IL SINDACO DEL RIONE SANITA’ | Mario Martone torna al Lido

La recensione de Il sindaco del rione Sanità
Il sindaco del rione Sanità di Mario Martone inizia con un rap che potrebbe tranquillamente fungere da presa di coscienza sull’operazione in atto. «In giro non vedo nulla di nuovo», dice in sostanza la voce regolare, a commento delle immagini riprese. Ed il riferimento è subito chiaro, per una produzione che sin dalle prime panoramiche, dai primi primi piani sui doppi tagli dei suoi protagonisti, sembra l’ennesimo capitolo di una saga gomorresca che, potenzialmente, potrebbe non finire mai.
Berlino se l’era presa Claudio Giovannesi, Orso d’argento per la sceneggiatura di La paranza dei bambini (scritta dal deus ex machina di questo tipo d’operazioni, Roberto Saviano). Venezia potrebbe invece prendersela Mario Martone, arrogandosi eventualmente il merito di aver ribadito al cinema un concetto molto chiaro, ovvero la natura pop del teatro di Eduardo De Filippo.
Ne ripigliamm’ tutt’ chell’ ch’è o’ nust. Potrebbe essere un po’ questo lo slogan che – recuperando gli effetti di Gomorra sulla gente – si dovrebbe attribuire alla trasposizione cinematografica della pièce napoletana. Eppure c’è di più. Perché questo nuovo sindaco del rione, trasferitosi alle pendici del Vesuvio per sentirsi meno soffocato dall’oppressione delle responsabilità, inizia la sua mutazione nel suo habitat primigenio, il sipario ed il palcoscenico.
Il bravissimo Francesco Di Leva, figura chiave del NEST di San Giovanni a Teduccio, è un Antonio Barracano che si era fatto già le ossa durante la regia teatrale dello stesso Martone e, una volta approdato sul grande schermo, dimostra di sapersi adattare alle diversità di questo nuovo mezzo espressivo.
La sua è una recita che recupera tutto un corollario di tic, movenze, modi di dire che gli appassionati del gangster italiano, da Sollima in poi, hanno imparato a maneggiare e – eventualmente – riconoscere tra gli spazi della vita reale.
Ciò che però rende questo Sindaco del rione Sanità un’operazione a parte rispetto ai film già visti sulla nuova criminalità organizzata è proprio la consapevolezza che il linguaggio adottato da Eduardo sia ancora vivo, ed anzi sa restituire degli spaccati di attualità lucidi, puntuali, che non hanno bisogno di alcuna mediazione o ripensamento.
Napoli, da sempre, sembra un universo a parte rispetto agli altri luoghi del nostro Stivale. È un posto in cui tutto sembrerebbe indipendente dalle dinamiche esterne, dai fattori contingenti. Per questo, la contrapposizione tra Napoli perbene e Napoli permale che Martone riprende è una dieresi che non poteva restare inespressa, con tutte le contraddizioni del caso e le sceneggiate che, da sempre, questa città non smette di regalarci.