Berlinale 2017 | Call me by your name, il piccolo idillio di Guadagnino

Berlino – Dalle immagini dei film di Jean Renoir alla poetica cinematografica di Bernardo Bertolucci, immerso nel bucolico paesaggio di un piccolo paese del nord d’Italia nasce e si sviluppa la storia di Call me by your name, ultimo lavoro di Luca Guadagnino (A bigger splash, 2015). Il regista italiano è l’unico a rappresentare il nostro Paese alla 67esima edizione del Festival del Cinema di Berlino nella sezione Panorama e lo fa egregiamente perché al momento si può dire che sia una delle opere meglio riuscite tra quelle presentate finora nelle principali sezioni della Berlinale 2017.
Tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, Call me by your name è il coraggioso racconto di un’esperienza d’amore scandito dal placido scorrere del tempo di una campagna in gran parte ancora rurale. Un film in cui ogni dettaglio introduce in un mondo di emozioni, domande e desideri. Alla stampa Guadagnino descrive il suo lavoro parlando al plurale perché a suo avviso si è trattato di un impegno corale. I nomi che hanno contribuito alla realizzazione di questo film sono indubbiamente prestigiosi. Oltre l’autore del libro, è James Ivory a firmare la sceneggiatura. Il regista statunitense, che ha diretto film del calibro di Quel che resta del giorno (1993), Camera con vista (1985) e Casa Howard (1991), ha collaborato alla stesura del copione insieme allo stesso Guadagnino.
Si tratta di una storia coraggiosa ma descritta con enorme delicatezza, perché il protagonista è un diciassettenne, Elio, che in una calda estate del 1983 vive il suo primo più forte turbamento sentimentale per il giovane e affascinante assistente americano di suo padre, Oliver. Tra loro nasce a poco a poco un’intimità tenera e virile al tempo stesso fatta di intese e contrasti, scoperte e dubbi, desideri e attese.
L’atmosfera che permea il film è tutta fondata su un romanticismo tanto cerebrale quanto passionale e tutto, dall’incantevole paesaggio, le musiche seducenti, ai dialoghi semplici ma toccanti, esprime e rafforza lo stato d’animo del giovane Elio. Tanto che giustamente Guadagnino parla di un nuovo genere per il suo film, il genere dell’idillio, ovvero un tipo di film sostenuto più che da una storia da un’ambiente interiore e paesaggistico.
“Direi che questo film è più che altro un idillio, un nuovo genere in cui conta la sensibilità e la percezione delle cose più che l’azione, in cui è più importante l’intimità che l’atto sessuale in se stesso” ha spiegato Guadagnino.
Call me by your name è il racconto di due sensibilità che si studiano, si conoscono e infine si sfiorano con struggente passione. La sua sceneggiatura ha richiesto un grande lavoro per trasporre la storia dal romanzo al film, ma riesce a descrivere le sfumature di ogni emozione dall’inizio fino all’ultima, straordinaria scena finale.
“Non c’è stata una vera pianificazione alla base, nessuna particolare strategia. Volevamo rendere il film più semplice possibile, evitare una natura invasiva perché i personaggi potessero esprimersi a pieno e respirare. Volevamo che il cast si sentisse libero da ogni sovrastruttura.” ha detto il regista.
Gli stessi due interpreti dei protagonisti, il giovanissimo e talentuoso Timothée Chalamet nei panni di Elio Perlman e l’attraente Armie Hammer, in quelli di Oliver, hanno avuto modo di conoscersi per qualche settimana e instaurare una relazione prima dell’inizio delle riprese. Qui alla Berlinale Hammer si era già fatto conoscere per la sua interpretazione di James Lord, il critico d’arte di Final Portrait, film di Stanley Tucci presentato qualche giorno fa Fuori Concorso.
“Il sentimento di amicizia e le emozioni che sono nel film le abbiamo provate sul serio, sono comuni a tutti, superano ogni barriera. In questo Luca ci è stato di grande aiuto.” ha raccontato Hammer ai giornalisti. “Abbiamo trascorso molto tempo insieme e tra noi si è creato un vero feeling” ha aggiunto Chalamet; Hammer però scherzosamente ci tiene a specificare: “Non abbiamo proprio vissuto realmente tutto quello che facciamo nel film”.
In un contesto cinematografico in cui diventa sempre più difficile trovare storie che abbiano qualcosa di nuovo da raccontare, Call me by your name certamente si distingue non tanto per il il soggetto sebbene esso sia di un certo impatto, quanto piuttosto per le sue modalità narrative tradizionali, quasi classiche, e al tempo stesso originali.