Ci mancherà Philippe Daverio, il critico col papillon

Chi sapeva spiegarci l’arte con simpatia, chiarezza e semplicità, se n’è andato lasciandoci ignudi del suo sapere che divulgava senza alcuna alterigia nonostante fosse coltissimo. Per fortuna rimangono i suoi libri e i suoi video nei quali continuare ad attingere quella storia dell’arte narrata più che insegnata, pagine nelle quali riversava non solo la sua cultura ma tutto il suo essere.
Come parlava, scriveva.
Daverio introduceva tra le righe piccoli intervalli spassosi, così nel descrivere una “Natura morta con lepre e cosciotto d’agnello” quasi si scusava perché “ Mi sono permesso l’indelicatezza di far salire dalle cucine questo dipinto…” che “… solo allo spettatore inavvertito può sembrare un’esaltazione gastronomica”.
Della pittura del bolognese Giuseppe Maria Crespi scriveva che “ il pennello muove la materia come il mestolo agita le salse”. Irriverente? No. Dissacratorio? Sì. Perché toglieva all’arte quel piedistallo accademico che la rendeva inaccessibile agli illetterati e la consegnava al popolo ripulita dai tronfi orpelli.
Ridateci Passepartout
Per dieci anni ha condotto la trasmissione “Passepartout”, un appuntamento domenicale debuttato su Rai 3 e proposto a un orario ardito, dalle 13.20 alle 13.50 in concorrenza con l’informazione giornalistica, eppure arrivava a un milione di telespettatori. E come la sigla era un rimbalzo tra musica classica, jazz, techno, lirica, così il programma era un giocoliere saltimbanco che si destreggiava tra arte, paesaggio, personaggi, storia, design, archeologia, architettura e sconfinamenti nella letteratura.
In Passepartout, Philippe ci portava in casa i musei del mondo, luoghi inaccessibili ai più per lontananza, ma per noi tutti annullava le spese del viaggio, sostituendo al suo occhio, il nostro.
Spalancava alle telecamere le porte di chiesette montane con il medesimo stupore di chi ammira una cattedrale gotica, e ne sapeva indicare particolari artistici con la stessa convinzione con la quale si ficcava in bocca un pezzo di pane carasau nella puntata dedicata al Regno di Sardegna.

Un po’ di biografia
Daverio nasce in Alsazia il 17 ottobre del 1949 da padre italiano e madre francese. Dopo il trasferimento a Milano frequenta la facoltà di economia e commercio alla Bocconi superando tutti gli esami ma non laureandosi. Nel 1972 inizia la convivenza con Elena Gregori dalla quale ha il figlio Sebastiano. Nel 1983 si sposano. Diventato quasi per caso mercante d’arte, nel 1975 apre una galleria in Via Monte Napoleone a Milano dove si occupa di movimenti d’avanguardia, nel 1986 una a New York che propone arte del XX secolo e una seconda a Milano nel 1989 in Corso Italia dedicata all’arte contemporanea.
Dal 1993 al 1997 fu assessore alla Cultura, al Tempo Libero, all’Educazione e alle Relazioni Internazionali nella giunta Formentini del Comune di Milano.
Come docente di storia dell’arte, ha insegnato presso la IULM di Milano, mentre in qualità di esperto di storia del design è stato docente al Politecnico, fino al 2016 ha ricoperto l’incarico di professore ordinario di disegno industriale presso l’Università degli Studi di Palermo. Sempre in Sicilia, Daverio ha collaborato con Vittorio Sgarbi, all’epoca di sindaco di Salemi, a diverse iniziative culturali e artistiche.
E’ stato autore e conduttore di vari programmi televisivi dedicati all’arte e autore di parecchi libri, fra i tanti citiamo “Il Museo Immaginato” nel quale, come ci prendesse sottobraccio per portarci a prendere un caffè, Daverio ci accompagna a visitare il suo museo virtuale. E dunque perfetto.
Dal 2008 è stato direttore del mensile Art Dossier al quale ha dato copertine originali, argomenti insoliti, spiegazioni illuminanti, luoghi e musei da conoscere, studi e riscoperte, recensioni di grandi mostre mai troppo difficili per i semplici, mai troppo semplificate per i dotti.
La scomparsa
Philippe Daverio si è spento nella sua città d’elezione, Milano, all’Istituto dei Tumori, nella notte tra l’1 e il 2 settembre aprendo una voragine nel mondo della cultura. Innumerevoli i messaggi di cordoglio da volti famosi e sconosciuti.
Da tempo era malato e, in contrapposizione col suo fare espansivo, ha calato il silenzio sulla sua malattia, forse per non intaccare quella personalità brillante che di lui abbiamo conosciuto.