80 anni fa il primo tentativo italiano di conquista della parete nord dell’Eiger

Nell’estate del 1938 Mario Menti e Bortolo Sandri precipitavano dalla Nordwand.
Non possiede bellezze estetiche, né un’altezza da brividi. A causa della sua esposizione è battuta da fulmini, venti gelidi, valanghe, frane, cascate d’acqua, non offre alcun riparo sicuro, ha pareti calcaree friabili. Non bastasse ha un nome orribile “L’Orco”. Se si dovesse rappresentare personificandola si dovrebbe dipingere un mostro dal ghigno malvagio e beffardo. Eppure la parete nord dell’Eiger, dalle origini dell’alpinismo ad oggi, è sempre stata l’ossessiva meta dei più abili scalatori.
Dove sta il fascino di questo triangolo nero delle Alpi bernesi, alto 3978 m., che ha respinto fortissimi alpinisti i cui corpi precipitati non sempre sono stati recuperati? La stregoneria dell’Eiger sta nelle contrastanti emozioni altalenanti tra la paura e l’esaltazione di quanti arrampicano soggiogati dal “dilettevole terrore”.
La sua fama si deve al fatto che l’intera parete è visibile dagli alberghi della Kleine Scheidegg dove potenti cannocchiali offrono la possibilità di seguire in diretta le imprese o le tragedie.
Per tutto il Novecento, frotte di giornalisti, villeggianti e curiosi, si sono spintonati attorno a quei cannocchiali; soprattutto dal 1957 al 1959 quando il cadavere del lecchese Stefano Longhi rimase vergognosamente penzolante sulla parete per due anni prima di essere recuperato dagli svizzeri. Il compagno di cordata Claudio Corti era stato raggiunto e portato a spalle in salvo quasi in fin di vita.
La conquista della Nordwand spetta a due alpinisti tedeschi Anderl Heckmair e Ludwig Vörg e due austriaci Heinrich Harrer e Fritz Kasparek che insieme arrivarono in vetta alle 15,30 del 24 luglio 1938, dopo 85 ore di lotta disperata con la montagna.
Solo un mese prima i vicentini Mario Menti e l’amico Bortolo Sandri, del CAI di Valdagno, avevano tentato invano l’attacco alla parete. Entrambi ventitreenni, erano già abilissimi nell’arrampicata dopo l’apprendistato sulle Piccole Dolomiti sotto la guida dei maestri Gino Soldà e Raffaele Carlesso.
La passione, il vigore e l’audacia giovanili li avevano portati presto al successo e all’azzardare imprese sempre più difficili. Il temerario progetto di essere i primi italiani a conquistare la Nordwand nasce nell’inverno del 1937, trascorso ad allenarsi duramente. Verso la metà di giungo del 1938, i due amici si prendono le ferie dalla Marzotto e con una colletta dei compagni di lavoro e della sezione CAI di Valdagno raggiungono la base della parete. Dopo alcuni giorni trascorsi a studiare e attrezzare il percorso, il 22 giugno scrivono alle famiglie ” La montagna è carica di neve, la scalata è andata in fumo e quando abbiamo finito i soldi torniamo a casa”. Non è la verità, è un depistaggio per tranquillizzare genitori, parenti, amici.
La stessa notte attaccano l’Eiger e al mattino hanno già superato un terzo della micidiale parete. La loro salita è nel mirino dei cannocchiali della Kleine Scheidegg. Tutto procede velocemente ma arriva la consueta bufera con raffiche di acqua, fulmini, pietre. Procedere è impossibile e non c’è alcun riparo. Decidono di scendere ma una scarica di sassi li investe durante una manovra di corda doppia, Bortolo Sandri è ferito alla testa.
Nemmeno il tempo di aggrapparsi da qualche parte, o di rendersi conto della fine, e la parete assassina li scaraventa giù entrambi nell’abisso. I due vicentini spariscono alla vista dei cannocchiali per sempre. Il 24 giugno la guida svizzera Fritz Steuri e suo figlio trovano il corpo di Sandri sui ghiaioni della base. Al giungere della notizia a Valdagno, gli alpinisti Gino Soldà, Raffaele Carlesso e altri partono per raggiungere l’Eiger e ritrovare il corpo di Menti. Ricerche vane, il cadavere del giovane Mario non sarà mai ritrovato.
Per la conquista italiana della Nordwand bisognerà aspettare le 14,30 del 16 agosto del 1962 quando arriveranno in vetta due cordate: quella di Armando Aste, Franco Solina, Pierlorenzo Acquistapace e quella di Romano Perego, Andrea Mellano, Gildo Airoldi, incrociatesi in parete.
Insieme formeranno un’unica squadra alleata e vincente.