BABYTEETH, il teen movie che sconvolge i canoni a Venezia 76

La malattia, l’adolescenza, il primo amore, Babyteeth, opera prima della regista australiana Shannon Murphy, in Concorso a Venezia 76, scavalca i temi del classico teen movie sentimentale e malinconico, per sconvolgere, con ironia e irriverenza, le emozioni. Una brillante e commuovente scommessa della 76. Mostra Internazionale dell’Arte Cinematografica di Venezia.
TRAMA, BABYTEETH
Milla Finlay (Eliza Scanlen) è un’adolescente australiana gravemente malata che per caso si imbatte in Moses (Toby Wallace), giovane tossicodipendente allontanato dalla sua famiglia a causa della sua pericolosa dipendenza. Presto Milla si innamora di lui e della sua capacità di vivere alla giornata al punto da volerlo portare a casa e presentarlo ai suoi genitori, il padre psichiatra (Ben Mendelsohn) e la madre (Essie Davis), una donna emotivamente poco stabile, ma amorevolmente dedita alla tutela della salute della figlia. Per i genitori di Milla si avvera il peggior incubo, ma poiché il primo incontro di Milla con l’amore fa nascere in lei una nuova gioia di vivere, la coppia cede rispetto alle proprie convinzioni, pur di vedere la figlia felice, e si lascia andare ad una situazione paradossale. Milla mostra a tutti coloro che gravitano nella sua orbita – i suoi genitori, Moses, il sensibile insegnante di musica che la segue, un piccolo violinista in erba e una vicina incinta dotata di una franchezza disarmante – come vivere quando non si ha niente da perdere. In questo caos grottesco tutti sembrano cominciare a trovare un inaspettato equilibrio in cui la stranezza dei personaggi sembra diventare la vera forza delle relazioni e la giusta spinta ad apprezzare la vita.
BABYTEETH, IL FILM
Non è il primo film che tratta il tema della malattia e della morte in relazione al desiderio di continuare ad avere una vita normale e finanche più ricca possibile di esperienze. Babyteeth sulla carta sembrerebbe voler proporre una trama scontata, già vista in diverse occasioni e a volte anche proposta in modo furbo per via della facile opportunità che offre di suscitare una commozione a buon mercato, soprattutto quando i protagonisti sono adolescenti. Dunque cosa ci fa un teen movie già visto, che racconta di una ragazza malata e di un ragazzo tossicodipendente, nella selezione ufficiale di un concorso cinematografico prestigioso come quello di Venezia?
Domanda lecita che certamente accompagna la visione di parte della prima metà del film stesso. Salvo poi scorgere, in modo via via sempre più marcato, tracce di un linguaggio cinematografico e di un contenuto che va oltre la banalità del tema. La straordinarietà di Bayteeth sta in effetti proprio in questo. Il film, la sua regia e sceneggiatura, non si fermano alla prevedibile semplicità di una storia che fa leva su un pathos dalla presa sicura. Il tema della malattia che affligge la giovane protagonista è trattato senza pietismo e, a dire il vero, è trattato assai poco, salvo una rapida scena in ospedale e qualche sporadico episodio di malessere, fisico e morale.
Milla Finlay è malata, ma le persone che stanno a stretto contatto con lei, suo padre, sua madre, Moses e finanche la vicina di casa e il suo insegnante dio musica, tutti, in misura diversa, si portano dentro un disagio, disfunzioni e complicate tensioni che li caratterizzano. In questo senso, colei che sta peggio, per contrappasso, con il suo straordinario desiderio di esistere, trascina tutti in un mondo in cui, nonostante tutto, vale la pena di vivere e andare oltre i confini di un prevedibile comportamento. Ne è un esempio il suo modo di indossare le parrucche per coprire la caduta dei capelli, ogni volta diverse a seconda delle situazioni e degli stati d’animo. Un dettaglio, quest’ultimo, che rivela un segreto di tutto il film: non importa che tipo di persona sei e quanto disagio ti porti dentro, ciò che conta è la tua capacità di trasformare ogni situazione in una relazione affascinante e in un’occasione per assaporare la vita.
“Una cosa straordinaria dell’Australia è che una persona può avere dei problemi terribili ma può comunque vivere bene ed essere accettato” ha detto l’attore Ben Mendelsohn in conferenza stampa a Venezia.
Bebyteeth ha la capacità di riuscire a trascinare lo spettatore in un mondo forse un po’ meno reale, a tratti persino grottesco e un po’ paradossale, ma, nonostante le contrarietà piccole e grandi, essenzialmente positivo, gioioso e umanamente possibile. La storia così si sposta dal banale cliché della malattia e del primo amore adolescenziale alle tinte colorate di una fiaba, allegra e drammatica al tempo stesso, ma dai forti contenuti. In Babyteeth ogni personaggio ha il suo spazio, ha il suo ambito di approfondimento e il suo senso specifico all’interno di uno strano, ma straordinario, microcosmo.
Le musiche, brani contemporanei misti a musica classica, coinvolgenti e aderenti, trascinano nel mondo di Milla attraverso una originale commistione tra intradiegetico e extradiegetico.
“Sono stata ispirata dalla sfida di armonizzare questa dualità di umorismo e dolore in ogni fotogramma del film” ha detto la regista Shannon Murphy.