Intervista a RE: “Convertire lo scarto in opera d’arte”
Abbiamo conosciuto RE nel 2020 a Paratissima, presso l’ex Accademia Artiglieria di Torino. Ci ha subito conquistato con le finestre dal titolo "Né in cielo né in terra". Non abbiamo, quindi, mai smesso di seguire il suo percorso artistico e gustare i suoi lavori. Oggi, a un anno di distanza, l'abbiamo richiamata per scambiare quattro chiacchiere con lei e conoscere meglio la sua arte, le sue idee e i progetti che la vedono attualmente impegnata.
Nata a Milazzo da madre tedesca e padre di origini siciliane, RE (all’anagrafe Emanuela Ravidà) si è formata all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria e sin da subito si è dedicata alla sostenibilità ambientale e all’arte del riuso. Materiali e oggetti di scarto diventano infatti i protagonisti di una nuova bellezza, tra tecniche innovative e continue sperimentazioni.
Nelle opere di RE pulsa un cuore in parte mitteleuropeo e in parte mediterraneo, la cui commistione le rende speciali e identitarie. Tra le ultime opere Il tuffo, polittico (3 x 10,5 mt) e Last Abyss, installazione site specific (6,50 x 7 mt), realizzate con la tecnica della stiratura della plastica, coniata dall’artista. Le due opere sono nate in occasione della mostra “Somewhere in the abyss“, curata da Giuseppe La Spada e allestita al Muma – Museo del Mare – di Milazzo. Ecco la nostra intervista.
Ciao, RE! Spiegaci il processo creativo che si nasconde dietro le tue opere.
Alla base di tutto c’è sempre un supporto dismesso, un materiale non vergine, cui io do una nuova vita. L’obiettivo è quindi continuare la sua personale narrazione, offrendo un cambio di contesto, un’alternativa destinazione d’uso. Il mio serbatoio sono le discariche, in cui vago alla ricerca di ante di armadi, finestre e altri supporti per le mie opere. Il fine è sempre l’esplorazione dei meandri della sostenibilità ambientale. Dalla carta alla plastica, provo tecniche nuove e “antiaccademiche”, convertendo la spazzatura in opera d’arte. Un processo nuovo che, per esempio, ho ideato è la stiratura dei sacchetti di plastica (ironed plastic) che poi accosto insieme in base alle campiture di colore come se stessi dipingendo.
Un artista che ha segnato e condizionato il tuo percorso formativo.
Sono tanti gli artisti che mi hanno ispirato e che mi hanno aiutato ad approfondire la mia ricerca artistica. Adoro l’arte contemporanea, però impazzisco per i segnali che ti lasciano gli artisti del passato. Tutti conosciamo Leonardo Da Vinci, il genio per eccellenza, l’artista in cui scienza e magia si mescolano a pieno. Il modo in cui osserva le cose e la sua curiosità sono motivo per continuare e superare i miei limiti.
Ci siamo conosciute a Paratissima 2020 con le tue finestre che fanno da ponte tra l’interno sicuro e l’esterno incerto. Qual è il posto che puoi chiamare casa?
Il mio interiore, non riesco a trovare infatti un altro porto sicuro. Quando l’esterno è poco accogliente, creo i miei mondi interni che mi offrono un rifugio, dei posti bellissimi in cui sono l’artefice di tutto e mi sento completamente a casa.
Arte come strumento per avvicinare i piccoli alla bellezza. Parlaci del tuo progetto nelle scuole.
Sì, io penso che essere artisti sia una vocazione, una chiamata cui bisogna rispondere per diventare strumento per creare un futuro migliore. L’esperienza nelle scuole mi ha permesso di dare un contributo alla formazione delle nuove generazioni. Le maestre sono state le mie braccia, un ponte per far toccare l’arte ai bambini. Lavorare con loro mi ha permesso di far capire quanto sia importante dare spazio all’aspetto infantile di ognuno di noi, al lato che rende magica l’arte stessa. Sono i bambini infatti i veri artisti, con la manualità spontanea e il delicato sentire interiore, noi adulti dobbiamo solo imparare da loro.
E ora, cosa possiamo aspettarci da RE?
In questo momento sono coinvolta in un progetto curato da Giuseppe La Spada, dal titolo “Ecosophia”. L’obiettivo è creare un dialogo interculturale, realizzare un’opera fluida e totale che sia da ponte tra diverse forme artistiche e che contribuisca a creare l’equilibrio tra Uomo e Natura. Dopo aver creato enormi abissi di plastica, adesso sto lavorando anche a un “progetto verde”, che metta in risalto l’importanza della tutela dei parchi e dell’ambiente. Il primo risultato è “Il giardino di Cosio”, opera in esposizione permanente in questo piccolo borgo in provincia di Imperia. Un nuovo tassello dopo l’azzurro dei mari, un altro passo verso l’ecosostenibilità.