Anno nuovo in Camposanto: intervista a Giulia Depentor

Giulia Depentor è trasparente, pacata, aperta e generosa come il suo podcast Camposanto sa essere. Degno figlio di sua madre.
Poter conversare con lei al telefono, del suo progetto radiofonico e non solo, si rivela una piacevole occasione di ripercorrere insieme le tappe del suo percorso, immerso nel mondo della comunicazione, e soprattutto di quella veicolata attraverso il podcast, che sempre di più vede emergere il suo posizionamento autoriale. A cavallo tra le puntate della quarta stagione, che si interrompe durante il periodo natalizio per poi riprendere tra gennaio e febbraio, cogliamo l’occasione per approfondire e condividere ricordi, sogni e aspirazioni legati a Camposanto. In questa stagione, e più che mai, Giulia mi raccomanda a giusto titolo di sottolineare che “sempre di più Camposanto è diventato per me un lavoro inclusivo, corale, grazie al contributo attivo dei Camposanter (e per chi non conosce la definizione, ormai iconica, si rimanda al precedente articolo). Tra gruppi Telegram, scambi di informazioni, ho potuto arricchire il mio catalogo di nuove scoperte, e ho avuto l’occasione di conoscere persone appassionate e competenti”.

Dalla Nuova Zelanda a Cavriago, una rispettosa ode alla sepoltura
Non solo i professionisti della morte e dei riti funebri, che meriterebbero un riconoscimento per il loro lavoro necessario ed essenziale, spesso invece riduttivamente derubricato nella lugubre regione del tabou, ma anche dei suoi più fedeli ascoltatori, che l’hanno condotta verso inediti orizzonti, e che talvolta l’hanno costretta a rivedere, felicemente, i suoi piani editoriali. Perché il podcast, come Giulia Depentor afferma, “rispetta comunque un ordine e un contesto metodologico precisi. Per scelta racconto solo dei cimiteri che ho visitato, in cui ho trovato o scoperto una storia interessante. Ne ho visitati tantissimi, e la lista è ancora lunga, ma la legge che domina è quella della verità e dell’emozione. E il blog, che inizialmente coltivavo in maniera randomica, si è trasformato progressivamente, e grazie al podcast, in uno strumento più sistematico”. Così che, per convinzione, l’alternanza di un cimitero italiano e di un cimitero internazionale si susseguono, per ampliare la trama narrativa del racconto e permettere all’ascoltatore di viaggiare con tutti i sensi, in una continua e alternativa immaginazione esotica: dalla Nuova Zelanda alla celebre e “leniniana” Cavriago. Perché è proprio attraverso la sensibilità e l’attenzione dimostrate verso l’ascoltatore che l’autrice si è meritata un posto nel cuore dei suoi fedeli.
Con il Messico tra i prossimi luoghi della lista (pandemia permettendo), e nuovi progetti in cantiere, il poderoso grand tour macabro tra i luoghi italiani prosegue senza sosta. “Mi capita spesso di visitare una città sulla base del cimitero – continua Giulia Depentor; altrettanto spesso mi trovo a visitare cimiteri nelle città in cui mi trovo. La visita del cimitero rimane sempre e comunque un elemento imprescindibile. Lì non si corre nessun pericolo, e quando mi addentro nella visita mi sento catapultata in un libro aperto di storie che mi parlano e che hanno il diritto di essere raccontate”.

Nascita e sviluppo di una passione, la vittoria sulla paura
La passione per i luoghi più laicamente santi, che si legge nelle sue parole precise e articolate, nasce e si sviluppa da tempi immemori e dal privilegio, che non tutti hanno avuto, di crescere con nonne che hanno permesso di vivere il trapasso come una normale e piacevole abitudine. Tanto quanto la nascita, anche la morte è degna di attenzione, considerazione e di essere coltivata come esercizio quotidiano dell’alimentazione del ricordo. Il cimitero resta, per antonomasia, saldo garante e collante della memoria e della rievocazione. Giulia Depentor sfida e vince le proprie paure (della claustrofobia, delle bare e della sofferenza), per diventare l’attrice e la narratrice di queste storie, che si intersecano sempre di più con la storia della sua famiglia e delle sue origini. Come dimostra uno dei suoi ultimi episodi, la ricerca altrui ha aperto la strada alla conoscenza di sé e della struttura genealogica della sua famiglia, all’accettazione della confusione e al rimettere ordine in cassetti che spesso rimangono chiusi, o dei cui segreti i detentori serbano l’assoluto contegno nel silenzio delle loro lapidi. Ogni stagione di Camposanto è un viaggio, non solo attraverso i luoghi fisici ed emozionali del paesaggio cimiteriale, ma anche nella crescita emotiva e nella competenza narrativa della sua autrice.