Pigneto film festival 2023: il cerchio della vita

Pigneto film festival 2023: il cerchio della vita
Il Pigneto Film Festival si è tenuto quest’anno a fine giugno nel quartiere pop della capitale, il Pigneto appunto. Il progetto è promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, è vincitore dell’Avviso Pubblico biennale “Estate Romana 2023-2024” ed è realizzato in collaborazione con SIAE.
Le diverse location del quartiere hanno ospitato le anteprime e le proiezioni dei film, ma anche gli incontri con gli attori ed autori durante una serie di eventi, tutti ad ingresso gratuito.
Grazie alla collaborazione con il Premio Lux promosso dal Parlamento Europeo, il Festival ha offerto al pubblico la possibilità di vedere opere già apprezzate all’estero, tra cui Alcarràs di Carla Simón, vincitrice dell’Orso d’oro a Berlino, Triangle of Sadness di Ruben Östlund, Palma d’Oro al 75° Festival di Cannes e Close, vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria sempre a Cannes 75.
Ha, inoltre, dato spazio alla sezione cinematografica dedicata alla sostenibilità ambientale.

Il contest
Attraverso lo scambio culturale tra giovani di diverse nazionalità, il Pigneto Film Festival si pone l’obiettivo di valorizzare il territorio e le sue risorse, dando un’opportunità di crescita alle realtà in ascesa e favorendo momenti di confronto.
L’idea del format si fonda sull’idea che lo sviluppo culturale di un luogo stimoli l’evoluzione socio-economico, innestandosi in un contesto di progresso.
La manifestazione dedicata alla cinematografia, sia italiana sia internazionale, ha visto protagonisti cinque giovani filmmakers che hanno “lavorato” al proprio cortometraggio insieme alle rispettive crew (formate da attori, musicisti, operatori di camera), per sei giorni all’interno del Pigneto, seguendo un tema decretato poco prima delle riprese.
Quest’anno era: il cerchio della vita.
I registi che hanno partecipato:
- – Lucrecia Cisneros Rincón (Venezuela);
- – Nicolas Perot (Italia/Francia);
- – Sergiy Pudich (Ucraina);
- – Josh Brown (Gran Bretagna);
- – Ariane Doehring (Germania).





Punti di vi(s)ta
A qualcuno piace aspettare, di Sergiy Pudich, è stato il primo corto proiettato durante la serata finale della manifestazione.
Dal gusto retrò, evidenzia i contrasti e le similitudini di due coppie di innamorati, una reale e una cinematografica.
Lo fa, alternando scene in bianco e nero a scene a colori e ponendo il focus su ciò che per il regista è il miracolo della vita: la nascita di un figlio.
Una nuova vita è per tutti una gioia inattesa, un fascio di luce anche nelle realtà più difficili.
Altrimenti muoiono i fiori, diretto da Nicolas Perot, è di ispirazione neorealista. In una Roma periferica, si staglia una storia drammatica ma al tempo stesso intrisa di quotidianità e naturalezza.
Tre persone, presumibilmente componenti della stessa famiglia, devono disperdere le ceneri di Nina nel giardino del quartiere.
Per via di un contrattempo, devono sopperire a una mancanza, ossia reperire un musicista che suoni nel giorno del suo compleanno, e devono farlo prima che muoiano i fiori che hanno comprato per la cerimonia.
Una volta trovata la musicista, la famiglia si trova di fronte un’ultimo ostacolo, la recinzione del giardino comunale. Dopo la rabbia e lo sconforto non rimangono che le parole del ragazzo protagonista “Ti lasciamo qua sulle fondamenta. A te che una casa non ce l’hai mai avuta”.

Capolinea, di Josh Brown, affronta la tematica delle doppie famiglie, dei figli non riconosciuti, perché nati da un’unione extraconiugale.
Morto il padre, due sorelle molto affiatate scoprono di avere un fratellastro, pieno di risentimento nei confronti di colui che l’ha abbandonato.
Il rimorso del padre, il quale ha tentato di conoscere il figlio illegittimo prima di morire, spinge quest’ultimo alla comprensione, spegnendo ogni sentimento di rabbia.
Il senso della vita risiede nel perdono e nell’unità familiare.
Ombelico è il corto che ha vinto il contest, diretto da Ariane Doehring, ed è una squisita lente d’ingrandimento sul rapporto tra madre e figlia.
Inquadrature intimistiche, molto vicino alle protagoniste, narrano la storia di un legame indissolubile e controverso.
“Perché mi hai messo al mondo, non mi volevi?” domanda la figlia.
“È successo e io sono felice” risponde assertiva la madre.
Una regia pulita e attenta ai dettagli, racchiude il cerchio della vita nell’ombelico, che ci mostra anche in locandina. L’ombelico è l’elemento che connette madre e figlia, tutto ci riconduce lì.

Ricorda molto il discorso tenuto dall’avvocata che difende Laurence Coly nel film Saint Omer, la quale per umanizzare la sua assistita, omicida della figlia, si rifà alla scienza. Raccontando alla giuria e alla corte che le cellulare e il dna di ogni madre, durante la gravidanza, migrano verso il feto e viceversa, perciò una madre e il suo bambino sono intrecciati inistrecabilmente da quelle che la biologia chiama cellule chimeriche.
Ritrovare la connessione con ciò che ci ha generato è il fine ultima della nostra esistenza.
Un prodotto davvero meritevole!
Mamma, di Lucrecia Cisneros Rincón, tratta sempre il tema madre-figlia, ponendo l’accento sulle divergenze che intercorrono in questo rapporto.
La regista mostra come i contrasti possano inasprirsi e inaridire un legame, ma alla fine contano i sentimenti.
Cosa rimane di un litigio protratto per lungo tempo? Nulla, forse solo il rimorso di non aver fatto pace, prima che fosse troppo tardi.
Pigneto film festival 2023: il cerchio della vita