L’élite politica: dagli sfondoni ad un’architettura seria
Lo scrittore, giornalista e pensatore Marcello Veneziani, nel suo ultimo contributo su La Verità, illustra i malanni dell’élite politica attuale, decisamente poco seria (il caso Boccia ne è la dimostrazione), interrogandosi su una possibile cura. Una questione spinosa, che però Veneziani espone chirurgicamente.
Punto primo, in politica, ormai, non si parla più di destra e sinistra, ma di alto e basso, élite e popolo. Ma cos’è effettivamente questo popolo e cosa diventa una volta arrivato al potere?
Il popolo è massa, moltitudine e sicuramente non pensa solo alla politica. Anzi, spesso il popolo non capisce proprio nulla di politica, ma vota: demos kratos, il popolo sceglie. Il problema è che è anche manipolabile, nonché incline all’errore.
Storicamente il popolo è sempre stato contrapposto all’élite. Tale atteggiamento è però riduzionistico, in quanto anche l’élite è variegata e, va sottolineato, non è sinonimo di casta o oligarchia. Un conto è la classe dirigente, un conto la classe dominante (o che desidera fortemente dominare).
Oggi, quella che vuole essere considerata l’élite politica competente e legittima, ha una miriade di problemi. Questi derivano dall’ossessione per il consenso popolare, che le “star politiche” cercano di ottenere come se dovessero guadagnare follower: promettendo, manipolando, fidelizzando, commerciando. Le vetrine digitali hanno peggiorato tutto ciò. In sociologia si parla ormai di disintermediazione, perché abbiamo i politici nel palmo della nostra mano e non ci rifacciamo più ai mediatori dell’informazione per eccellenza, i giornali.
Accecati da post e reel, inghiottiti dalle filter bubble, ci nutriamo di questo personalismo, per non dire divismo, che ci allontana sempre di più dalla ricerca della qualità, dell’intelletto, dall’efficacia in politica. Così, ai vertici, arrivano personaggi, più che figure politiche.
Come tentare di cambiare il quadro patologico attuale? Innanzitutto, abbassando la testa e studiando. Bisogna studiare come funziona la politica, così come tutte le forme del pensiero, per poter costruire il proprio. E bisogna studiare a fondo anche l’idea del nostro nemico in politica, per poterla criticare: “Ci vuole cultura per criticare la cultura dominante”, spiega Veneziani.
In secondo luogo, cercando di riportare in vita e far emergere, con un approccio bottom-up, quei corpi intermedi intelligenti e specializzati, spesso totalmente ignorati dalla politica. Quelle menti che, per quanto formate, quasi ripudiano la politica, perché ne vedono solo la versione tutta italiana, pregna di scandali, pantomime e imbarazzo. Se potessimo far capire loro che la vera politica è un’altra, forse riusciremmo a creare un nuovo sistema. Che si parli di aristocrazia necessaria, termine sicuramente audace e che può spaventare, o si impieghino altri termini, il punto è il seguente: occorre creare un corpus politico razionale e competente, che operi partendo dal popolo e per lo stesso, non alla maniera del populismo, non annegando ogni volta nel mare del trash.