La Cueva de Las Manos

“Ancora una volta è la figura primordiale della mano, che, come per il primo strumento universale,
indica all’uomo la via.” (Roberti Rudolf Schmidt)
Ci troviamo a sud della cittadina di Perito Moreno, in provincia di Santa Cruz, tra i confini del
Parco Nazionale Perito Moreno, all’interno del quale è possibile visitare e ammirare la celebre e
suggestiva Cueva De Las Manos (Caverna delle mani), inclusa, dal 1999, nella lista Unesco dei
Patrimoni dell’Umanità.
“L’arte rupestre, il suo ambiente naturale e i siti archeologici di questa regione, sono alcuni dei
motivi che hanno reso quest’area un centro di ricerca archeologica per più di 25 anni. Colpiscono
non solo per le profonde pareti della gola circondate da un paesaggio straordinario, ma anche per le
composizioni artistiche, la varietà dei motivi e le sue policromie.”(Unesco)
Mentre l’altezza si riduce gradualmente a non più di due metri, il terreno diventa inclinato, in salita:
non è molto rilevante come caverna, impostata su una frattura verticale, alta sul fiume Pinturas.
Eppure, lungo il sotto-roccia che conduce all’ingresso, le superfici rupestri sembrano ricoprirsi per
circa sessanta metri di raffigurazioni preistoriche e impronte di mani.
Nonostante la sua scoperta risalga al 1941, uno studio completo del sito venne effettuato solamente
a partire dal 1964. Gli archeologi hanno datato una concentrazione di gruppi stilistici principali,
organizzati secondo una sequenza cronologica piuttosto lunga, stabilita attraverso le analisi di C14
su resti di pigmenti minerali naturali e carboni di focolai. Le immagini color ocra di guanachi
testimoniano la presenza di una prima antica popolazione, risalente al decimo millennio a. C. Gli
studiosi hanno dimostrato come la grotta venne abitata un’ultima volta, intorno al 700 d.C., da
quelli che possono essere considerati gli antenati del primo popolo Tehuelche della Patagonia.
Ripetute e sovrapposte, sul livello roccioso di 7.000 anni fa, appaiono evidenti le numerose
impronte di mani, in prevalenza sinistre.
“Ogni impronta di mano sulla parete della cueva è una finestra sul passato, un’impronta lasciata
dall’umanità primitiva per comunicare attraverso il tempo.” (David J. Meltzer)
La maggior parte delle immagini di mani venne realizzata attraverso la tecnica del disegno in
negativo: una volta aver poggiato la mano sulla superficie rocciosa, si delineavano i suoi contorni,
soffiando sopra un pigmento colorato polverizzato. Nell’impasto del pigmento, è stata riscontrata la
presenza del gesso in cristallini, che ha svolto il ruolo di fissante, favorendo la notevole durata nel
tempo dell’impronta. Le 826 mani dipinte risultano ben visibili per la contrastante colorazione rossa
oppure ocra. Molti di questi negativi mostrano mani estremamente stilizzate, con dita allungate,
prive di dettagli anatomici. Inoltre, solo una minima parte delle impronte, raffigura mani destre.
Quest’ultimo caso, ha portato alcuni studiosi a supporre che venisse utilizzata la mano destra nel
maneggiare gli strumenti rudimentali per imprimere sulla roccia, la sinistra. Che rappresentino
pratiche collettive oppure atti di condivisione, le impronte di mani, distribuite sulle superfici della
Cueva, rimangono un potente simbolo di comunicazione ed esistenza. Sono degli enigmi ancora
irrisolti, suscettibili di molteplici interpretazioni: firme preistoriche oppure manifestazioni di
appartenenza.
“Le pitture rupestri non sono semplicemente delle opere d’arte; sono la voce di una civiltà che ci
parla, una testimonianza che supera il tempo e lo spazio.” (Jeans Clottes)