Dogman. Tensione emotiva e crudo realismo nella fiaba noir di Garrone

Il film di cui vi parliamo oggi è Dogman, diretto nel 2018 da Matteo Garrone e con Marcello Fonte. Realismo crudo e a volte anche cruento caratterizza la pellicola del regista di Gomorra. Da molti considerato una fiaba noir, Dogman è un cupo affresco dell’esistenza umana, il manifesto dell’impotenza del più debole e della sua solitudine, che porta spesso al compimento di gesti disperati, frutto della lacerazione dell’animo umano.
Distribuito da Rai Cinema e presente sulla piattaforma streaming Netflix, il film di Garrone racconta la storia di Marcello, un uomo semplice e “bonaccione”, che si trova a vivere in un quartiere gestito da una malavita che porta il nome di Simone. La narrazione prende spunto dalla realtà. La pellicola si ispira infatti al delitto del Canaro, l’omicidio del criminale e pugile Giancarlo Ricci (Roma, 1988), avvenuto per mano di Pietro De Negri.
Dogman. La vicenda narrata
Marcello possiede un locale di tolettatura per cani nella periferia di Roma. Insieme agli altri negozianti del quartiere deve subire senza poter batter ciglio le continue vessazioni di Simone, un ragazzo violento e tossicodipendente. Il protagonista si ritrova complice e vittima di piccoli e grandi crimini, privo degli strumenti necessari per reagire.
La società non offre sostegno a Marcello, che è oppresso dalle sopraffazioni di Simone e finisce anche in carcere per la sua omertà. Tornato libero, la vita non prende una piega migliore. A causa della complicità con il criminale, i vecchi amici del quartiere lo additano come traditore e lo emarginano. Marcello perde la ragione, lacerato dalla sofferenza per le ingiustizie subite.
Dogman si conclude con il raggiungimento dell’apice del dissidio interiore del protagonista che, disperato, diventa al tempo stesso vittima e carnefice, nemico e amico degli altri e soprattutto di se stesso. Lasciato solo e abbandonato, la figlia Alida è l’unica ancora di salvezza che gli rimane, l’anello che non tiene nella fitta rete del male.
Dogman. Le tematiche e il personaggio di Marcello
La pellicola di Garrone è uno spaccato sociale, specchio della realtà. Lo spettatore non riesce a distogliere gli occhi dallo schermo, coinvolto a pieno dalla vicenda e preoccupato per la sorte di Marcello.
Prima simpatizza per lui, dopo prova quasi pena di fronte alla sua mancanza di coraggio, per poi comprenderlo e apprezzare i suoi gesti di ribellione. Alla fine, però è sgomento, non sa cosa pensare e, seppur in piena empatia con l’uomo, non può stare totalmente al suo fianco e quasi lo compatisce, ma ha paura per lui e vive attimi di totale ansia.
Tensione emotiva è il sintagma che rappresenta al meglio il film. Nel finale, lo spettatore infatti è totalmente rapito dalle vicende e si immedesima nelle emozioni di Marcello, turbato per l’epilogo della storia e pervaso da un senso di inquietudine. Il vinto vuole essere vincitore, ma si fa schiacciare dalla logica machiavelliana del fine che giustifica i mezzi e finisce per perdere il senno della ragione e se stesso.
Violenza fisica e psicologica si fondono. “Come ti senti? Ti senti chiuso!”, queste le parole che Marcello urla a Simone, in un rovescio della medaglia. Questo il nucleo principale della narrazione. Il più debole non è solamente abbandonato, ma è anche chiuso, bloccato nella gabbia che gli è stata costruita intorno dalla negligenza della società.