“La Grande Bellezza”, gli interrogativi irrisolti di un capolavoro intellettuale
Una fotografia dell’Italia che disgusta chi la vive e affascina gli altri. Un film che ha saputo descrivere usi e costumi della classe borghese italiana, colta, sofisticata e così clamorosamente viziosa. “La Grande Bellezza”, film vincitore del premio Oscar nel 2013, a distanza di due anni continua a riecheggiare nella mente di quanti da essa hanno provato a trarre insegnamenti.
Si tratta di un capolavoro che riesce a raccontare l’umana bassezza di una vita al contrario altolocata; si tratta di un film che non riduce a scontati luoghi comuni i vizi tipici italiani, ma che con acuto criticismo snocciola considerazioni sulla religione, sul sesso e sul potere. Un dipinto della mondanità che non poteva avere cornice diversa da quella di Roma, dove l’arte e la dissolutezza si intrecciano in un legame indissolubile. La grandezza di Sorrentino sta nella capacità di evitare con chirurgica precisione qualsiasi riferimento spicciolo alla classe politica, alla corruzione e ad ogni altro problema che, il più delle volte, viene affrontato con una banalità che rasenta la superficialità.
Sorrentino non racconta una storia, infonde dubbi nella testa. Nel suo film non ci sono svolte e non ci sono colpi di scena. C’è la reale enucleazione di questioni concrete attraverso quel senso di umanità che ti permette di viverle in prima persona e, inconsciamente, di cercare per esse una soddisfacente risposta. Ai vizi umani rappresentati si associa, quasi automaticamente, la causa scatenante della crisi del Belpaese, intesa in senso rotondo e pieno, senza specificazioni economiche, politiche o culturali. A rischio, tra l’altro, di entrare in quella drammatizzazione del vero che Sorrentino vuole evitare attraverso stimoli così mirati e delicati da risultare, al tempo stesso, amabilmente percettibili e antipaticamente sfuggenti. E come tutto ciò che pizzica le corde della mente sollevando interrogativi, “La Grande Bellezza” risulta piacevole e benefica come pochi, contati capolavori intellettuali che la sensibilità umana abbia mai partorito.