Riprendono le visite ai musei a Roma, Padova e Ferrara

Il ritorno alla normalità ha coinvolto anche la vita culturale e, in particolare, le riaperture dei musei al pubblico dei visitatori, seppur nel rispetto delle normative e dei protocolli di igiene e sicurezza. Così riprendono le visite di tre mostre in tre città italiane, rispettivamente Roma, Padova e Ferrara: la mostra Raffaello 1520-1483 presso le Scuderie del Quirinale, la rassegna A nostra immagine. Scultura in terracotta del Rinascimento da Donatello a Riccioal Museo Diocesano di Padova e la mostra Un artista chiamato Banksy al Palazzo dei Diamanti di Ferrara.
Raffaello dalla morte alla giovinezza
Al tramonto del Venerdì Santo del 1520, dopo giorni di febbre persistente, Raffaello muore all’età di 37 anni. Roma è incredula e affranta dal dolore. Scompare il pittore perfetto, l’architetto della fabbrica di San Pietro, colui che avrebbe potuto rendere la città ancora più grande e immortale.
La mostra Raffaello 1520-1483, aperta lo scorso 5 marzo alle Scuderie del Quirinale di Roma e subito chiusa per l’emergenza Coronavirus, è stata virtualmente fruibile online per tre mesi con video-passeggiate all’interno delle sale e incursioni nel backstage dell’immane lavoro di allestimento.
Il 2 giugno doveva sancire la fine del periodo di esposizione, invece decreta il nuovo inizio con cui l’Italia rende omaggio al sommo artista rinascimentale, un prolungamento reso possibile grazie alla disponibilità delle istituzioni museali e dei collezionisti che hanno prestato le opere e che pone fine ai tre mesi di buio, silenzio e isolamento dei capolavori.

Le nuove norme: prenotazione obbligatoria del giorno e orario d’entrata, accesso di 6 persone ogni 5 minuti dalle 9.00 all’ultimo ingresso alle 20.30, distanza interpersonale di 2 metri, agevolata da un’apposita grafica sul pavimento e da un accompagnatore addetto al personale, rilevamento della temperatura corporea, mascherina e igienizzazione delle mani.
Il tempo a disposizione per ogni sala è di 5 minuti, troppo pochi per permettere allo sguardo di percorrere i volti soavi delle Madonne, i preziosi arabeschi dei tessuti, i pallori e rossori epidermici, i particolari all’antica dei disegni architettonici, la grazia femminile sulla quale Raffaello ha tanto ragionato.
I curatori Marzia Faietti e Matteo Lafranconi, con il contributo di Vincenzo Farinella e Francesco Paolo Di Teodoro, propongono un cammino a ritroso, un progressivo flashback dalla morte avvenuta al culmine della popolarità romana, all’apice di commissioni e incarichi, fino agli esordi artistici giovanili. Commemorando il quinto centenario della scomparsa del maestro urbinate, l’esposizione si apre con la ricostruzione monumentale della tomba del Pantheon, luogo della bellezza classica dove Raffaello desiderava essere ricordato e prosegue sala per sala rivelando un artista universale che fu pittore, architetto, urbanista, archeologo, collezionista d’antichità ed esemplare umanista.
A Padova sculture espressive nell’umile terracotta
Riaperta il 20 maggio e prorogata fino al 27 settembre al Museo Diocesano di Padova la rassegna A nostra immagine. Scultura in terracotta del Rinascimento da Donatello a Riccio, a cura di Andrea Nante e Carlo Cavalli. Dopo un’intensa campagna di recupero, tornano godibili una ventina di terrecotte rinascimentali policrome in gran parte provenienti dalla Diocesi di Padova, da collezioni private e da musei nazionali ed europei. La fioritura della scultura in terracotta nel territorio patavino si deve alla presenza in città di Donatello, impegnato nel cantiere della Basilica di Sant’Antonio per dieci anni a partire dal 1443. Il maestro fiorentino diede vita in città a una scuola che fu fucina di talenti quali Bartolomeo Bellano, Giovanni de Fondulis e Andrea Riccio. L’esposizione mostra la Madonna Vettori, giunta appositamente dal Louvre, alla quale segue un umanesimo cristiano dalle grandi qualità ritrattistiche.

A Ferrara per vedere lo sconosciuto Banksy
La forzata nuova organizzazione dettata dall’emergenza crea una fila all’ingresso anche al Palazzo dei Diamanti a Ferrara dove è in corso Un artista chiamato Banksy, a cura di Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa. Le oltre cento opere esposte mettono sotto la lente d’ingrandimento i lavori dello street artist, nato (forse) a Bristol nel 1974, che con un linguaggio iconico semplice tratta temi impegnati come la guerra, l’inquinamento, il maltrattamento degli animali, lo sfruttamento minorile, la manipolazione mediatica. Messaggi popolari i suoi che cozzano con la misteriosità della sua persona, non se conosce infatti il volto né il vero nome. Sono 130 le opere esposte a Ferrara tra serigrafie, stampe, poster, t-shirt. L’ingresso è contingentato, la prenotazione è fortemente consigliata. La mostra chiude il 27 settembre.
