Berlinale 2019, cosa c’è in programma

Comincia oggi la 69. edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino che terminerà il 17 febbraio con la proclamazione dell’Orso d’Oro e degli Orsi d’Argento per i film più raffinati di quella parte di cinema che ama sperimentare a volte anche fuori di canoni più consueti. Tanti i film attesi nel fittissimo programma delle diverse sezioni del festival, in cui non manca una nutrita rappresentazione femminile e un discreto contributo italiano.
È l’ultima edizione per il direttore artistico Dieter Kosslick, che per 16 anni ha condotto la Berlinale portando alla ribalta registi non sempre noti al grande circuito cinematografico mondiale, ma fortemente innovativi. A lui seguirà il critico italiano Carlo Chatrian, che dal 2012 ha diretto in maniera sempre più brillante il Locarno Festival. Un anno di transizione dunque questo che però non nega ottime aspettative.
IL FILM D’APERTURA
Ad aprire oggi il Festival Internazionale del Cinema di Berlino c’è un film atteso che manifesta tutta la dichiarata volontà di concedere più spazio possibile alla rappresentazione femminile nel cinema contemporaneo. The Kindness of Strangers, che darà il via al festival, è diretto e scritto da Lone Scherfig. La regista, che nel 2000 divenne nota e vinse l’Orso d’Argento grazie alla commedia Italiano per principianti, basata sul manifesto Dogma 95, ha diretto, tra gli altri suoi titoli, anche An Education nel 2009, sceneggiatura tratta da un romanzo dello scrittore Nick Hornby, film che vinse il Premio del Pubblico al Sundance Film Festival. The Kindness of Strangers, con Zoe Kazan (La ballata Buster Scruggs, 2018), Andrea Riseborough e Tahar Rahim, è la storia di Clara, giovane madre in fuga con i suoi due bambini in cerca di una nuova vita in una New York ricca di sorprese.
IL MEGLIO DEL CONCORSO (E FUORI CONCORSO)
Il programma dei film in Concorso riserva diversi titoli degni di attenzione, come By the grace of God scritto e diretto dal regista francese François Ozon (8 donne e un mistero, 2002, e Potiche – La bella statuina, 2010) e interpretato da Melvil Poupaud (Tutti gli uomini di Victoria, 2016). Racconto della travagliata esperienza di un uomo che da giovane subì le molestie di un sacerdote, ispirato alla storia vera di Padre Bernard Preynat, che nel 2016 fu accusato di aver aggredito sessualmente circa 70 ragazzi a Lione.
Il regista norvegese Hans Petter Moland torna alla Berlinale con un film, Out Stealing Horses, sospeso tra ricordi personali ed eventi storici, interpretato dal suo amico svedese Stellan Skarsgård. Suscita grande interesse anche il film di Fatih Akin (Orso d’Oro per La sposa turca nel 2004 e Leone d’Argento nel 2009 per Soul Kitchen), The Golden Glove, ispirato alla storia vera del serial killer Fritz Honka e basato sul romanzo poliziesco di Heinz Strunk del 2016, ritratto di un criminale violento e socialmente depravato, guidato dalla misoginia e dall’avidità sessuale.
Diane Kruger e Martin Freeman sono i protagonisti del film Fuori Concorso dell’israeliano Yuval Adler (Bethlehem, 2013), The operative, storia di una agente del Mossad che opera sotto copertura inviata Tehran; un thriller di spinaggio che si interroga sulla questione dell’identità personale, basato sul romanzo di Yiftach Reicher Atir, lui stesso ex dipendente del servizio segreto israeliano. Fuori Concorso anche il film di André Téchiné, che 1985 vinse il premio per la migliore regia al Festival di Cannes per Rendez-vous, sceneggiato insieme a Olivier Assayas. Il film, Farewell to the Night, che vede protagonista Catherine Deneuve, presenza ormai abituale alla Berlinale, ha un inizio intimo e racconta la storia personale di una famiglia, ma assume poi dimensioni sorprendentemente universali.
Imperdibile è anche il film di un’altra regista donna, Agnieszka Holland (Poeti all’inferno, 1995), Mr. Jones, con James Norton, Vanessa Kirby e Peter Sarsgaard, ispirato alla leggendaria figura del giornalista Gareth Jones (1905-1935) che, nonostante l’ostilità dei servizi segreti sovietici, volle documentare la terribile carestia che colpì l’Ucraina negli anni ’30; l’incontro di Jones con il giovane George Orwell sembra abbia stimolato anche il noto romanzo Animal Farm, 1945.
Misterioso e surreale il film del canadese Denis Côté (Boris Without Béatrice, 2016), Ghost Town Anthology. Tutto ambientato in un remoto villaggio dell’Anatolia è invece il film del regista turco Emin Alper, A Tale of Three Sisters. L’attrice, sceneggiatrice e regista Angela Schanelec (I ponti di Sarajevo, 2014) presenta I Was at Home, But, storia del rapporto tra un ragazzo di 13 anni e sua madre sullo sfondo di una serie di trame sciolte che si richiamano a vicenda.
