THE GUILTY | Capolavoro al Torino Film Festival

Può la sola capacità di immaginazione di uno spettatore superare le più audaci sequenze di un thriller? The Guilty opera prima del regista svedese Gustav Möller, presentato in concorso alla 36. edizione del Torino Film Festival sembra proprio dimostrare di sì. Un film che, con una semplicità disarmante, mette insieme livelli di sceneggiatura, regia, montaggio e recitazione che rasentano la perfezione.
17 premi vinti in diversi festival internazionali del cinema tra cui il Sundance, The Guilty è in grado di trascinare lo spettatore in uno dei più coinvolgenti ed emozionanti thriller della storia del cinema senza spostare la telecamera da un’unica, semplicissima postazione: il centralino delle emergenze di una stazione di polizia di Copenaghen. Solo alla fine degli 85 intensissimi minuti del film ci si rende conto che la scena è interamente agita da un unico personaggio nella straordinaria, profonda interpretazione di Jakob Cedergren.
Per pochi film può risultare tanto spiacevole raccontare parte della trama quanto per The Guilty. Ogni cenno alla storia non può non svilire la conturbante narrazione di questo film. È sufficiente sapere che il protagonista, Asger Holm (Jakob Cedergren), è un agente di polizia momentaneamente impegnato suo malgrado come operatore telefonico al centralino per le chiamate d’emergenza. Da quella postazione, un computer e un telefono, si spalancano scene e sequenze con un tempismo perfetto in grado di suscitare una ampia gamma di emozioni.
La rhèsis, il discorso del messaggero che nel teatro greco antico narrava fatti che non potevano essere rappresentati sulla scena, in The Guilty è tutta realizzata dalle voci dei personaggi fuori campo che interagiscono al telefono con il protagonista. I loro dialoghi, perfettamente equilibrati nei tempi e straordinariamente sublimati nelle emozioni, consentono allo spettatore di vedere rappresentato attraverso la propria immaginazione un intero film parallelo e contemporaneo al film proiettato davanti ai propri occhi. È questa una delle illusioni più spettacolari di cui il cinema sia capace, possibile solo quando ogni elemento che compone i complessi meccanismi della narrazione cinematografica è in perfetta e studiata armonia con il resto.
La maggior parte, la parte più significativa dei personaggi che compaiono sulla scena si trovano dall’altro lato, dall’altro capo del telefono, ma anche in un luogo altro rispetto al protagonista: lui, fisicamente e moralmente, imprigionato nel proprio dramma personale; loro fuori, liberi di muoversi, ma atterriti da una realtà inquietante, un mondo difficile da comprendere e terribile da accettare. Il gioco tra esterno e interno si sviluppa e cresce anche dentro il protagonista stesso. Lentamente Asger, pur restando fisicamente nello stesso luogo, riesce ad uscire da sé e persino dalla stazione stessa in cui si trova per vivere, per affrontare il dramma, proprio e degli altri personaggi, e intervenire sullo sviluppo degli eventi. Quello che sembrava un percorso della storia predestinato prende uno sviluppo inaspettato e svolte che non possono che manifestare la straordinaria e, per certi versi, meravigliosa complessità dell’animo umano.
In una confezione semplice e al tempo stesso geniale, Möller riesce a costruire un dramma che non lesina nemmeno colpi di scena e che sembra quasi dialogare in tempo reale con le percezioni stesse dello spettatore. Accanto alla indubbia qualità della sceneggiatura e della regia, va aggiunto un eccellente montaggio, frutto del lavoro della giovane montatrice danese Carla Luffe, in cui il tempo della storia e il tempo delle azioni diventano un formidabile strumento drammatico.
Semplicemente The Guilty è un’esperienza cinematografica imperdibile e unica. Presto disponibile nelle sale italiane distribuito da Movies Inspired.