ATTENTI AL LUPO! Iter selvaggio dalla mitologia al fumetto

Forza, indipendenza, fierezza. Il lupo incarna valori che l’uomo gli invidia. Da sempre temuto e contemporaneamente ammirato, le sue verità, leggende e dicerie compaiono nelle culture e nelle tradizioni di molte civiltà.
Nella mitologia greca era l’animale consacrato a Marte, in quella vichinga aveva facoltà di parola, per i Mongoli era l’antenato di Gengis Khan, per i Romani la sua apparizione presagiva la vittoria.
Gli stessi a metà febbraio festeggiavano i “Lupercali” sul colle Palatino, dove i gemelli Romolo e Remo sarebbero stati allattati da un lupa, quella Lupa Capitolina la cui statua bronzea dei musei romani, ha cambiato data di nascita poiché le indagini al radiocarbonio l’hanno ringiovanita i 1700 anni spostandone la datazione dall’epoca etrusca alla medievale.
Anche Gubbio ha il suo lupo famoso, quello ammansito nel primo miracolo del santo ambientalista Francesco e che dal XIV secolo è affrescato, dipinto, scolpito, poetizzato, cantato. La sua fama non è stata scalfita né da Zanna Bianca di Jack London, né da Akela di Rudyard Kipling, semmai dal lupo cattivo di Cappuccetto Rosso.
Simbolo della ferocia, della paura, del male, il lupo è sempre stato relegato in un’immagine funesta consolidata nei secoli nelle sentenze popolari: tempo da lupi, fame da lupi, lupus in fabula, dal lupo non nascono agnelli, il lupo non è buono da vivo e neppure da morto, il lupo perde il pelo ma non il vizio, crepi il lupo; una litania di spauracchi per niente esaurita.
Eppure il lupo è timido, riservato, sospettoso. Quanta perseveranza c’è voluta al tenente John Dunbur per conquistare la fiducia di Due Calzini e quanta diffidenza ha dovuto vincere quella bestia per accettare il cibo dalla mano di Kevin Costner in Balla coi lupi.
Il cinema, per la verità, al lupo preferisce il licantropo, lupo mannaro o uomo perverso che si trasforma in mostro feroce a ogni plenilunio. La licantropia ha affascinato psichiatri, scrittori, registi e pittori; ce ne ha lasciato un’ immagine Lucas Cranach il Vecchio in un incisione del 1512, un disegno antesignano di quel contagio che intaccò i fumetti, i cartoni animati e i video-giochi dell’era moderna.
Tra i protagonisti dell’animazione il primo lupo fu Ezechiele, uno dei più accattivanti personaggi della Walt Disney Company, un lupastro nero con bretelle e cilindro sempre infruttuosamente impegnato nella caccia ai tre porcellini. Il suo primo cartoon realizzato da Burton Gillett, proiettato il 27 maggio 1933, vinse addirittura un Premio Oscar. Più giovane di una quarantina d’anni è Lupo Alberto sortito dalla matita di Guido Silvestri. Tutto azzurro, affamato, disoccupato, pacifista, eterno fidanzato della gallina Marta, negli anni ‘90 il suo faccione trasmigrò dalla fattoria McKenzie agli zaini, astucci, diari, quaderni scolastici con scritte intimidatorie del tipo “Vietato studiare!”
Oltre la letteratura, i fumetti, il cinema, i videogiochi, il lupo ispirò anche lo spartito musicale. Nel 1936 il musicista russo Sergej Procofev compose “Pierino e il lupo”, una fiaba per l’infanzia raccontata da un narratore accompagnato dall’orchestra dove i personaggi sono interpretati dagli strumenti musicali. Così, l’incedere felpato del gatto è affidato al clarinetto, lo starnazzare dell’anatra all’oboe, il cinguettio dell’uccellino al flauto, Pierino alla famiglia degli archi, i rimbrotti del nonno al fagotto e il lupo alle note sinistre di ben tre corni. Una fiaba per adulti è invece quella scritta da Ron e cantata da Lucio Dalla, la marcetta pop “Attenti al lupo” piacque fin dal suo esordio nel 1990 e schizzò subito in vetta alle classifiche accompagnata dal videoclip girato sotto un tendone da circo sulla cui pista un disinvolto Lucio improvvisava passi danzanti.