Molto personale con una vena tragicomica è il film di un altro regista israeliano, Nadav Lapid, basato sulla propria esperienza; in Synonyms Lapid affronta il tema della sfida di riuscire mettere radici in un paese straniero. Quella del regista cinese Wang Xiaoshuai (In Love We Trust, 2007) è invece una saga familiare che attraversa tre decenni di storia cinese, in cui il privato e il politico si fondono; in parte melodramma, in parte critica dei tempi, So Long, My Son riporta agli eventi che sconvolsero la Cina negli anni ’80. Cinese e ambientato all’epoca della Rivoluzione Culturale è pure il film One second del noto regista Zhang Yimou (Hero, 2002, La foresta dei pugnali volanti, 2004), che celebra il cinema come un’esperienza comunitaria in grado di trascendere il film stesso.
È un biopic l’esordio alla regia dell’attore Wagner Moura (Narcos, serie Tv 2015), Marighella, Fuori Concorso, narra gli ultimi cinque anni di vita dello scrittore brasiliano Carlos Marighella che resisté alla dittatura militare, interpretato da Seu Jorge (Pelè, 2016).
GLI ORSI ROSA
Nutritissima e molto favorita ormai da anni è la presenza delle registe donne anche in questa edizione del Festival di Berlino, che continua così a mantenere il suo primato delle quote rosa tra tutti i principali festival internazionali del cinema.
Oltre alle già citate Lone Scherfig, Agnieszka Holland e Angela Schanelec, la Berlinale riserva quest’anno parecchi preziosi nomi femminili alla direzione di molti dei film selezionati.
Agnès Varda, fotografa professionista, artista installatrice e pioniera della Nouvelle Vague, istituzione del cinema francese, usa foto e estratti di film per dare un’idea della sua opera non convenzionale nel documentario Fuori Concorso Varda by Agnès. Quello della regista spagnola Isabel Coixet (La vita segreta delle parole, 2005, Lezioni d’amore, 2008) è invece un inno alla passione, alla dignità e alla resistenza. In Concorso, Elisa & Marcela è un film, in bianco e nero, basato sulla vera storia di Elisa Sánchez Loriga e Marcela Gracia Ibeas, che nella cattolica Spagna del 1901 riuscirono ad unirsi in matrimonio.
A conferma della forte tendenza del festival a voler favorire la presenza delle donne non sta solo il fatto che il film d’apertura sia firmato da una regista ma anche il già annunciato Orso d’Oro alla Carriera che in questa edizione sarà conferito alla straordinaria Charlotte Rampling, a cui la Berlinale dedicherà un ampio spazio nel film in retrospettiva.
Infine, ma non per minor importanza, anche la scelta della presidenza della giuria dei film in Concorso in questa edizione è caduta su una donna, l’attrice francese Juliette Binoche, di cui sarà anche presentato un film nella sezione Berlianle Special Gala, Who You Think I Am di Safi Nebbou.
GLI ITALIANI
A rappresentare ufficialmente il cinema italiano alla Berlinale concorrerà un film scritto e diretto da Claudio Giovannesi, La Paranza dei Bambini, interpretato da attori non professionisti locali e tratto da un romanzo di Roberto Saviano che ne firma anche la sceneggiatura. Sei ragazzi del quartiere Sanità a Napoli, alla disperata ricerca di facili guadagni per emulare i loro modelli, cominciano a trattare droga e non esitano ad usare le armi per prendere il controllo del quartiere. Un ritratto scioccante di una generazione di adolescenti in stato di guerra permanente in un mondo senza futuro, dove il denaro, il potere e la sopravvivenza sono tutto ciò che conta.
Altri quattro italiani sono presenti nella sezione Panorama. Sempre ambientato a Napoli è Selfie di Agostino Ferrente (L’Orchestra di Piazza Vittorio, 2006), documentario basato sul caso del 16enne Davide Bifolco, ucciso a colpi d’arma da fuoco da un carabiniere nel distretto napoletano di Traiano. Il regista Agostino Ferrente cerca gli amici di Davide e con loro elabora un coerente progetto di documentario-fiction collaborativo munendoli di un cellulare e un microfono. I ragazzi documentano la loro vita di tutti i giorni come un selfie-film. Il risultato rappresenta in modo impressionante lo spaccato perfetto di un’epoca in cui l’autodrammatizzazione diventa spesso prodotto, in cui non mancano però rabbia, dolore e sentimenti di tenera amicizia. Flesh Out (Il Corpo della Sposa) di Michela Occhipinti, girato in arabo mauritano e basato su eventi reali, racconta la storia della giovane Verida che, in vista del suo imminente matrimonio combinato, deve guadagnare peso per piacere al suo futuro marito. Nel film di Federico Bondi (Mar Nero, 2008), Dafne, confluiscono insieme il tema dell’elaborazione del lutto, quello della sindrome di Down e il rapporto padre figlia, in una delicata esperienza sull’importanza dei legami affettivi. Con Normal la documentarista Adele Tulli esamina ruoli di genere rigidamente definiti e la sottomissione acritica ai dettami della (etero) normatività.