La bellezza di chiamarsi Nadia Vandelli: il tenero ritratto di chi non ha scelto il cinismo davanti la delusione
La protagonista del terzo film di Carlo Verdone (Borotalco 1982), amabilmente interpretata da Eleonora Giorgi è “Nadia Vandelli”.
Nadia Vandelli in questo dolce fotoromanzo, che Carlo Verdone scrive riuscendo a fotografare nitidamente l’epoca ingenua dei primi anni Ottanta, in cui le riunioni dove si spettegola sulle star di Hollywood erano all’ordine del giorno, ama veramente ed è gentile.
È una giovane donna di poco meno o poco più di trent’anni, è colma di speranze, innocente, fan sfegatata di Lucio Dalla con una grande voglia di credere nel mondo ed assecondarne le sue follie.
Non vogliamo fare una retrospettiva su questa pellicola ben conosciuta, ma un piccolo ritratto sulla protagonista femminile e sulla sua ingenuità in cui tutti possiamo rispecchiarci in un momento della vita; momento in cui amiamo o abbiamo amato, crediamo, o abbiamo avuto bisogno di credere.
In un’epoca come quella attuale costellata da deserti digitali, in cui perdere in amore è assolutamente considerato vergognoso, misuriamo questo sentimento in base a un tot di like ricevuti, di messaggi scambiati, e la vendetta verso chi ci ferisce diventa argomento ridanciano con venature violente sui social o addirittura con la totale abnegazione anche di quello che è il nostro di amore.
L’inganno che subisce Nadia Vandelli la rende al contrario bellissima.
Completamente rintontita dai racconti di un mitomane, allaccia con egli una relazione clandestina che si svilupperà esclusivamente con uno schema a ripetere: lui parla lei ascolta- lui parla lei ascolta.
Quello che lui racconterà saranno tutte delle enormi menzogne.
È l’epoca in cui si finge di conoscere personaggi di livello internazionale, di svolgere lavori di gran prestigio, l’epoca in cui ci si fanno prestare le case dagli amici per portarci le ragazze; è un tempo in cui le bugie sono sicuramente più ingenue e forse sono dette con l’intento di fare innamorare. Di apparire migliori.
Motivo per cui Nadia non riuscirà a portare rancore al suo bugiardo.
Quando la messa in scena sarà terminata, e dopo una comune e comprensibile sfuriata della protagonista, i due si sposano con i rispettivi compagni dell’epoca proseguendo le loro tiepide vite.
Nadia dopo qualche anno, si ritroverà a cercare nuovamente Sergio, che si presentò a lei con il nome di Manuel, e lo inviterà nuovamente con uno sguardo di perdono a ripetere il gioco che si era innescato tra i due; in cui lui la intrattiene con racconti a dir poco mitologici.
Nadia ha perfettamente compreso i suoi intenti, e riconosciuto la sua essenza facendo lo slalom tra una bugia e l’altra.
La maschera del rocambolesco giullare è stata trapassata dai suoi occhi d’amore.
Lo ama per come è.
Tutta la storia si svolge dentro una bolla di polvere magica sotto le note delle più belle canzoni di Lucio Dalla. È una storia leggera, cucita con paillettes e perline colorate.
Gli occhi azzurri pieni di lacrime della Giorgi ricoperta da quei riccioli biondi, rendono bellissimo lo sguardo di chi è stato ingannato.
In fondo l’amore è soprattutto di chi lo dà più che di chi lo riceve.
Il ritratto di questa protagonista dovrebbe insegnarci ad essere maggiormente clementi, dove è possibile, con gli altri e soprattutto con sé stessi. Non è di certo un invito alla stupidità, ma per una volta, una sola, si potrebbe ragionare con la logica di una santa. Che nulla va a togliere alle lotte per la parità dei sessi.
Anche perché il ruolo può benissimo essere interscambiabile. Non cambierebbe nulla ove la bugiarda fosse lei.
I toni di odio e vendetta che invadono le conversazioni tra amiche e amici verso chi abbiamo amato, o questa smodata moda di cinismo su tutti i social, su gruppi e pagine web, soprattutto da parte degli adolescenti è assolutamente lontano dalla tenerezza, dall’empatia e dal cominciare a pensare che perdere in amore è assolutamente un investimento per il futuro.
Molto spesso accade che due individui si incontrato e il resto della storia non lo sa nessuno.
Impossibile è lasciare questo mondo senza cicatrici.
Fare banca rotta in amore, ora non osiamo dire che è come vincere, ma non è assolutamente perdere!
Lo sguardo della nuotatrice arrivata a queste Olimpiadi al quarto posto non è lo sguardo di chi ha perso. Quello è lo sguardo di chi ha amato veramente ogni azione svolta per sua volontà.
Quando i due protagonisti si rivedranno dopo anni, Nadia gli butterà le braccia al collo dicendogli solo tre fatidiche parole:
“… e baciami scemo “.
Iconica frase di quell’ultimo Ciak che vogliamo usare in risposta al tanto edulcorato “odio tutti “che spopola sui social.
Di stupido nel suo perdono la protagonista non dimostra proprio nulla; lei ha capito e il cinismo non ha fatto nido in sé.
Probabilmente Nadia era d’accordo con Fossati quando scrive che vivere senza follia gli toglie l’allegria.
Carlo Verdone lascia il finale aperto, non sappiamo cosa succederà dopo quel bacio che chiude il film ai due protagonisti.
Agli amanti della pellicola sicuramente piace immaginarli abbracciati ancora lì.
L’indimenticabile finale è girato sulla scala a chiocciola di un condominio di Via Umberto Saba a Roma Sud.
Borotalco è un film che va visto per tutta la vita; è un Cult senza tempo.
E la sua colonna sonora ci assolve continuamente, per tutta la durata del film; grazie alle parole dei suoi indimenticabili brani.
Sì, anche dal peccato di aver mentito per sentirci migliori davanti agli occhi di chi, seppur per un momento abbiamo amato.