di pietas verso gli emarginati, i poveri, i malati mentali, che Goya faceva trasparire dai suoi quadri.
Al genio spagnolo Palazzo Reale a Milano dedica, a partire dal 31 ottobre, la mostra “Goya. La ribellione della ragione”. Il progetto, promosso dal Comune di Milano-Cultura e prodotto da Palazzo Reale e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, a Madrid e con il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia, dell’Ente del Turismo Spagnolo e dell’Istituto Cervantes di Milano, racconta attraverso dipinti, incisioni e matrici in rame il mondo di Goya, la sua esperienza della Storia, la sua attitudine di artista, il suo pensiero e la sua ideologia, e propone al visitatore le opere che meglio descrivono l’evoluzione artistica e i temi da lui trattati, raccontando però anche l’uomo e contemporaneamente l’instabile quanto cruento contesto storico e sociale che plasmò in maniera così unica il suo animo artistico e il suo pensiero intellettuale. La mostra va però oltre, nel suo concept inusuale: attraverso una settantina di opere – tutte provenienti da prestiti internazionali – propone al visitatore i dipinti in dialogo con alcune delle più importanti incisioni che resero Goya maestro assoluto di quest’arte, affiancate dalle loro originali matrici di rame.
La mostra è percorsa da un fil rouge che corre trasversale alla generale visione cronologica delle sezioni: è il fil rouge dell’Uomo Goya e della profondità del suo animo di illuminato, della sua ‘ragione’, che trasforma la pittura in un linguaggio rivoluzionario, in grado di rompere con le regole e l’imitazione dei modelli. Goya rappresenta, quindi, i due opposti dell’uso della ragione: la totale mancanza di essa o l’eccessiva razionalità, dimostrando come in entrambe le posizioni il risultato sia dannoso per l’essere umano. ”Il sonno della ragione genera mostri” recita il titolo di un’acquaforte e acquatinta realizzata nel 1797 dal pittore spagnolo e facente parte di una serie di ottanta incisioni chiamata Los caprichos: l’autore che sogna vuole bandire volgarità dannose e portare avanti una solida testimonianza della verità; con il proprio carattere immaginario il sogno è anche un escamotage che consente all’artista di proteggersi dai rischi impliciti delle sue denunce sociali e morali.
Goya è il primo artista le cui opere sono frutto di esperienze, di sentimenti personali, di passioni e sofferenze, nonché della sua visione del mondo che lo circonda. È uno dei primi artisti a identificarsi con la vita. Da qui, la sua ossessione di spogliarsi dei vincoli della committenza per poter dipingere liberamente. Ecco perché non è possibile comprendere la sua pittura senza conoscere la sua vita, né la sua vita se non attraverso la sua pittura, in uno stile che continua a evolvere fino alla morte.
Dalla pittura convenzionale delle prime opere fino alla fase finale della sua vita, durante la quale Goya distrugge la sua pittura per crearne una nuova, radicale e rivoluzionaria, si nota la progressiva conquista della libertà espressiva. Diversamente da quanto si è spesso ripetuto, Goya non fu un pittore spontaneo, amante dell’improvvisazione, al contrario, come uomo e come artista, si rivelò un razionalista. Razionalismo che trova espressione nella critica rivolta alla situazione sociale, politica e morale. “Il razionalismo – scrive il curatore Víctor Nieto Alcaide – non va confuso con l’ordine, il disegno e l’accademismo. Il razionalismo di Goya è ideologico ed egli lo proietta nelle sue opere utilizzando l’espressione come modalità che collega, da un lato, la critica sociale attraverso le tematiche e, dall’altro, la critica della pittura stessa, dissolvendo le forme convenzionali del bello. In Goya, l’ideale di bellezza viene trasformato nel valore plastico dell’espressione.”
Si dice che la pittura di Goya trasmigri dalla luce al buio, da una pittura luminosa dei primi tempi alla pittura della vecchiaia dai toni cupi, neri, i toni del suo corpo e del suo animo malato e disilluso dalla Rivoluzione francese, da una società becera che ritrae così satiricamente nei suoi Caprichos, dai disastri e dalla brutture che la guerra segna sui corpi e nelle menti dei più deboli e degli emarginati sociali.
Sebbene non manchino temi di costume, infatti, il maggior peso politico e ideologico di cui Goya carica le proprie incisioni è incentrato sulla critica alla guerra e sull’irrazionale volo libero dell’immaginario. Costituiscono una critica, una ‘ribellione della ragione’ di fronte alla mancanza della ragione stessa nella barbarie bellica. Sono una testimonianza di angoscia, di rifiuto, ma allo stesso tempo un richiamo al ritorno dell’ordine della ragione, a riconferma dell’indiscussa modernità di Goya.