The Bear: una serie frenetica da guardare in un weekend

The Bear: una serie frenetica da guardare in un weekend
The Bear è una serie tv statunitense molto originale che si può vedere in un fine settimana.
Ideata da Christopher Storer, è incentrata su Carmy (Jeremy Allen White), un giovane chef che lavora nel mondo dell’alta ristorazione, ma si ritrova costretto a tornare a casa per gestire la paninoteca italiana di famiglia.
Tutto accade a causa di uno terribile lutto in famiglia, il suicidio del fratello maggiore, il quale si è lasciato dietro debiti, una cucina in rovina e uno staff indocile.
Il protagonista deve affrontare la dura realtà della gestione di una piccola impresa, oltre ai suoi tesi rapporti familiari, in una situazione già difficile.
L’orso che si trova dentro ognuno di noi
Mentre tenta con passione e vigore di trasformare sia il locale sia se stesso, Carmy lavora al fianco di una squadra di cucina sopra le righe che finisce per diventare la famiglia che ha scelto.

La cucina, infatti, è la proiezione della salute mentale di tutti i personaggi e si trasforma da ambiente tossico, in cui è impossibile svolgere un buon lavoro, a ritratto di una eccezionale famiglia allargata.
Una commedia culinaria che ha l’audacia di comunicare e sensibilizzare verso le malattie mentali.
The Bear parla di traumi, dell’elaborazione di un lutto, di cambiamenti, di alienazione e del sentirsi in trappola, del ritrovarsi in una situazione dove ci si sente confortati da un’impassibilità logorante.
La serie inizia proprio con una scena onirica in cui Carmy libera un orso da una gabbia in mezzo a una strada deserta. Un simbolismo che si comprende attraverso la visione degli episodi: Bear è il soprannome di Carmy che si sente imprigionato in una vita che lo rende insonne e lo spinge a dedicarsi anima e corpo al locale, come se sistemando il ristorante riuscisse a sistemare la sua famiglia, a superare il lutto.
D’altronde quest’orso è la parte più profonda e atavica che si trova dentro ognuno di noi e che ci tiene spesso immobili di fronte alla vita, limitandoci nelle scelte.
La cucina del ristorante è il luogo adatto per raccontare le stratificazioni esistenziali dei personaggi che la popolano. A partire da Richie, il manager della paninoteca e nonché vecchio amico del protagonista, che combina molti guai ma è sempre al fianco dei suoi colleghi. Proseguendo con Sydney, una chef giovane e talentuosa ma ancora inesperta, con Marcus, un panettiere che diventa pasticcere perché spronato dalla guida di Carmy e Tina, una navigata cuoca di linea molto testarda.

Concentrato di frenesia
Otto episodi da mezz’ora ciascuno che raccontano davvero la dimensione culinaria, negli ultimi anni molto idealizzata, ma in realtà fatta di sacrifici e turni estenuanti.
La tragedia si alterna continuamente alla drammaticità e allo humor, sbattendo (letteralmente) lo spettatore all’interno di una cucina rumorosa, caotica e in perenne agitazione.
La regia è frenetica e si contraddistingue per i suoi primissimi piani sui volti dei personaggi intervallati da inquadrature che si chiudono sui dettagli delle loro mani mentre cucinano, sui piatti preparati e sulla confusione che regna nella cucina, soprattutto sullo sporco che rimane a fine servizio.
Il tono convulso e delirante della serie potrebbe non essere apprezzato da tutti, ma per il resto The Bear ha solo aspetti positivi:
- la bravura degli attori;
- Jeremy Allen White riesce a dare grande umanità al protagonista;
- i personaggi variopinti e coloriti;
- utilizzare la cucina per parlare di comunicazione e gestione dell’ansia costante in cui viviamo oggi;
- i colori del cibo e la musica di Chicago conferiscono la giusta intensità alla serie.
Insomma, un gran fracasso che irrompe nel silenzio e nella monotonia dei prodotti seriali per farci riflettere e per mostrarci qualcosa di estremamente comune. Un ragazzo complicato che tenta di equilibrare le sue aspirazioni con il lutto e che riesce a trovare un punto d’incontro con molta difficoltà.

The Bear: una serie frenetica da guardare in un weekend