I 130 anni di Prezzolini. È ancora l’Italia dei fessi e dei furbi?
Rimasto per troppo tempo in sordina e non riesumato spesso (purtroppo) a scuola, Giuseppe Prezzolini è il volto per eccellenza dell'intellettuale con spirito militante, portatore di una letteratura civile che si propone il fine di formare la nuova classe dirigente del Paese, che sia non solo demagogica ma anche erudita, attenta alle questioni sociali e pronta a metterci la faccia.
Nato per caso da genitori senesi a Perugia il 27 gennaio 1882, Giuseppe Prezzolini è stato uno dei volti più emblematici (e dibattuti) della letteratura italiana del primo Novecento.
Giuseppe, soprannominato Tormento (interiore)
Introverso ma anche ribelle, Prezzolini non è abituato ad abbassare la testa davanti all’ordine costituito e mette ogni cosa in discussione, anche la madre, che lo educa al cattolicesimo.
A sette anni si comincia ad allontanare dalla religione, dando inizio a un rapporto tormentato con Dio, un dissidio interiore che lo accompagnerà per tutta la vita. La fede è, però, il suo appiglio quando nel 1905 lo travolge una crisi depressiva dalla quale solo grazie alla lettura del giansenista Blaise Pascal e di Sant’Agostino riesce a trovare conforto.
Segue un repentino cambio di rotta che lo spinge a creare una religione dell’uomo moderno, messaggera dell’avvento di una nuova democrazia laica, che volta le spalle al cristianesimo.
Non finisce qui. La Chiesa bussa ancora alla sua porta con il volto dell’amico Paolo VI. Prezzolini si interroga sull’esistenza di Dio. Non ci è dato sapere se il tormento abbia trovato posa nella fede.
L’innamorato respinto dell’Italia
Viziata per anni è stata la visione del rapporto tra Prezzolini e Mussolini, inizialmente collaboratori e, perché no, anche amici. L’orientamento espansionista e la sete brutale di potere del secondo hanno incrinato un rapporto che si basava su una stima reciproca.
Prezzolini segue sin da subito con diffidenza l’ascesa del fascismo, condannando le azioni violente delle squadracce e i fanatismi antidemocratici. Non attacca Mussolini, spera in un suo cambio di rotta.
Nel 1922 propone la nascita di una società degli apoti, intellettuali imparziali ed estranei alle fazioni politiche in campo. Accusato di assecondare il fascismo senza reagire, viene additato come sostenitore delle squadracce. Attaccato su due fronti, anche Mussolini lo accusa di essere sovversivo e diffamatorio nei suoi articoli di giornale.
È il 1930 e Prezzolini diventa professore di letteratura italiana e direttore della Casa Italiana presso la Columbia University a New York. Qui si ritrova totalmente solo, denunciato negli Stati Uniti dagli antifasciti italiani come agente fascista e accusato invece come antifascista dal regime mussoliniano in Italia.
Innamorato respinto dalla patria, sceglie di non tornare e mantiene con rigore la propria imparzialità, ospitando in America intellettuali e studiosi sia fascisti sia antifascisti. Ma qual era il vero intento civile e politico di Prezzolini?
Una linea civile lunga un secolo
Il Novecento è l’era delle riviste, degli occhi spalancati di fronte a una realtà marcia che cozza spesso con gli ideali dei giovani, in netto contrasto con le precedenti generazioni. Niente di diverso da oggi, sono gli stessi i moti giovanili di riforma che spingono Prezzolini a scendere in campo.
Il Regno, Hermes, ma soprattutto il Leonardo sono le vetrine in cui mette in mostra i suoi progetti, affiancato dal compagno di intenti Giovanni Papini.
“Nella vita pagani e individualisti, nel pensiero personalisti e idealisti, nell’arte amano la trasfigurazione ideale della vita”
dal Leonardo
Questo il programma sintetico della rivista, ancora vicina all’estetismo dannunziano e in opposizione al naturalismo e al positivismo ottocenteschi. Qui Prezzolini è Giuliano il Sofista, pregno di intenti filosofici e polemico contro la cultura accademica.
È il 1908 e nasce finalmente La Voce, la sua creatura. Abbandonata anche la prosa sublime dannunziana, la rivista si apre al frammento lirico, espressione della destrutturazione del presente e del disagio esistenziale dei suoi esponenti, dando spazio a un autobiografismo morale e a un espressionismo privo di regole e di logica.
La Voce è intenta a promuovere il rinnovamento morale e civile degli italiani. La rivista è un luogo di confronto e di dibattito in cui viene rivendicata per gli intellettuali una maggiore autorità ed egemonia nel paese.
“L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono.”
da Codice della vita italiana
Parole di Prezzolini, conscio di un’Italia che non si sa governare da sé, che non lo merita e che segue un ideale fascista autodistruttivo.
Su La Voce aveva posto il dibattito sulla questione meridionale, il rapporto religione-politica, la critica situazione scolastica, l’educazione sessuale, i regionalismi e la denuncia dei disservizi statali. Non molto è cambiato oggi dell’Italia di ieri. Persistono gli stessi problemi, cui se ne sono aggiunti altri con l’avvento della globalizzazione e l’affermazione del capitalismo.
Forse oggi è cambiato solo il mezzo di trasmissione, ma non le idee. Siamo ancora nell’Italia dei fessi che seguono come caproni i pochi furbi, li propongono come organi costituzionali, li votano, li mettono nella condizione di arricchirsi.
Ma, per fortuna, siamo ancora anche nell’Italia che non ha perso la speranza e apre ogni giorno nuovi dibattiti e confronti, per cercare di trovare soluzioni.
I ragazzi dei primi anni del Novecento non sono, quindi, poi tanto diversi da quelli del ’68, dalla generazione degli anni ’70, ’80 e ’90 e (perchè no) persino dai Post-Millennial.