PROFILE | L’ISIS, i social, la realtà e l’apparenza

Il regista russo Timur Bekmambetov (Ben-Hur, 2016) sperimenta al livello cinematografico la forma di comunicazione più usata al livello mondiale nell’ultimo decennio e porta sul grande schermo una storia interamente sviluppata attraverso i mezzi di comunicazione online, Profile, con Valene Kane (Rogue One: A Star Wars Story, 2016) e Shazad Latif (L’uomo che vide l’infinito, 2014). Il film è stato presentato nella sezione Panorama della 68. Edizione del Festiva Internazionale Cinema di Berlino.
Lo schermo del pc si espande a dismisura e diventa il luogo in cui si rappresenta un thriller impressionante. La storia è tratta dal romanzo autobiografico della giornalista francese Anna Erelle, Nella testa di un Jihadista, che narra l’esperienza scioccante da lei vissuta in prima persona nel corso di un’indagine sul reclutamento di giovani donne da parte dell’ISIS.
In Profile Amy Whittaker (Valene Kane) è una giornalista freelance di Londra. Mentre indaga le tecniche di reclutamento utilizzate dall’ISIS online per attirare giovani donne europee in Siria come spose Jihadiste, Anna decide di creare un falso profilo su Facebook fingendosi una giovane neoconvertita all’Islam radicale. In pochissimo tempo un reclutatore dell’ISIS professionista, Bilel (Shazad Latif), dalla Siria contatta il suo personaggio online e Amy coglie l’opportunità per conoscere il processo di prima mano. Ad ogni messaggio su Facebook e chiamata via Skype però Amy si mette sempre più in grave pericolo. Rapidamente il confine tra realtà e online si dissolve rischiosamente.
Un piccolo schermo riportato sul grande schermo e Bekmambetov dimostra che è possibile raccontare una storia, con tanto di tensione e passione, solo inquadrando le impressionanti potenzialità di comunicazione offerte da un pc. Skype e Facebook riescono allora a mettere in contatto mondi distanti e diversissimi, nascondono ciò che non deve essere rivelato e mostrano una realtà manipolata a cui si fa fatica a non credere.
Amy e Bilel hanno entrambi un grosso segreto da nascondere, ma intraprendono una coinvolgente quanto credibile relazione online. Mentre i messaggi sullo schermo si moltiplicano rapidi e il segnale della chiamata via Skype diventa un suono via via atteso e temuto, la questione che tiene in sospeso lo spettatore per buona parte del film riguarda chi dei due e fino a che punto i due mentono.
La narrazione di Profile corre così sul doppio filo della sconcertante indagine giornalistica da un lato e della storia personale, struggente e incauta, vissuta attraverso i social network dall’altro. Un gioco temerario che si spinge oltre la capacità di controllo della protagonista e che dimostra non solo l’abilità persuasiva e il fascino che certe derive culturali hanno, ma anche la potenziale imprevedibile dannosità di questi potenti strumenti di comunicazione quando sfuggono di mano a chi li gestisce.
Al livello cinematografico Bekmambetov realizza un thriller intrigante e non privo di contenuti sociali pregnanti. Più che nella testa dei suoi protagonisti, Profile riesce a far entrare lo spettatore nei meccanismi emozionali di comunicazione dei social, confondendo, in modo assolutamente coinvolgente e credibile, la percezione ordinaria che consente di distinguere la realtà dall’apparenza.