Netflix. Quando la stand-up comedy è senza confini

Essere progressisti ai tempi della stand-up comedy su Netflix
Netflix è ormai da molto tempo una delle frontiere dello streaming e dell’intrattenimento online. Nata nel 1997 come piattaforma per il noleggio di dvd e videogiochi, nel 2008 si converte in quello che oggi è uno dei leader mondiali dello streaming on demand, con milioni di abbonati in tutto il mondo e produzioni originali acclamate dalla critica.
Fra gli ingredienti per una ricetta di successo, l’intuizione di fondo dei suoi ideatori Reed Hastings e Marc Randolph è stata quella di intercettare il cambiamento che avrebbe investito il mondo cinematografico e televisivo con la diffusione di internet e il crescente utilizzo di piattaforme di distribuzione online. Ma a rendere ancora più solida una società che ha saputo cavalcare l’onda, e che a distanza di anni la distingue ancora nettamente dalle altre piattaforme congeneri, è la politica inclusiva e progressista adottata, che da sempre si spende su tematiche eterogenee e dedica un focus particolare alle realtà di nicchia, le sub-culture e le minoranze etnico-culturali.
Questa tendenza all’inclusione e al multiculturalismo si riversa nell’offerta complessiva di Netflix e caratterizza sensibilmente molti dei suoi format, tra cui la stand-up comedy proposta, che attraverso artisti dai background differenti offre al pubblico una comicità ricca e variegata, scardinando l’idea che la stand-up comedy sia da circoscrivere al solo modello americano e permettendo al pubblico di accedere ad una narrazione della realtà più ampia e diversificata.
Da Michael Che a Ronny Chieng: risate ad ogni latutudine
Artisti del calibro di Ali Wong e Aziz Ansari, Micheal Che, Hasan Minhaj, Trevor Noah e Ronny Chieng incarnano bene questo principio di multietnicità e inclusione promosso dalla piattaforma americana (e non dimentichiamo gli italiani!). Nel suo catalogo, Netflix offre infatti una vasta gamma di personalità e stili comici che fra luoghi comuni, ricordi di infanzia ed episodi di discriminazione, integrazione e riscossa costruiscono una raccolta organica di testimonianze e riflessioni e mostrano l’omogenea diversità che permea tutte le culture, e che in questo senso le rende simili.
Dall’estremizzazione al ribaltamento degli stereotipi nelle performance di Ronny Chieng e Michael Che, alla satira sociale e divulgativa del pluripremiato Patriot Act with Hasan Minhaj fino agli sketch in lingua xhosa di Trevor Noah. Nella sua stand-up comedy Netflix propone un’eterogeneità di storie e contenuti che non si limitano ad essere d’intrattenimento ma rappresentano un vero e proprio strumento d’approfondimento e informazione.
Quest’impronta progressista e attenta ad un’espressione libera ed aperta a tutte le categorie, è ciò che ha realmente permesso a Netflix di affermarsi sugli schermi di tutte le dimensioni, raccogliendo un bacino di utenza vario ed esteso e diventando uno dei punti di riferimento dello streaming on demand mondiale. Certo, alcune delle posizioni assunte dal colosso americano hanno spesso generato critiche, interne al dibattito pubblico come fra gli esponenti della categoria (basti pensare alle recenti polemiche su La prima tentazione di Cristo o ai vari dibattiti di natura politica che lo hanno visto coinvolto).
Ciononostante, Netflix ha continuato ad offrire al suo pubblico una scelta ricca, varia, plurale e sempre aggiornata, nella sua stand-up comedy come in molti altri format. Una strategia vincente, «qualcosa da avanguardia» come suggerisce Edward Norton rispondendo alle critiche di Steven Spielberg, «che rappresenta un periodo senza precedenti di opportunità per molti tipi di storie e di voci da far sentire, raccontare e celebrare».
Articolo a cura di Sara Ciancarelli