L’Evola che mancava
“Della sua origine, dei suoi parenti, della sua patria non amava parlare: né mai permise che pittore o scultore ne facesse ritratto, quasi si vergognasse di avere un corpo” Porfirio scrisse così di Plotino, citando il filosofo di Tiro. Adriano Romualdi scrisse le stesse parole su Julius Evola molti anni dopo.
Andrea Scarabelli, nel suo Vita avventurosa di Julius Evola, edito da Bietti, accetta una sfida editoriale di rare dimensioni: scrivere un libro su uno dei personaggi più difficili, controversi e contestati del Novecento… il Barone Evola.
Evola, capace di farsi amare da una parte intellettuale della destra italiana e, allo stesso momento, di frammentarla in più correnti di pensiero.
Scarabelli non ha voluto scrivere né un libro sul pensiero evoliano né un saggio su una sua opera, di quelli i nostri scaffali ne sono pieni. Evola l’abbiamo letto in quasi tutte le varianti possibili e probabilmente continueremo a farlo. Scarabelli, attraverso un lavoro di ricerca maniacale, ci racconta un Evola attraverso la sua stessa vita e non solo attraverso il suo pensiero come spesso accade.
Vita avventurosa di Julius Evola, rende omaggio all’Evola umano ed è uno di quei libri che non può che rendere unanime il giudizio di una nicchia di studiosi spesso in disaccordo tra loro: è sicuramente un libro che mancava.
Una vita, quella di Evola, piena di punti interrogativi fin dalla nascita, probabilmente la madre lavorava in un ufficio postale, il padre era capo officina. Fritz Bauer, suo traduttore, nella versione tedesca di Imperialismo pagano scrisse: “Il barone Julius Evola è nato a Roma da una famiglia patrizia di origine nordico-normanna (Evola-Hevelar).”
Ovviamente non si ha traccia di questa discendenza, non c’è traccia del titolo di Barone ed Evola oltretutto non ha mai smentito questa voce.
Nelle settecento e passa pagine c’è ogni sfaccettatura di Evola, dall’influenza culturale di Otto Weininger, passando per una tessera di partito mai avuta, perché Evola non l’ha davvero mai avuta, fino alla rassegna stampa post mortem.
Osservato speciale dell’OVRA, Evola, tra un soggiorno a Capri, un incontro con Himmler e i vari soggiorni nell’Est Europa, ha sempre reso le giornate della polizia politica fascista decisamente piene.
Nell’opera troverete l’Evola antifascista, quello de “Lo Stato Democratico” e del famoso articolo Stato, potenza e libertà, un attacco frontale alla violenza fascista giustificato in grande stile: chi detiene la potenza non ha bisogno dell’aggressività, imponendosi per un crisma naturale.
Ricordiamoci inoltre la fede monarchica del Barone: secondo lui la rivoluzione doveva avere come vero protagonista Vittorio Emanuele III e non Benito Mussolini.
Mentre i sovietici bombardano la tanto amata Vienna, Evola decide di passeggiare e quella camminata costerà cara al filosofo: lesione al midollo spinale e paralisi permanente agli arti inferiori: l’inizio del crescente tempus tacendi evoliano.
Emerge l’Apolitia di Evola in quegli anni.
Riemerge, per l’ennesima volta, il problema della razza: in una lettera su Noi Europa rimprovera Almirante di un “poco simpatico cedimento” rinnegando il razzismo fascista. Tra i due il rapporto è stato conflittuale, vero, ma sarà lo stesso leader del Movimento Sociale ad apostrofare comunque il Barone come “il nostro Marcuse, ma più bravo”.
Le pagine di Scarabelli raccontano aneddoti del via vai di personaggi che vanno a trovare a casa il filosofo da Fellini a Rauti; la predilezione per Marlene Dietrich e l’insofferenza per Lascia o raddoppia (compreso il grottesco conduttore italo-americano).
Evola si spegnerà per scompenso cardiaco acuto davanti alla sua Olivetti, senza riuscire a battere i tasti per comporre la sua ultima riga.
Scarabelli ci racconta anche il post mortem e l’invasione di conoscenti e non nell’appartamento romano di Evola. A detta di Placido Procesi fu una cosa indecente, si portarono via anche le ciabatte.
Come la stessa introduzione del libro dice, Vita avventurosa di Julius Evola è un’opera che, dati i pettegolezzi presenti, Evola non avrebbe gradito ma allo stesso tempo potrebbe risultare uno dei libri più necessari per “umanizzare” Evola e capirne a pieno titolo il contesto storico, periodo per periodo.