La proiezione costante del sé: la cifra stilistica di Charlie Kaufman

La proiezione costante del sé: la cifra stilistica di Charlie Kaufman
La funzione della voce solitamente è quella di parlare ed essere compresi dal proprio interlocutore.
Nella filmografia di Charlie Kaufman l’oro-medialità, ossia l’oralità nel medium cinematografico, viene rimodulata e inscritta in un nuovo ambito comunicativo.
Kaufman decostruisce corpo e voce con un procedimento filosofico, presentandoci dei corpi fuori dal tempo, dei cosiddetti corpi-evento.
I suoi lungometraggi sono dei testi che conciliano spiegazione e interpretazione, che assumono il valore narrativo della voce e la connotano di un ruolo fondamentale per comprendere le storie.
Prendermo in considerazione i suoi tre film più incisivi: Synecdoche New York, Anomalisa e Sto pensando di finirla qui.

L’onirico e il reale si confondono continuamente, lo spettatore non capisce mai se la voce narrante appartiene al personaggio oppure alla sua sfera immaginativa.
I protagonisti sono dilaniati da questioni filosofiche esistenzialiste che influenzano, in maniera profonda, le storie e i dialoghi. Si tratta maggiormente di monologhi in grado di stimolare l’intelletto e le emozioni, perché rappresenta l’individuo nel suo essere non solo fisico e psicologico ma anche sociale.
Voce e corpo collaborano insieme a negare la realtà, sgretolando ogni certezza e dando vita ad un nuovo modello diegetico. Le voci, interne ed esterne, si sovrappongono e producono livelli sfalsati di interpretazione oltre che di narrazione.
La percezione alterata del sé
In Synecdoche New York, il protagonista è Caden Cotard, un uomo che dopo essere stato abbandonato dalla moglie e dalla figlia, decide di mettere in scena uno spettacolo teatrale assoluto con l’obiettivo di creare un universo parallelo in cui rappresentare le vite dei personaggi-attori e anche le ambientazioni in cui sono accaduti gli eventi narrati.
In questa pellicola Kaufman descrive l’impossibilità di incasellare la velocità del pensiero umano in una forma di misurazione, rendendo il protagonista testimone della relatività del tempo. L’intero racconto altro non è che una proiezione di Caden, il quale immagina i corpi e le voci, mentre riflette sulla propria vita.
“Quel futuro eccitante e misterioso che una volta si apriva davanti a te ora è alle tue spalle…vissuto, compreso, deludente. Ti rendi conto che non sei speciale. Con fatica hai vissuto la tua vita e ora scivoli via da lei in silenzio. È l’esperienza di tutti. Di ogni individuo. Le specificità quasi non contano. Ognuno è tutti.”

La voce interiore
Anomalisa è, invece, la storia di Michael Stone, scrittore di best seller, affetto dalla sindrome di Fregoli per cui si sente perseguitato da una stessa persona che assume vari travestimenti per dissimulare le sue fattezze reali.
L’unica eccezione per Michael è Lisa, una donna che ha la voce e il volto diversi rispetto a tutti gli altri. Lisa è probabilmente frutto dell’immaginazione di Micheal, un’esternalizzazione totalizzante di un’esperienza interna ormai divenuta personale visione della realtà in cui tutto si appiattisce.
Con Sto pensando di finirla qui, infine, Kaufman intreccia due vicende: il viaggio che Jake e la fidanzata Lucy intraprendono per andare a trovare i genitori di lui nella casa dove è cresciuto e alcuni stralci di vita di un bidello. Per poi scoprire che una storia è la proiezione dell’altra.
Nel tragitto Lucy pensa spesso che dovrebbe finirla lì, lasciando intuire che l’oggetto dell’affermazione sia la relazione con Jake, ma nel corso della visione si stravolge l’ordine e si comprende che il pensiero di “finirla” (farla finita) è relativo alla scelta di terminare la vita che appartiene a un altro personaggio, autore immaginativo di tutta la storia.

“Alle persone piace pensare di essere come punti che si muovono attraverso il tempo. Ma io credo che probabilmente sia il contrario. Noi siamo fermi e il tempo passa attraverso di noi soffiando come il vento freddo, rubandoci il nostro calore, lasciandoci screpolati e congelati” dice Lucy nel film.
Forse si racchiude proprio qui il senso dell’opera di Kaufman, il pensiero che sia il tempo ad avere una propria esistenza e a fluire costantemente, utilizzando noi individui come mezzo con cui manifestarsi.
La sdoppiamento individuale
Questo percorso narrativo genera uno sdoppiamento dell’individuo, capace di essere fisicamente in un posto e mentalmente in un altro.
Una dissociazione privata che diviene al contempo compresenza tra percezione esterna della realtà e i meccanismi interni di comprensione.
I personaggi si annullano nella decostruzione tra il corpo e la voce, rendendosi invisibili e lasciando la voce libera di incarnarsi nelle persone, negli oggetti, ecc.
Per Kaufman, la potenza della voce è così influente da consentire all’essere umano di costruirsi come identità narrativa ed essere presente nel presente.
*Riferimenti: "Voci da non ascoltare. La parola monologica nell'opera di Charlie Kaufman" di Chiara Scarlato (saggio contenuto nel numero 47 del Quadrimestrale di Cinema e visoni edito da Fata Morgana)
La proiezione costante del sé: la cifra stilistica di Charlie Kaufman